Preludio e morte di Macbeth
Rappresentazione da concerto per baritono e orchestra
Musica: Gian Francesco Malipiero (1882 - 1973)
Testo: proprio da Shakespeare
Organico: baritono, 2 flauti, 3 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 4 corni, 2 trombe,
3 tromboni, basso tuba, percussioni, celesta, pianoforte, arpa, archi
Composizione: Asolo, 24 agosto 1958
Prima esecuzione: Milano, giugno 1960
Ad alcune sue recenti composizioni Gian Francesco Malipiero ha
dato il nome di «rappresentazioni da concerto»: tra
queste, figura il Preludio
e morte di Macbeth, eseguito per la prima volta
al Festival di Berlino nell'ottobre 1959. Scrive lo stesso
Malipiero: «Il
Preludio e morte di Macbeth è la seconda delle
quattro rappresentazioni da concerto. La prima, Magister Josephus,
è l'origine di una velleità teatrale infiltratasi
nel più puro sinfonismo; mi sembrò di vedere
Magister Josephus, seduto davanti a un tavolo, discutere coi discepoli;
così la voce di Macbeth, che esce dall'orchestra
a conclusione del suo dramma, corrisponde ad una visione
squisitamente scespiriana. Shakespeare voleva che la scena si
immaginasse lasciando alla fantasia il compito di soddisfare il
più esigente dei sensi: la vista. La voce di Macbeth
interviene quando l'orchestra rifiuta di trasformarsi in musica a
programma. Cosi avviene nelle altre due rappresentazioni da concerto,
nell'Asino d'oro
(da
Apuleio) e nel
Concerto di concerti,
ovvero
dell'uom malcontento».
Il Preludio,
nel quale ha una parte di rilievo il corno inglese, inizia
lentamente e si anima in seguito, pervenendo, dopo
una ripresa del Lento,
ad una parte culminante in tempo mosso ie in
forte; a
questo punto gli ottoni introducono la voce del baritono che
declama il testo scespiriano.
Alberto Pironti
Chi è là?
Ho udito stridere il gufo, gemere il grillo.
Oh, vista dolorosa!
Uno rideva in sogno, l'altro gridava: assassinio!
Essi recitavano le loro preghiere.
Dio ci aiuti, urlava il primo, e l'altro: Amen.
lo non potei dir Amen.
Avea bisogno d'una
benedizione, l'Amen
mi s'arrestò nella gola.
Una voce gridò: non più sonno.
Macbelh l'ha
ucciso, il sonno,
Macbeth non dormirà più.
Macbeth non piegherà la testa finche tutta la foresta non
muova verso lui in Dunsinane.
La regina è morta. Avrebbe dovuto
morire più tardi in tempo propizio a questo
annunzio.
Domani e poi domani, e poi domani ancora, così il tempo si
trascina di giorno in giorno, e ogni tramonto ha illuminato la via che
conduce alla polvere della morte.
Ti spegni, ti spegni, piccola fiaccola.
La vita non è che un'ombra che passa.
Non temere, finché da Birman tutta la foresta non
muova verso me in Dunsinane. .
Il bosco di Birman si muove, avanza.
Sono ormai stanco del sole. Sonate a stormo! Soffiate, avanti; vieni, o
distruzione!
(1)
Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia.
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 10 gennaio 1962
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Ultimo aggiornamento 11 novembre 2013