Sinfonia n. 3 "delle campane"


Musica: Gian Francesco Malipiero (1882 - 1973)
  1. Allegro moderato
  2. Andante molto moderato
  3. Vivace
  4. Lento
Organico: 2 flauti, 3 oboi, 3 clarinetti, 2 fagotti, 4 corni, 2 trombe, 3 tromboni, basso tuba, timpani, glockenspiel, celesta, triangolo, tam-tam, tamburo basco, tamburo militare, piatti, pianoforte, arpa, archi
Composizione: Venezia, 14 febbraio 1945
Prima esecuzione: Firenze, Teatro Comunale, 4 novembre 1945
Edizione: Suvini Zerboni, Milano, 1947
Guida all'ascolto (nota 1)

Malipiero, nonostante i suoi 87 anni, non è un artista in pensione e la vita musicale italiana continua ad avere in lui un osservatore e un protagonista sempre sulla breccia. Senza voler toccare i numerosi campi in cui si è dispiegata la sua instancabile attività, da quella cameristica e strumentale a quella teatrale, molto vasta e importante (oltre trenta sono i lavori per la scena), e limitandoci alle sole sinfonie, non si può fare a meno di rilevare la densità e la continuità del suo corpus orchestrale, in cui più liberamente e a volte con un estro più acceso si esprime la sua ispirazione musicale. Dalla Prima Sinfonia del 1933, scritta in quattro tempi «come le quattro stagioni», si passa alla Seconda Sinfonia (elegiaca) del 1936, per poi continuare con la Terza (delle campane) del 1945, la Quarta (in memoriam) del 4946, la Quinta Sinfonia (concertante, in eco) del 1947, la Sesta (degli archi) del 1947, la Settima (delle canzoni) del 1948, la Sinfonia in un tempo del 1950, la Sinfonia dello Zodiaco del 1951. La rassegna si conclude con la Sinfonia per Antigenida del 1962, con l'Ottava Sinfonia (Symphonia brevis) del 1966, con la Nona e la recentissima Decima (Atropo). Un lungo arco compositivo in cui Malipiero definisce in modo chiaro e inequivocabile la sua personale concezione della sinfonia, considerata «come una forma libera di poema in più parti che si inseguono capricciosamente obbedendo soltanto a quelle leggi inafferabili che l'istinto riconosce e adatta per esprimere un pensiero o un seguito di pensieri musicali». E' una forma che vuole richiamarsi all'antica tradizione musicale italiana del Cinque e del Seicento, nel ripudio degli sviluppi tematici romanticamente obbligati su itinerari rigorosi, quindi intesa come reazione allo stile del sinfonismo tedesco.

Naturalmente questo tipo di scelta intellettuale, oltre che musicale, non deve essere valutata in maniera rigida e categorica e meno che mai nazionalistica, perché nella Terza Sinfonia, così come in altre, se non si può parlare di veri e propri sviluppi tematici, si incontrano ritorni di motivi o di intere frasi o di sezioni strutturali che lasciano capire come Malipiero non rifiuti a priori certe caratteristiche ormai classiche del linguaggio sinfonico, anche se in sostanza egli mantiene intatta la sua indipendenza e la sua libertà di fantasia compositiva. Ad esempio, per rimanere nell'ambito della sinfonia oggi in programma, l'Allegro moderato iniziale e il Vivace del terzo tempo presentano molte analogie espressive fra di loro, senza considerare che il Vivace con il ritmo ternario ha la fisionomia dello Scherzo sinfonico. D'altra parte l'Andante sostenuto che conclude il quarto tempo è una variante del motivo principale dell'Andante molto moderato, che è il momento centrale e psicologicamente più carico di lirismo dell'intera sinfonia, che conobbe la sua prima esecuzione a Firenze nell'autunno del 1945 sotto la direzione di Igor Markevitch.

La Terza Sinfonia, secondo quanto ha scritto lo stesso autore, «è legata ad una data terribile, all'8 settembre 1943. Al tramonto di quel giorno indimenticabile le campane di San Marco suonarono, ma non poterono ingannare chi conosceva la loro vera voce. Non squillavano per la pace, ma per annunziare nuovi tormenti, nuove angosce». Ma il sottotitolo «delle campane», più che avere un valore programmatico e descrittivo, serve ad indicare il clima espressivo di tutta l'opera e quel senso di penetrante nostalgia e di pungente ricordo di campane a festa per un giorno di pace, un sentimento che la pervade e l'avvolge dal principio alla fine e che ìndica quale sia la presenza spirituale di Malipiero e della sua arte nel nostro tempo.


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia.
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 7 dicembre 1969


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Ultimo aggiornamento 23 febbraio 2012