Ballata n. 2 in si minore per pianoforte, S 171


Musica: Franz Liszt (1811 - 1886)
Organico: pianoforte
Composizione: 1853
Edizione: Kistner, Lipsia, 1854
Dedica: Conte Carl von Leiningen
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

La Seconda Ballata venne composta da Liszt nel 1853. Siamo nel pieno del periodo di Weimar, da lui stesso definito di "raccoglimento e lavoro" e che è dominato dalla presenza di un'altra donna, fondamentale nella biografia del compositore. La principessa Carolyne von Sayn-Wittgenstein aveva conosciuto Liszt nel febbraio del 1847 a Kiev, sua città natale. Il trentaseienne pianista, ormai virtuoso acclamato e corteggiato dalla nobiltà e dal bel mondo di tutt'Europa, aveva concluso da alcuni anni il tempestoso rapporto con Marie d'Agoult e sentiva il profondo desiderio di allontanarsi dal mondo rutilante e faticoso delle tournée concertistiche. L'incontro con la principessa, donna colta e sensibile, che viveva separata dal marito e coltivava con amorevole e illuminata cura l'educazione della figlia Marie ancora bambina, non poteva giungere in un momento più propizio. Uniti dagli stessi interessi intellettuali e da un forte sentimento religioso, Franz e Carolyne diedero vita ad un sodalizio umano e spirituale fortissimo il cui coronamento nel matrimonio, sebbene fortemente voluto da entrambi, incontrerà ostacoli insormontabili che influenzeranno in maniera importante la biografia lisztiana, come vedremo più avanti.

L'anno successivo al loro incontro la coppia si trasferisce a Weimar, dove Liszt aveva accettato l'incarico di Maestro di Cappella, che ricoprirà fino al 1861. Passare da una vita girovaga nelle più vivaci capitali europee alla quiete di una cittadina di provincia i cui passati splendori letterari e musicali erano ormai davvero un lontano ricordo, fu sopportabile per Liszt e per la principessa solo perché era una scelta che rispondeva al perseguimento di un profondo ideale: creare a Weimar, col sostegno del Granducato, un'arte di Stato libera dai meccanismi economici dello spettacolo, un polo culturale che facesse da richiamo ai migliori spiriti dell'arte europea, dando vita a quella musica dell'avvenire di cui già parlava Wagner e di cui anche Liszt aveva una sua ben precisa idea.

La dedizione con cui Carolyne si occupò delle condizioni materiali per cui questo potesse avvenire, fu esemplare e commovente; dolce di carattere e materna molto più della d'Agoult, la principessa profuse i suoi beni per costruire intorno a Franz un ambiente ideale. L'Altenburg, la grande casa ai margini della città dove vivevano, ospitando spesso artisti e promettenti allievi che Liszt istruiva gratuitamente, divenne ben presto un centro di irresistibile richiamo per tutti gli artisti europei e trasformò Weimar, sia pur per poco tempo, in una città di respiro internazionale.

Anche nell'ascolto della Seconda Ballata è da tenere presente una suggestione letteraria, che rimanda al mito classico di Ero e Leandro. Il giovane Leandro raggiungeva a nuoto tutte le notti la sua amata Ero, sacerdotessa di Afrodite, che teneva accesa una lampada per orientarlo; in una notte di tempesta il lume si spense e Leandro morì annegato. Il corpo senza vita dell'amato, riemerso la mattina seguente sulla riva, indusse la sacerdotessa ad uccidersi, lanciandosi da una torre. Mito di amore e morte, come altri molto amato dagli artisti romantici, fornisce l'orizzonte simbolico di questo brano virtuosistico, percorso da un'angosciosa fatalità.

