Concerto in mi maggiore per due pianoforti e orchestra, MWV O5


Musica: Felix Mendelssohn-Bartholdy (1809 - 1847)
  1. Allegro vivace
  2. Andante non troppo
  3. Allegro
Organico: 2 pianoforti, flauto, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 2 corni, 2 trombe, timpani, archi
Composizione: Berlino, 17 ottobre 1823
Edizione: M.-Gesellschaft, Lipsia, 1960
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Soltanto dopo la seconda guerra mondiale è stato possibile agli studiosi dell'opera di Mendelssohn prendere visione presso la biblioteca di Stato di Berlino dei manoscritti di due Concerti per due pianoforti e orchestra e di un Concerto in re minore per violino e orchestra, inseriti nel catalogo di questo musicista, ma raramente eseguiti dopo la sua morte. Fu proprio un discendente del compositore ad ottenere le fotocopie dei due Concerti per due pianoforti e orchestra, quello in mi maggiore datato 1823 e quello in la bemolle, risalente al 12 novembre 1824, scritti dal musicista rispettivamente all'età di 14 e 15 anni. Molto probabilmente i due lavori erano stati composti per essere suonati dallo stesso Mendelssohn e dalla sorella Fanny in una di quelle serate musicali organizzate in casa del compositore e in cui convenivano letterati e artisti illustri della cultura tedesca nella Berlino di quel tempo. Si ha notizia anche che il Concerto in mi maggiore era stato eseguito a Londra nel 1829 da Mendelssohn e dal famoso pianista e teorico Ignazio Moscheles, riscuotendo un buon successoci pubblico. Da allora questa partitura era quasi scomparsa dalla programmazione delle varie Istituzioni musicali e solo recentemente è stata riscoperta e riproposta, per merito soprattutto dei due pianisti che la eseguono stasera nel contesto della manifestazione monografica in onore di Mendelssohn.

In sostanza niente di nuovo e di diverso da quella che è la sigla espressiva del grande musicista amburghese, profondamente legata all'esperienza grammaticale bachiana e mozartiana e arricchita da una straordinaria facilità inventiva e da un gusto di classica perfezione formale. Il Concerto in mi maggiore, infatti, possiede un perfetto equilibrio tecnico nei suoi tre movimenti e rivela una sorprendente freschezza di idee in un ragazzo di soli 14 anni. Nell'Allegro vivace iniziale i due pianoforti, dopo un misurato attacco orchestrale, intervengono con slancio e decisione, sviluppando un fitto e brillante dialogo con gli strumenti e impostando un discorso musicale quanto mai vario e dagli accenti ora marcati e ora briosi, sul filo di un virtuosismo di piacevole effetto timbrico. Nell'Adagio non troppo è l'orchestra ad indicare il tema e a preparare la cantabilità dei pianoforti basata su una melodia delicatamente lirica e di sapore romantico. L'Allegro conclusivo rispetta in pieno le regole dei concerti pianistici; è agile, fresco ed elegante nel gioco tra gli strumenti solisti e tutta l'orchestra, secondo quel senso di cordiale e sereno divertissement mai smentito dal Mendelssohn pianistico.

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

I due «Concerti» per due pianoforti «in mi maggiore» e «in la bemolle maggiore» di Mendelssohn, composti rispettivamente nel 1823 e nel 1824, sono opera di un ragazzo quattordici-quindicenne, precocissimo quanto si vuole, ma pur sempre agli inizi di un arco operativo breve quanto intenso e brillante.

Il «Concerto in mi maggiore» è quindi una fra le primissime composizioni del musicista anche se, prima di esso, egli aveva già composto quattro opere comiche, diverse musiche per orchestra d'archi e, soprattutto, i primi due dei tre «Quartetti» per archi e pianoforte che rivelavano già i caratteri della sua personalità.

Una personalità, quella di Mendelssohn, che si forma nel quadro di una ormai consolidata e tranquilla egemonia della borghesia degli affari la quale, anche se era ben lungi dall'aver realizzato il disegno illuminista e rivoluzionario della integrale liberazione dell'uomo, aveva comunque praticamente affermato il proprio predominio di classe, introducendo naturalmente altre contraddizioni sulle quali non è questa la sede per soffermarsi.

Mendelssohn, dunque, può rifarsi tranquillamente al mondo dei classici, da Bach a Mozart, acquisito dall'alto di una sorta di olimpica serenità di spirito sostanzialmente non turbata dalle inquietudini romantiche; quanto meno, il segno dei tempi non incrina in lui, come ad esempio in altri grandi artisti quali Schubert e Schumann, il senso dell'equilibrio formale nell'ambito del quale anche certe intensificazioni espressive appaiono sempre controllatissime.

In questo senso, appunto, anche il «Concerto in mi maggiore» si può allora già definire come indicativo della personalità del compositore, pur nell'ovvia permanenza di reminiscenze non ancora sublimate in uno stile del tutto personale ed autonomo.

Cosi, l'introduzione orchestrale e poi tutto il primo movimento, «Allegro vivace», si rifanno trasparentemente ad un mondo settecentesco haydniano e mozartiano del quale evidentemente il giovanissimo Mendelssohn subisce in modo preponderante il fascino. Tutto il dialogo fra i due strumenti solisti potrebbe figurare degnamente in un concerto settecentesco, come espressione di un mondo razionale ed equilibrato più vicino certo alle utopie illuministiche che ai turbamenti dell'artista romantico o al mondo drammatico dell'ultimo Mozart o di Beethoven.

Di gran lunga più interessante ed originale è il tempo centrale, «Adagio non tropp », durante il quale, dopo l'introduzione orchestrale soltanto uno dei due solisti suona fino quasi alle ultime battute; a questo punto, l'intervento del secondo pianoforte è in funzione di semplice accompagnamento e ripresa del tema già enunciato dal primo solista all'inizio del movimento. Caso unico, quello di questo tempo di concerto, nell'intera letteratura per due pianoforti.

L'«Allegro» finale riporta in primo piano il dialogo fra i due strumenti solisti uno dei quali suona un tema brillante dal ritmo di danza, costantemente ripreso e sostenuto dal tema più lirico del secondo, fino alla conclusione nel clima sereno del primo movimento.

La prima esecuzione di questo concerto ebbe luogo nel luglio 1829, solisti l'autore e il famoso pianista Ignaz Moscheles.

Mario Sperenzi


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Piazza del Campidoglio, 14 luglio 1983
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto del Maggio Musicale Fiorentino,
Firenze, Teatro Comunale, 31 ottobre 1975


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Ultimo aggiornamento 3 maggio 2019