Rispetto all'op. 59, il Trio op. 62 (1883) presenta una forma ancora più ambiziosamente complessa e costruita. Arioso e cantabile, il primo tema dell'Allegro iniziale è affidato al pianoforte, per passare poi agli archi e prestarsi a una sorta di sviluppo, che peraltro serve da transizione verso il secondo tema, la cui espansiva linea melodica, suonata dagli archi, è derivata dal basso del primo tema. Chiude l'esposizione una robusta sezione contrastante, dall'incedere brahmsiamo; tanto la conclusione di questa sezione quanto l'avvio dello sviluppo tornano a utilizzare il primo tema. Ma il fulcro dell'elaborazione centrale è costituito da un imponente fugato: quasi in tempo di Scherzo sono sovrapposti simultaneamente motivi del primo tema per aggravamento (archi) e per diminuzione (pianoforte), oltre a figure della transizione, in un episodio di autentico virtuosismo compositivo che procede serrato verso il climax che introduce la ripresa. La ricapitolazione ripercorre la tracce dell'esposizione con il primo e il secondo tema e la chiusa. A questo punto c'è ancora spazio per una vasta coda, che dilaziona l'epilogo in un clima enigmatico e soffuso.
Né meno enigmatico è lo Scherzo. Allegro molto: nella prima parte s'avvicendano rintocchi percussivi del pianoforte, un inquietante tema tortuoso degli archi, richiami di fanfara. Nella successiva parte centrale di sviluppo questi elementi sono elaborati insieme a frasi più distese, sino alla ripresa e di qui al Trio, contrastante per il cullante andamento degli archi, la cui cantilena per seste è sostenuta dal pianoforte ora con rintocchi addolciti di pedale, ora con passaggi a loro volta melodici. Segue quindi la ricapitolazione dello Scherzo.
Il movimento più denso e impegnativo del lavoro è comunque l'Adagio. Le campate elegiache e l'intricata tessitura del tema principale passano dagli archi al pianoforte prima che si distenda il canto del tema secondario condotto dal violino e assecondato dal controcanto del violoncello; l'episodio conclusivo della prima parte infittisce i cromatismi e concede al pianoforte un'eco del tema secondario. Una gestualità eroica e drammatizzata, fondata su ritmi puntati e volatine, contraddistingue invece, per contrasto, la parte centrale, inframmezzata da un'elaborazione di motivi del tema principale, che riappaiono agli archi sul mormorio del pianoforte. Una sezione denominata «Mosso quasi Cadenza» e connotata da cromatismi svolge il ruolo di ritransizione. Come accadrà nel Finale - e come già nell'ultimo movimento del Trio op. 59 - la ripresa della prima parte è abbreviata. Cade il tema principale e la ricapitolazione incomincia con l'idea secondaria e prosegue con l'episodio conclusivo; più poeticamente evocato che affermato, il tema principale riappare soltanto nella coda.
Il Finale. Allegro vivace poggia sulla dialettica di due idee tematiche, diversamente connotate per tempo, metro e carattere, nonché sul principio ciclico che già si riscontrava nell'ultimo movimento del Trio op. 59. Il primo gruppo tematico potrebbe sembrare in ritmo di tarantella se tutto - dal giro melodico delle frasi alle inflessioni cromatiche, dall'armonia al subitaneo addensarsi dell'elaborazione - non negasse recisamente qualsiasi allusione alla musica popolare. Comunque un certo piglio di danza, qualcosa della mazurca, ha anche il secondo tema, introdotto dai soli archi, poi fiorito, variato e arricchito nel gioco tra i tre strumenti sino alla conclusione dell'esposizione. Lo sviluppo prende avvio dall'elaborazione del primo tema e prosegue con un'ardita combinazione contrappuntistica che sovrappone le teste del primo e del secondo tema in un fitto intreccio. La ripresa attacca dal secondo tema; quando riappare il primo tema al pianoforte è, più che altro, un ricordo, seguito dalle reminescenze evocative, fantasmatiche del tema dello Scherzo al pianoforte e agli archi, e quindi dei temi principali dell'Adagio e del movimento iniziale. L'epilogo tocca alla coda, con una variante del secondo tema che passa dagli archi al pianoforte.
Cesare Fertonani