Un ribollire di scale cromatiche ascendenti e discendenti al basso su cui si staglia, quasi ad imitare il vento che spazza l'orizzonte, un tema a note lunghe che riecheggia la traversata a nuoto dell'amante e si conclude su accordi in piano che danno l'avvio ad un sognante frammento tematico, l'incontro tra i due giovani. Un nuova affannosa traversata, in Tempo I, ripropone la stessa sognante risoluzione per aprirsi poi ad un nuovo momento, dal carattere quasi marziale, Allegro deciso, introdotto da secche ottave ribattute al basso. È l'inizio della tempesta, che si espande in crescendo culminante in una zona caratterizzata da scale di ottave spezzate che percorrono tutta la tastiera. Ricompare, con una differente armonizzazione, il tema degli amanti che scivola di nuovo nel drammatico tema di Leandro che nuota; e su questi due episodi, variamente riproposti, si gioca il resto della Ballata, in forma rapsodica come tutti gli esempi di questa forma musicale.

Daniela Gangale

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

La ballata in si minore, composta nel 1853, non è tra le opere più famose del suo autore, anche se, per la ricchezza dell'invenzione musicale e la complessità della concezione formale, è senza dubbio un brano molto significativo. A dispetto del genere e dell'inclinazione di Liszt per la musica a programma, nella ballata non vi sono suggestioni extramusicali, e anche il modello chopiniano ha un'influenza assolutamente secondaria.

Il brano si apre con l'idea melodica principale (a) a valori larghi quasi si facesse strada a fatica, mentre una rapida figurazione cromatica nella regione grave della tastiera crea un brontolio cupo e indistinto. Che si tratti dell'idea principale l'ascoltatore se ne rende conto più avanti, in quanto il suo primo apparire è caratterizzato dall'indeterminatezza propria di un'introduzione.

La seconda melodia b, cantabile, porta un improvviso raggio di luce non solo per lo schiarimento del registro dal grave all'acuto ma anche per la luminosa tonalità di fa diesis maggiore. A questo punto, sorprendentemente, Liszt ricomincia tutto da capo: una sorta di doppia esposizione, abbassata però di un semitono. Annunciato da squilli (ottave ribattute in ritmo puntato) segue un episodio di carattere eroico, dal ritmo fortemente scandito ma privo di individualità melodica. Le veloci ottave spezzate dal disegno cromatico (d) hanno una funzione di transizione e di raccordo e vengono poi utilizzate come elemento di accompagnamento a un primo ritorno di a. Un nuovo episodio lirico è introdotto dalla melodia e che completa l'insieme del materiale tematico impiegato nel brano. Essa si presenta con due frasi, la prima in re maggiore e la seconda trasposta un semitono sopra (mi bemolle maggire). Ritorna l'idea melodica b estesa e trasformata mediante progressioni armoniche. Ancora nel senso di una «variazione» armonica ritorna a con un disegno che ricorda l'inizio della composizione ma in tonalità differente. Viene poi ripreso l'episodio di transizione d in ottave spezzate.

A questo punto l'errare armonico si arresta: si ritorna alla tonica, (si) ma nel modo maggiore. Le tre idee melodiche principali vengono riproposte in ordine inverso. Torna dapprima e, poi b e infine a. Ma la ripresa dell'idea melodica principale ci riserva una sorpresa: essa viene trasformata non solo dal modo minore a quello maggiore, ma anche nel carattere, mediante il dimezzamento dei valori e l'accompagnamento di una figurazione diatonica di arpeggi: adesso è una nobile melodia cantabile che si dispiega e ritorna più volte, interrotta solo da un breve apparire del tema e, arricchita da passaggi sempre più brillanti e virtuosistici. Ma come quasi sempre in Liszt, alla perorazione e all'enfasi declamatoria, segue un epilogo: è il dolce echeggiare della seconda idea melodica b, che progressivamente smorzandosi conclude la composizione.

Antonio Schilirò


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia,
Roma, Auditorium Parco della Musica, 14 maggio 2010
(2) Testo tratto dal libretto inserito nel CD allegato al n. 43 della rivista Amadeus


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Ultimo aggiornamento 26 febbraio 2017