Pare che sia stata Maria Stejskalova, la domestica che restò a servizio per ben quarantaquattro anni in casa Janácek a Brno, ad attirare l'attenzione del compositore sulle storie illustrate che nel 1920 apparivano quotidianamente sul giornale locale 'Lidove Noviny'. Vi si narrava la vicenda di una volpina catturata da un guardiacaccia, che riusciva poi a fuggire per tornare nei boschi a trovarsi un compagno e a mettere su famiglia. La versione originale era costituita da una serie di disegni di Stanislav Lolek - quasi un fumetto senza parole - che il giornale aveva voluto corredare di un testo incaricandone uno dei propri redattori, Rudolf Tesnóhlídek. Questi, bizzarra e tragica figura di poeta, narratore e cronista giudiziario (morirà suicida), elaborò un racconto comico e malizioso, non privo di venature erotiche e ricco di argute espressioni dialettali morave, che è diventato un piccolo classico: si ristampa di continuo ancor oggi e non solo nella sua patria di origine. Janácek incontrò Tesnóhlídek, si appassionò subitò al soggetto e volle arricchirne le suggestioni attraverso uno studio personale di abitudini, suoni e movenze degli animali. In effetti l'opera, che si colloca in quella feconda stagione conclusiva della creatività e del genio operistico di Janácek, seguita all'inizio della relazione sentimentale con Kamila Stosslova (1917), costituisce un unicum nella storia del teatro musicale.
Secondo la definizione di Franco Pulcini, La volpe astuta è una fiaba filosofica sulla vita e la morte, una rappresentazione panteistica nella quale umani e animali si muovono su due piani rispettivi e separati, che però si intersecano e si ribaltano vicendevolmente producendo illuminazioni, epifanie e incidenti fatali di struggente evidenza. Il libretto, che è stato definito 'economico' in quanto non contiene nulla di più rispetto al racconto, bensì qualcosa di meno, lascia spazio a una notevole proporzione di musica puramente strumentale, che costituisce un'autentica intelaiatura sinfonica. La gamma delle emozioni è vasta, e svaria dalla comicità all'erotismo a una dolorosa nostalgia, fino al sublime nel monologo finale del guardiacaccia, al quale è stata attribuita persino una 'elevatezza shakespeariana'. Janácek, oltre a sfoltire il racconto originale, vi ha apportato delle modifiche non secondarie, quali la morte stessa della volpe. Riguardo a questi interventi esiste un interessante carteggio con Max Brod, l'amico e biografo di Kafka, nonché traduttore tedesco di questo e di altri libretti di Janácek, nel quale il letterato tende peraltro a sovraccaricare il testo di interpretazioni e di significati persino tendenziosi. Si tratta comunque di un'opera comica nella quale la fine tragica della protagonista, la volpe, non esclude una sorte di lieto fine per il principale personaggio umano, l'anziano guardiacaccia, sullo sfondo di quelli che vanno indicati come protagonisti non marginali dell'opera: il tempo e la natura, «magico sistema di rinnovamento delle specie, grazie all'amore» (Pulcini). L'interazione fra il mondo animale e quello umano non intende delineare dei particolari parallelismi tra i personaggi, se non, forse, nel legame sottile e misterioso, sottolineato da Brod, fra la volpe e quello, soltanto evocato nell'opera, della zingara Terynka, amata da quasi tutti i personaggi umani.
Dal punto di vista della forma musicale, è stata ravvisata un'influenza di Debussy (del quale Janácek conosceva bene Pelléas) sull'orchestrazione. E Massimo Mila, recensendo nel 1957 la storica edizione dell'opera diretta da Walter Felsenstein alla Komische Oper di Berlino, vi coglieva il nostalgico melodismo slavo di Dvorák assieme al sinfonismo 'pagano' di Richard Strauss. Mila stesso definisce la musica de La volpe astuta «un ininterrotto mormorio della foresta», inafferrabile e inclassificabile, nutrita di ingredienti anche diversi da quelli del sinfonismo di Strauss, e provvista di temi di assoluta originalità. E anch'egli si sofferma sulla delicatezza impressionistica dell'orchestrazione, sul calligrafismo sonoro da 'Ravel campagnolo'. Sir Charles Mackerras, l'eclettico direttore d'orchestra e autorevole interprete di Janácek (del quale ha inciso la maggior parte delle opere in edizioni ritenute esemplari), definì il linguaggio musicale della Volpe come «una specie di sintesi tra Musorgskij, Bartók, Debussy, Sibelius e Mahler, in cui si incontrano pertanto slavismo folclorico, forza primigenia del ritmo, impressionismo simbolista, paesaggismo sinfonico e lacerazione tardoromantica».