Fantasia su temi popolari ungheresi, S 123

per pianoforte e orchestra

Musica: Franz Liszt (1811 - 1886)
Organico: pianoforte solista, ottavino, 2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 2 corni, 2 trombe, 3 tromboni, timpani, grancassa, piatti, trianbolo, archi
Composizione: 1849 (revisioni 1853 e 1859)
Prima esecuzione: Pest, Pesti Nemzeti Magyar Színház, 1 giugno 1853
Edizione: Heinze, Dresda, 1864
Dedica: Hans von Bülow
Guida all'ascolto (nota 1)

Composta nel 1852, la Fantasia su temi popolari ungheresi è una versione per pianoforte e orchestra della contemporanea Rapsodia ungherese n. 14 per pianoforte solo dello stesso Liszt, arricchita da nuove sonorità e ampliata con nuovi temi.

È ormai ampiamente noto, grazie alle ricerche etnomusicologiche condotte sul campo da Bela Bartók e Zoltàn Kodàly, che il folklore ungherese di Liszt è falso, perché le melodie e i ritmi da lui impiegati non sono affatto ungheresi ma zigani: Liszt stesso era consapevole di non usare autentica musica ungherese e si giustificava con la pretesa, chiaramente insostenibile, che gli ungheresi erano un popolo senza musica, costretti ad assoldare gli zigani come musicisti mercenari. Questo non implica affatto che la sua musica pseudo-ungherese sia falsa e che sia sprovvista d'interesse musicale e di valore estetico, perché riflette l'idea romantica di "popolare" e partecipa così degli atteggiamenti e degli ideali sottesi all'intera produzione lisztiana.

Nel volume intitolato Gli zigani e la loro musica in Ungheria Liszt spiegò con queste righe rivelatrici il suo specialissimo rapporto con la musica di quel popolo: «Colpito come fui fin dall'infanzia dalla musica degli zigani [...] sono stato naturalmente indotto abbastanza presto ad appropriarmi di qualche suo frammento col pianoforte, che mi sembrava dovesse rendere meglio dell'orchestra le varie stranezze e le anormali passioni immesse in essa dagli zigani. Tuttavia, dopo aver trascritto una grande quantità di materiali, mi sembrava di non finire mai [...] Un mucchio di materiali mi stava davanti, bisognava confrontare, scegliere, eliminare, decantare. Mi formai allora la convinzione che quei frammenti sparsi e quelle melodie discontinue e spezzate costituissero le parti disseminate, sparpagliate e spezzettate d'un grande tutto e quindi si prestassero perfettamente alla ricostruzione d'un insieme armonioso, che racchiudesse la quintessenza delle loro caratteristiche più significative, tale da poter essere considerato una specie d'epopea nazionale ziga¬na [...]».

In questa Fantasia Liszt, per una volta, dà grande rilievo anche ad una melodia veramente ungherese: è un canto popolare intitolato "II campo di Mohac", che rievoca la terribile disfatta del 1526, quando l'Ungheria perse la sua indipendenza. Questo tema, caratterizzato da un ritmo costituito da una lunga - una breve - una lunga, ha accenti dolenti nell'introduzione (Andante mesto), dove è esposto dal corno e dai fagotti con l'accompagnamento di violoncelli, contrabbassi e timpani, mentre assume un carattere solenne e vittorioso nel successivo Allegro eroico, aperto dal pianoforte solo, cui s'aggiunge dapprima la tromba, poi alcuni strumenti isolati, quindi l'intera orchestra in un grandioso Più animato. Ancora un momento di raccoglimento (Molto adagio, quasi fantasia, poi Moderato solenne) e la gioia si manifesta senza freni in danze gitane (Allegretto a la zingarese), dando il via a una specie di gara tra le dimostrazioni di virtuosismo, le accelerazioni ritmiche e i crescendo, che portano l'eccitazione sonora a una temperatura incandescente, finché il tema patriottico riappare e avvia la Fantasia alla sua conclusione trionfale, in un fuoco d'artificio sonoro.

Liszt dedicò la Fantasia su temi popolari ungheresi ai genero, Hans von Bülow, che fu il primo ad eseguirla, a Pest nel 1853, con enorme successo.

Mauro Mariani


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 23 ottobre 1999


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Ultimo aggiornamento 12 dicembre 2012