Années de pèlerinage. Première Année, Suisse, S 160


Musica: Franz Liszt (1811 - 1886)
  1. Chapelle de Guillaume Tell
    seconda versione del n. 5 dell'Album d'un voyageur, S 156
  2. Au lac de Wallenstadt
    seconda versione del n. 2a dell'Album d'un voyageur, S 156
  3. Pastorale
    seconda versione del n. 7c dell'Album d'un voyageur, S 156
  4. Au bord d'une source
    seconda versione del n. 2b dell'Album d'un voyageur, S 156
  5. Orage
  6. Vallée d'Obermann
    seconda versione del n. 4 dell'Album d'un voyageur, S 156
  7. Eglogue
  8. Le mal du pays (Heimweh)
  9. Les cloches de Genève (Nocturne)
    seconda versione del n. 3 dell'Album d'un voyageur, S 156
Organico: pianoforte
Composizione: 1848 - 1855
Edizione: Schott, Magonza, 1855

Vedi a S 378a la trascrizione del n. 6 per violino, violoncello e pianoforte
Guida all'ascolto (nota 1)

La prima delle raccolte pianistiche edite da Liszt sotto il nome di Années de Pèlerinage venne pubblicata nel 1855; ma per risalire all'origine dei brani di questa raccolta occorre tornare indietro di un ventennio nella tumultuosa biografia del compositore. È nel maggio del 1835 che Liszt, ventiquattrenne e già acclamato come sommo pianista della sua epoca, dopo aver dimorato per dodici anni a Parigi, abbandona la capitale francese alla volta della Svizzera, insieme alla contessa Marie d'Agoult, la donna che, fuggendo dal marito, accettava pubblicamente lo scandalo della relazione con l'artista; Blandine, la prima dei tre figli della coppia, sarebbe nata sette mesi più tardi, in dicembre. Franz e Marie vissero in quiete idilliaca prevalentemente a Ginevra fino al dicembre 1837, quando fecero ritorno a Parigi per sfidare (e sconfiggere) l'astro nascente di Sigismund Thalberg. Nella primavera seguente la coppia decise di trasferirsi in Italia, dove sarebbe rimasta fino al dicembre 1839; vagando da Bellagio a Como (dove nel dicembre 1837 nacque la secondogenita Cosima), a Venezia, Genova, Lugano, Modena, Firenze, Roma (dove nacque invece, nel maggio 1839, il terzogenito Daniel), Lucca, San Rossore, e ancora Firenze. La ripresa, da parte del pianista, di una intensissima vita concertistica attraverso l'Europa avrebbe poi minato le basi della relazione, destinata a sciogliersi nel 1844.

I lunghi soggiorni in Svizzera e in Italia dovevano sollecitare liszt a tradurre in musica le impressioni di viaggio. Ecco dunque che nel 1842 il compositore diede alle stampe una raccolta intitolata Album d'un vayageur, e formata di diciannove pezzi pianistici quasi tutti connessi con il soggiorno svizzero. Il soggiorno italiano, invece, non ebbe come esito, in un primo momento, una raccolta omogenea, ma una pluralità di brani a sé stanti, alcuni dei quali pubblicati negli anni seguenti. Come tutte le principali composizioni pianistiche degli anni giovanili, anche le pagine svizzere e italiane dovevano poi essere sottoposte a una attenta cernita e revisione nel corso degli anni trascorsi da Liszt a Weimar (1848-61) alla guida del locale teatro; è il periodo della piena maturità del compositore, che mette da parte l'impegno di pianista militante e si dedica alla composizione orchestrale (nascono dodici poemi sinfonici e due Sinfonie a programma, dedicate a Faust e a Dante) e all'incarico, diremmo oggi, di direzione artistica, che viene messo al servizio di tutte le componenti più avanguardistiche della musica europea, Berlioz e Wagner in prima linea.

Nascono così le Années de Pèlerinage, ovvero le raccolte che sistematizzano i bozzetti di viaggio degli anni giovanili. Nel 1855 l'editore Schott dà alle stampe la Première année: Suisse, che consiste in una raccolta di nove composizioni, sette delle quali provenienti dal vecchio Album d'un vayageur. Delle rimanenti due, Eglogue risale comunque al 1836, Orage, invece, è un pezzo di nuova composizione, del 1854. Sempre Schott pubblica, nel 1858, la Deuxième année: Italie, che si compone di sette differenti brani, uno solo dei quali (Canzonetta del Salvator Rosa, del 1849) ha un'origine posteriore al soggiorno italiano. Nel 1861 poi Schott pubblicava una terza raccolta, che rielaborava delle pagine del 1840 sotto il titolo di Venezia e Napoli. Supplément aux Années de Pèlerinage, 2d volume. Non è tutto; perché svariati anni più tardi, nel 1877, Liszt avrebbe pubblicato un quarto volume, una Troisième année, composta da sette pagine di recente composizione e varia origine, tre delle quali legate alla permanenza presso la Villa d'Este a Tivoli.

