Vexilla regis prodeunt, S 185


Musica: Franz Liszt (1811 - 1886)
Organico: pianoforte
Composizione: 1864
Edizione: Editio Musica, Budapest, 1978

Vedi a R 442, S 355 la trascrizione per orchestra
Guida all'ascolto (nota 1)

È noto come nell'ultima parte della vita la religione acquistò per Liszt uno spazio importante. Non si trattò però affatto di una conversione improvvisa; il compositore ungherese semplicemente ebbe il coraggio morale di allontanarsi sempre più nettamente da quanto lo aveva distratto in gioventù (lo straordinario successo che aveva raccolto sulle scene europee), per rispondere a quella chiamata interiore che si era fatta sentire, in verità, sin dall'adolescenza. Il desiderio di abbracciare i voti era stato espresso, infatti, per la prima volta addirittura a 16 anni, in conseguenza della morte del padre e di una delusione amorosa e in quell'occasione solo l'amorevole divieto della madre aveva convinto il giovane Franz a desistere. Nel 1857 Liszt era diventato terziario francescano e poi nel 1865 aveva preso gli ordini minori e il titolo di abate. In questo giro di anni, e per la precisione dal 1861, il compositore si era trasferito a Roma, a seguito delle penose vicende legate alla relazione con la principessa Carolyn di Sayn-Wittgenstein, sua devota compagna da molti anni. La principessa, che condivideva con lui la vita dal 1847 e che era stata la generosa artefice materiale dell'Altenburg a Weimar, diventato ben presto punto di riferimento per i musicisti allievi e amici di Liszt, incontrò enormi difficoltà nello sciogliere il primo matrimonio, condizione essenziale per convolare a giuste nozze con il compositore e regolarizzare così la loro scomoda posizione. La vicenda, che durò parecchi anni e comportò un tale esborso di denaro da ridurre quasi in povertà la principessa, senza per altro avere un esito felice, fu vissuta con particolare travaglio dalla coppia e di fatto portò al loro allontanamento emotivo. Queste vicende, unite alla morte prematura del terzogenito Daniel nel 1860 e poco dopo della prima figlia Blandine, spinsero Liszt a riflettere sempre più intensamente su temi religiosi e a scrivere musica sacra. Durante gli anni romani, inoltre, il compositore nutriva la speranza di poter essere l'artefice di una "musica dell'avvenire" anche in questo campo, ma nonostante la benevolenza di Pio IX, che lo invitò spesso a conversare e suonare per lui in Vaticano, Liszt non ottenne mai quegl'incarichi ufficiali che gli avrebbero permesso di incidere effettivamente nella vita musicale della capitale del cristianesimo. Le sue grandi opere religiose, dalla Messa solenne per la consacrazione della basilica di Gran alla Leggenda di Santa Elisabetta, non incontrarono il successo sperato e il suo tentativo di rivoluzionare la musica sacra lasciandosi ispirare dal canto gregoriano e dalla purezza dello stile palestriniano, unito ad esperienze più moderne, non fu compreso fino in fondo dal pubblico e dalla critica.

Vexilla Regis prodeunt è l'incipit di un inno latino dovuto a Venanzio Fortunato, vescovo di Poitiers, che lo compose nel 569 in occasione della solenne processione che doveva accompagnare alcune reliquie della Santa Croce nel monastero omonimo di Poitiers e che è poi entrato nella tradizione dei canti quaresimali. Il materiale tematico, che procede solennemente per gradi congiunti formando disegni ascendenti e discendenti, viene utilizzato da Liszt in due composizioni, S. 185 per pianoforte che ha poi un'ulteriore versione S. 355 per orchestra, e la Via Crucis per coro, soli e pianoforte. Il testo dell'inno parla delle insegne di Cristo definite vexilla (il termine che era utilizzato per le insegne belliche romane portate in battaglia o nei trionfi), e del mistero splendente della Croce, simbolo al tempo stesso di morte e di nuova vita.

Il brano per pianoforte, scritto nel 1864 ma rimasto inedito fino al 1878, maestoso e solenne, rappresenta attraverso potenti scale di accordi, l'incedere di una processione di guerrieri più che di penitenti, tale è l'utilizzo delle masse sonore che Liszt impiega, con massiccio incedere omoritmico. Contrasta con il tono generale della composizione la seconda parte che si sviluppa nella zona semi-acuta della tastiera e che riprende il tema e lo rielabora con due sole leggere linee di canto, come in una primordiale polifonia, per poi inoltrarsi in una scrittura più moderna che conclude la composizione con grandi accordi.

Daniela Gangale


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorium Parco della Musica, 11 marzo 2011


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Ultimo aggiornamento 15 gennaio 2015