La passione

Mistero per soli, coro e orchestra

Musica: Gian Francesco Malipiero (1882 - 1973)
Testo: dalla Rappresentazione della Cena e Passione di Pierozzo Castellano Castellani (sec. XVI)

Personaggi: Organico: 2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 4 corni, timpani, percussioni, xilofono, arpa, archi
Composizione: 1935
Prima esecuzione: Roma, Teatro Augusteo, 15 dicembre 1935
Edizione: Ricordi, Milano, 1935, 1949
Guida all'ascolto (nota 1)

La questione se l'arte religiosa, nel nostro secolo antidogmatico e spregiudicato, sia un fenomeno molto più culturale e molto meno un'autentica presenza spirituale torna d'attualità ogniqualvolta si viene a contatto con una delle opere mistiche di Gian Francesco Malipiero, e con lui degli altri autori del novecento; questione che potrebbe interessare, retroattivamente, le stesse pagine di Verdi, di quel Verdi «non credente» che pure scrisse la Messa da requiem e i Pezzi sacri. Problema, o meglio un altro dei problemi estetici e critici che gl'intricati itinerari dell'arte contemporanea ripropongono ad ogni crocevia.

E di un crocevia si tratta nel caso della Passione con cui, nel 1935, Malipiero diede compimento alla trilogia mistica della Cena (1927) e del San Francesco d'Assisi (1921). Su quest'ultimo «mistero» è interessante rileggere, già che giamo in tema di musica religiosa, le parole lasciateci da Giannotto Bastianelli. «In tanta vanagloria di volersi far belli allo splendore ancor chiaro di Frate Sole, il San Francesco resterà l'unica cosa di genio - oh Dio!, si capisce novecentesco - che sia stata prodotta in mezzo alla deplorevole caterva di produzioni francescane. E una lode in simile genere di materia, tra religiosa, farisaica e politica, dovrebbe bastare per mettere il Malipiero tra i più squisiti signori della musica italiana ed europea moderna». Si badi, è un giudizio del 1927.

Il testo della Passione, tratto come la Cena dalla Rappresentazione della Cena e Passione di Pierozzo Castellano de' Castellani, vissuto nel secolo XV, illustra nelle sue ottave la vita di Gesù dalla Cena alla Deposizione secondo la narrazione dei Vangeli, ma arricchendo la narrazione di battute e riflessioni della più schietta tradizione popolare, con diretta ispirazione anche a primitive laudi medioevali. Se il San Francesco, dopo Pantea e le Sette canzoni, destò qualche sorpresa con il suo «trionfo dell'accordo perfetto», la Cena e particolarmente la Passione segnano un importante punto fermo nel prodigo e irrequieto cammino artistico di Malipiero. Vi si raggiunge la perfetta coincidenza, e quindi la coesione in stile, della natura bi¬zarra ed errante del suo linguaggio con l'indeterminatezza del metodizzare gregoriano, e l'incontro, anche, del suo gusto del favoleggiare arcaico con certi incanti e incantamenti di rime e cadenze della poesia popolaresca medioevale. Vuol dire che nella Passione il carattere realistico della parlata insieme alla rapida sceneggiatura degli episodi ha invogliato il musicista verso espressioni più drammatiche. «Il dramma» ebbe a scriverne Domenico de Paoli «si esteriorizza più che nella Cena; la musica rivela anche il carattere dei personaggi ed ha persino qualche riferimento ai movimenti del dramma (si ricordi il "cupo martellare" della Crocifissione)». Comunque è solo per brevi tratti che si lacera l'atmosfera dolente che rinserra tutta la Passione e ohe fa nodo e spicco nel Lamento o Pianto della Madonna, pagina additata tra le più belle del compositore veneziano.

Nella Cantata, annota lo stesso Malipiero, «la voce di Cristo, affidata al coro come nella Cena, afferma il rispetto della musica verso questa raffigurazione che trascende la persona umana, e le altre voci, affidate ai solisti, lo confermano con il loro contrasto». Queste altre voci sono: un baritono che di volta in volta impersona l'Angelo, Giuda, il Pontefice, Erode, El ladron sinistro; un tenore (Pilato, El ladron destro); un altro tenore (El Capitano, un Giudeo, El Centurione) e infine un soprano nella parte di Maria.

La Passione fu presentata all'Augusteo di Roma nel dicembre 1935 con la direzione di Bernardino Molinari.


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia.
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 5 maggio 1963


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Ultimo aggiornamento 21 settembre 2012