Ce n'è quanto basta per considerare l'idea delle Années de pèlerìnage come ricorrente e centrale nell'evoluzione pianistica di Liszt. E conviene dunque risalire al significato di questi appunti di viaggio nelle intenzioni dell'autore. Se gli esordi di Liszt come pianista-compositore si erano mossi soprattutto sulla scia del gusto Biedermeier, ovvero con una miriade di brevi pezzi destinati alla esibizione nelle sale da concerto, e volti prevalentemente a stupire e conquistare il pubblico, il soggiorno in Svizzera segna la conquista di un nuovo stadio nel pensiero dell'autore. La prefazione scritta da Liszt per l'Album d'un voyageur, ed in seguito espunta, è in effetti una vera professione di intenti per questo nuovo stadio creativo:

Avendo in tempi recenti viaggiato per molti nuovi paesi, attraverso differenti panorami e luoghi consacrati dalla storia e dalla poesia, e avendo sentito che i vari fenomeni della natura, le scene che vi si svolgono, non scorrevano di fronte ai miei occhi come vuote immagini, ma producevano nella mia anima profonde emozioni, e che fra loro e me si stabiliva una vaga ma immediata relazione, un rapporto indefinito ma reale, una comunicazione inesplicabile ma irrefutabile, ho provato a presentare in musica alcune delle mie sensazioni più forti e delle mie impressioni più vive.

Una lettura attenta di queste righe è rivelatrice degli elementi della nuova poetica. In primo luogo alla base dell'ispirazione ci sono tanto i "panorami" quanto i "luoghi consacrati dalla storia e dalla poesia", come dire la natura e la cultura; in secondo luogo Liszt mette in guardia da una ìnterpretazione descrittiva delle pagàie musicali; c'è in esse piuttosto il riflesso delle "sensazioni'' ed "impressioni"; in sostanza una rielaborazione emotiva delle esperienze di viaggio. Altrettanto importante un altro passo della prefazione, laddove Liszt chiarisce che nella raccolta il lettore troverà "un seguito di pezzi, che non attenendosi ad alcuna forma convenzionale, non chiudendosi in alcuno speciale schema, prenderanno di volta in volta i ritmi, le movenze, le figure più appropriate a esprimere il sogno, la passione o il pensiero che le avrà ispirate". Ecco dunque la polemica anticlassicistica del giovane romantico, che volge le spalle alle forme chiuse della tradizione, per determinare da sé i principi ispiratori e organizzativi della propria musica.

La sistematizzazione compiuta negli anni di Weimar dei lavori giovanili non contraddice mai questi assunti dì base della prefazione originaria, ma piuttosto tende a metterli a fuoco, a depurare qua e là qualche ripetizione pletorica, a ritoccare la scrittura in una direzione più coloristica e talvolta meno difficile. Se gli anni di Weimar sono quelli dei poemi sinfonici, le due prime raccolte delle Années diventano così una sorta di poemi pianistici, altrettanto importanti dei lavori orchestrali nella definizione della nuova poetica dell'autore. L'idea romantica che una composizione musicale non deve essere una pagina di musica "pura", autoreferenziata, ma piuttosto deve essere ispirata da un assunto extramusicale, paesaggistico, narrativo, letterario, filosofico, trova qui dunque una delle sue affermazioni più celebri e meditate.

Ma i piani di lettura delle Années sono in realtà più complessi e più intricati. Il titolo dell'intera raccolta ha un chiaro riferimento al Wilhelm Meister di Goethe, ai Wanderjahre, gli anni di peregrinazione del protagonista del romanzo pedagogico. Se si guardano poi i titoli dei brani della Première année (Chapelle de Guillaume Tell, Au lac de Wallenstadt. Pastorale, Au Bord d'une Source, Orage, Vallèe d'Obermann, Eglogue, Le Mal du Pays, Les Cloches de Genève. Nocturne) si vede come i riferimenti naturalistici e paesaggistici siano predominanti su quelli storici e letterari. Ma questa impressione è in realtà corretta dal fatto che Liszt premette a ciascuno dei brani della raccolta una epigrafe, una citazione letteraria in qualche caso anche piuttosto lunga; gli autori prescelti sono Byron, Schiller e Sénancour; e se la breve citazione di Schiller premessa a Au Bord d'une Source ha un carattere episodico, gli altri autori sono assai più significativi.

