La passione

Mistero per soli, coro e orchestra

Testo delle parti vocali (nota 1)

Cristo, inginocchiato, orando dice:

Padre, se gli è possibil che sia tolto
questo calice amaro al corpo mio,
fa ch'io non sia in tante pene involto,
o dolce genitor clemente e pio.
E se pur vuoi ch'io sia di vita sciolto,
non guardar, padre, a quel ch'è il mio desio.
Io vo' che 'l tuo voler si faccia a pieno,
benché per gran dolor mi venghi meno.

L'Angelo gli appare con una croce ed un calice in mano.

Questo calice amaro di tua morte
ti manda il padre eterno onnipotente;
tempo è che s'apra di pietà le porte
che furon chiuse pel primo parente.
Sta, caro mio Signor, costante e forte,
e fatti a questa morte obbediente,
che la sarà cagion, Signor verace,
come tu sai, al mondo renderpace.

Cristo torna a' discepoli e dice:

Una ora vigilar voi non potete.
Giuda non dorme, e con furor ne viene,
quel di tradirmi ha tanto la gran sete
che ogni disagio grave lui sostiene.

Giuda dice ai soldati:

A cuila pace dar voi mi vedrete
Lui solo è quel che pigliar ci conviene.

Giuda bacia Cristo dicendo:

Ave, maestro.

Risponde Cristo:

Amico, ad quid venisti?
Pure alla fine il tuo signor tradisti?

Cristo si volge ai soldati e dice:

Chi cerchi, popol di malizia pieno,
venendo armato con tanto furore?

Risponde il Capitano:

Andiam cercando Gesù Nazzareno,
che 'l vegnamo a pigliar per seduttore.

Risponde Cristo al Capitano:

Io son quello esso, o popolo alieno
da ogni bene, e pien di falso errore.

E' soldati conducon Cristo al Pontefice, percotendolo; e giunti dice il Pontefice a Cristo:

Qual legge, qual dottrina e quai precetti
son quei che predicando al popol vai?

Cristo risponde al Pontefice e dice:

Palese ognuno udito ha i nostri detti:
domandaquelli, e il vero intenderai.

Il Pontefice si volta ai soldati e dice:

Menatelo a Filato che è pretore
della giustizia e punir può chi erra.

Menan Cristo a Palato.

Pilato dice a Cristo:

Sei tu re dei Giudei come c'è detto,
che subvertendo vai la santa legge?

Risponde Cristo:

Sappi, se 'l vero Dio che 'l tutto regge
non t'avessi di me dato balia,
invan sarebbe ogni tua signoria.

Pilato dice ai giudei:

Io non truovo in costui cosa ch 'l possa,
come voi dite, condannare a morte.
Ad Erode lo meni, e' suoi difetti
ricerchi a pieno, e se lo truova reo
condanni quel, perché gli è galileo.

El Capitano lo mena e dice ad Erode:

O degno Erode, o provido rettore,
Pilato a te rimette un suo prigione
e sì pel giusto e sì per farsi onore,
sendo de' tuoi che tu facci ragione.

Erode dice a Cristo:

Sei tu vero profeta del Signore?
Vorrei vederne qualche probazione.

Erode si ferma un poco e di poi segue e dice:

Tu non rispondi allapresenzia nostra.
Parla qualcosa, o qualche segno mostra.

Erode dice al Capitano:

Fallo vestir di bianco, e menal via;
et al signor Pilato tudirai:
ch'egli è ridotto alla amicizia mia,
e per mia parte lo ringrazierai.
A giudicar costui saria pazzia.

El Capitano, rimenato Cristo a Pilato, dice:

Alla tua Signoria io son tornato
col prigion quale ad Erode mandasti.
Egli ha quel come stolto reputato
pel suo tacere e questosol gli basti.

Pilato dice:

Fate che alla colonna e' sia legato,
ch'io vedo a punto il voler di costoro,
e che sia crudelmente flagellato:
e basterà per or questo martoro.

El Capitano si volta e dice ai carnefici:

Dal capo a pie' le carne sue battete
infin che 'l sangue in terra andar vedrete.

Cristo si spoglia presso alla colonna, e dice:

Dinanzi alla colonna spoglio e' panni
dal delicato corpo mio afflitto.
Co' mia flagelli pago gli altrui danni,
nudo fra questi lupi, derelitto.
Popolo ingrato, iniquo e pien d'inganni,
perché non riconosci il tuo delitto?
Perché ne hai sì vilmente vilipeso,
non t'avendo io solo una volta offeso?

Pilato mostra Cristo a' giudei e dice:

Ecco il re vostro quale io ho percosso:
vedete le sue carni lacerate.

Un giudeo dice:

Re non abbiam, se non Cesare Augusto,
e costui de' morir sendo uomo ingiusto.

Pilato dice a' giudei:

Volete voi che Barraba io vi doni
o ch'io lassi costui andare in pace?

Risponde un giudeo:

A Barraba la morte si perdoni,
e crucefisso sia questo uom fallace.