Le numerose citazioni di George Gordon Byron (1788-1824) sono tratte tutte dal poema Childe Harold's Pilgrimage (Pellegrinaggio di Aroldo il Cavaliere), pubblicato fra il 1812 e il 1818, nel quale si descrivono i viaggi e le considerazioni di un pellegrino rappresentato come un tipo di ribelle, spregiatore degli uomini e sazio di piaceri, in cerca di distrazioni in terre straniere. La straordinaria fortuna del personaggio di Harold negli anni Venti e Trenta dell'Ottocento era legata, più che ai tratti di dandismo e disprezzo verso la società britannica che avevano connotato l'originale, all'immagine di artista ribelle e misantropo, amante della solitudine e afflitto da una "ennui" che segretamente gli rode il cuore. Non è certo un caso che proprio al poema di Byron avesse guardato Berlioz nello scrivere Harold en Italie, nel 1834, un anno prima della partenza di Liszt e della d'Agoult per la Svizzera. Quanto al meno celebre Etienne Pivert de Sénancour (1770-1840), il suo romanzo Obermann, edito nel 1804 e compreso solo dopo una generazione, è una sorta di diario intimo, fatto di descrizioni di natura e vagheggiamenti nostalgici, di un giovane che "non sa che cosa è, né che cosa ama, o ciò che vuole, che vede nulla, solo sa di non essere al suo posto, e di trascinarsi, insomma, nel vuoto e in un infinito disordine di noia". Harold e Obermann, insomma, sono due personaggi affini, nei quali un musicista della giovane generazione romantica poteva ben rispecchiarsi. Nel volume intitolato alla Suisse, dunque, Liszt propone sotterranei richiami letterari che definiscono un viaggiatore romantico in cui lo stesso musicista si immedesimava; le pagine musicali della raccolta sono i riflessi emozionali delle esperienze di questo viaggiatore, in bilico fra Goethe, Byron, Schiller e Sénancour.

Tutto ciò, beninteso, rimarrebbe lettera morta se non si inverasse nel pianoforte di Liszt, vero interprete del sentimento del viaggiatore. E gli elementi su cui Lszt fonda la sua evocazione sono essenzialmente due; da una parte una organizzazione formale della singola pagina che non segue un principio di elaborazione tematica, ma piuttosto quello della variazione coloristica di un materiale di base piuttosto sobrio, e dell'avvicendamento di sezioni contrastanti; dall'altra parte, e di conseguenza, una scrittura pianistica che fa sfoggio di tutte le risorse di spazializzazione del suono, di varietà di tinte e di effetti. Basterebbe ascoltare, a questo proposito, il primo brano della Première année: Suisse, che ha per titolo Chapelle de Guillaume Tell. Abbiamo qui in primo piano l'eroe nazionale svizzero, dunque la storia, ma anche l'irredentismo. I temi musicali di base della pagina sono due, un inno religioso e un richiamo come di corni, ritmicamente connotato; questo materiale subisce una progressiva dilatazione spaziale, attraverso una intensificazione della scrittura ed effetti d'eco che assumono di volta in volta una valenza eroica o intimistica.

Segue una breve pagina di giochi d'acqua, Au lac de Wallenstadt dove l'accompagnamento insistito si riferisce al moto delle onde, sul quale si dipana una melodia pastorale. In realtà è difficile non vedere negli stilemi proposti da questo bozzetto una influenza delle tante pagine naturalistiche del Guillaume Tell di Rossini (1829), opera il cui materiale tematico è innervato dai ranz des vaches di una raccolta popolare. La terza pagina, Pastorale, sembra partire dalla omonima Sonata in re maggiore op.28 di Beethoven, e precisamente dal finale, che presenta le medesime figurazioni di accompagnamento insistito in 12/8 e di tema discendente a due voci. Nuova pagina acquatica è Au bord d'une source, che si basa su meravigliosi effetti illusionistici, con la mano destra che propone scorrevoli arpeggi sporcati da urti armonici (urti di seconda) e la sinistra che salta sopra e sotto la destra, per poi evolversi verso soluzioni iridescenti; ci sono già i presupposti che faranno nascere, molti anni più tardi, i meravigliosi Les jeux d'eaux a la Villa d'Este della Troisième Année. Anche Orage - unico brano più tardo rispetto agli anni svizzeri, come si è detto - sembra prendere spunto dalla tempesta della ouverture del Guillaume Tell; la scrittura della pagina contrappone un tema in accordi alle furibonde ottave, in una regione sonora fortemente cromatica; si staglia in centro una Cadenza di arpeggi ad libitum.

È ovvio, per Vallèe d'Obermann, il richiamo del titolo al personaggio di Sénancour, protagonista di una propria interpretazione malinconica e solitaria della natura; è il pezzo più lungo della raccolta, e anche quello che è forse stato più profondamente rielaborato negli anni di Weimar; il semplicissimo tema discendente esposto all'inizio dalla mano sinistra diviene protagonista di grandi peregrinazioni e di trasformazioni sonore, tonali e armoniche, quasi parossistiche nella coda, che lasciano però spazio anche a situazioni contrastanti. Eglogue stempera la tensione di Obermann con un intermezzo idilliaco e leggero, tutto mantenuto nella medesima ambientazione espressiva. Le mal du pays è preceduto da una lunghissima citazione di Sénancour, sulla "espressione romantica e i ranz des vachez"; la notturna "tristezza sublime" evocata dallo scrittore parte proprio dai richiami dei pastori svizzeri (anche qui è evidente l'eco rossiniana) per muovere verso un soliloquio ripetuto poi testualmente in una tonalità più alta (una terza sopra). Ultimo pezzo della raccolta, fortemente rielaborato a Weimar, è Les cloches de Genève (dedicato alla primogenita Blandine), un notturno non esente dall'influenza di Chopin, costruito su una timbrica controllatissima e sul ruolo alternativamente tematico e di accompagnamento dell'arpeggio discendente che allude al suono delle campane.

Arrigo Quattrocchi


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 29 ottobre 2002


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Ultimo aggiornamento 16 gennaio 2013