Pilato condanna Cristo:

Innocente resto io a tale offesa
di questo uom giusto ch'a morte condanno.
Sia in su la croce la sua carne estesa,
poi che costor tanto gridato l'hanno
dapoi che far non ponno più difesa,
di me sia la vergogna, e vostro il danno.
Per mia innocenzia or le mani mi lavo,
e vostra conscienzia in tutto aggravo.

Maria dice piangendo:

O madre, afflitta e mesta, che farai?
Omadre, dove è ora ogni tuo bene?
Madre, dolente più ch'altra sarai;
Madre, chi porrà fine a tante pene?
Madre, or più che il fare e dir non sai,
Madre, morire al tutto ti conviene.
Venite, suore, perché io son disposta
d'esser col mio figliolo in croce posta.

Maria si parte con le suore e dice:

O tutti voi che passate per via,
attendete e vedete il mio dolore;
guardi me, madre vedova Maria,
quale hoconfitta in croce l'alma e 'l core.
Ecci nessun che sappi dove sia
el mio dolce diletto e car Signore?
Chi sarà sì pietoso al mio gran duolo
che mi voglia insegnar il mio figliuolo?

Cristo passa con la croce in spalla, e la Madre vedendolo dice:

Chi è colui ch'è in mezzo a tanta gente?
Omè, che questa fia la mia speranza.
Omè, che 'l cor si grave pena sente,
omè, questo dolore ogni altro avanza.
Omè, crudele e dispietata mente,
omè, che vorrà dir tanta arroganza?
Omè, quel che v'ha fatto tanti doni
voi lo menate in mezzo a due ladroni?

Voltasi la Madre a' giudei, e dice:

Lassatemi passar, ch'io vo' vedere
se toccar posso il mio dolce figliolo;
vo' quella croce in collo un po' tenere
che gli da tanta pena e tanto duolo.

El centurione dice:

Non t'appressar, che non la poi avere,
e l'ha portata infino a qui lui solo.

Maria piangendo dice:

Almen, poi ch'io son sola e derelitta,
fate ch'io sia col mio figliol confitta!

Maria si getta tra le turbe e abbraccia il figliuolo e dice:

Oimé, figliuol, è questo il viso
ch'era tanto formoso e tanto bello?
Oimé, dove si specchia il Paradiso
oggi è percosso in tanto gran flagello!
Io vengo a morte, figliuol mio diletto,
se non ti tengo nelle braccia stretto.

Cristo e la Madre cascano in terra.

Cristo giunto in sul monte Calvario, orando dice:

Ora è adempiuta, Padre, ogni scrittura,
e 'l tuo volere è satisfatto a pieno;
Patito ho già per l'umana natura
quanto far potre' mai corpo terreno.
Ecco il mio corpo ela mia carne pura
la qual pel gran dolor quasi vien meno;
Ricevi del mio corpo el sacrifizio,
salute e medicina d'ogni vizio.

Conficcano Cristo, e la Madre dice:

Che vuoi dir quel martel tanto feroce?
Omè, quel colpo mi trapassa il core!
Passi ciascun contro mio figlio atroce,
quale è trattato come un traditore!
Almen foss'io con esso posta in croce,
ch'io porrei fine al mio aspro dolore!
Nel petto mio, dentro al core, io provo
quanto è crudel quel dispietato chiovo.
S'io mi dolgo, figliuol, della tua morte
io n'ho ragion, più ch'altra donna sia:
per ch'io ti vedo a torto in sì vil sorte,
e due ladron son teco in compagnia.

Cristo in croce dice la prima parola:

Perdona, Padre mio, a questa gente
che non sa quel si facci, cieca e ingrata:
non riguardare alla proterva mente,
ma tua misericordia a lor sia data.
In croce son pel peccato, pendente,
onde la morte sento accelerata;
Io te li raccomando, o Padre grato,
perdona lor questo vizio e peccato.

El ladron sinistro dice:

Gli altrihai salvati, e te non puoi salvare?
Pensa come figliuol di Dio tu sei.

El ladron destro dice:

O stolto, non voler così parlare:
Lui solo è innocente, e noi siam rei.

Voltasi El ladron destro a Cristo e dice:

Nel regno tuo quando vorrai entrare,
dolcissimo Signor, memento mei.

Risponde Cristo:

Oggi tu sarai meco in paradiso,
quando dall'alma il corpo sia diviso.

Maria dice:

A un ladron tu hai prima parlato
che alla madre tua, figliuol diletto.
Tu l'hai al paradiso oggi chiamato,
e cosa alcuna a me tunon hai detto.
Io son pur quella che t'ha generato:
Oméche 'l cor mi scoppia in mezzo al petto.
Di' alla madre tua qualche parola,
e non lasciar me sconsolata e sola.

Cristo dice alla madre e a San Giovanni:

Donna, per tuo figlio! ti do Giovanni,
e quella a te, Giovanni, madre sia:
mitigherai i dolori e gli affanni,
della diletta e cara madre mia.
El corpo mio è tutto consumato:
e per le pene manca la mia vita.
Adempiuto è quel che fu profetato
della mia morte e della mia partita.
Ogni misterio santo è terminato,
e la mia passione è già fornita.
Nelle tue mani, o Padre giusto e pio,
io raccomando lo spirito mio.
(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia.
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 5 maggio 1963


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Ultimo aggiornamento 21 settembre 2012