Quartetto per archi n. 4 in mi minore, op. 44 n. 2 (MWV R 26)


Musica: Felix Mendelssohn-Bartholdy (1809 - 1847)
  1. Allegro assai appasionato (mi minore)
  2. Scherzo. Allegro di molto (mi maggiore)
  3. Andante (sol maggiore)
  4. Presto agitato (mi minore)
Organico: 2 violini, viola, violoncello
Composizione: Bingen am Rhein, 18 giugno 1837
Prima esecuzione: Lipsia, Gewandhaus Saal, 28 ottobre 1837
Edizione: Breitkopf & Härtel, Lipsia, 1839
Guida all'ascolto (nota 1)

Il Quartetto in mi minore, secondo dell'op. 44 di Mendelssohn, venne in realtà composto per primo nel luglio 1837 ed eseguito per la prima volta alla Gewandhaus di Lipsia nel novembre dello stesso anno. La non-problematicità di questa composizione (relativamente negletta, al pari dì quasi tutta la rimanente produzione cameristica mendelssohniana, fatta eccezione per l'Ottetto, il Trio in re minore e le Romanze senza parole), la sua esemplare trasparenza, la sua amabilità senza ombre oggi ci suonano provocatorie. Ma il torto è nostro: questa, in realtà, era la musica «normale» espressa dal primo Romanticismo tedesco, dove i Mendelssohn e gli Spohr (e più che mai i Cherubini) rappresentavano l'ottimo mondo possibile, l'alibi inconfessato a inconsci complessi di colpa per Outsiders tormentati come Schumann. La generosa invidia schumannìana, l'ammirazione fervidissima che l'autore del Quintetto op. 44 o del Trio op. 63 provava per la composta scioltezza di mano, la fede incrollabile per la Forma, il bel suono mendelssohniani, ci saranno sempre incomprensibili finché del Romanticismo tedesco si avrà una visione univoca e sostanzialmente riduttiva: visione circoscritta appunto all'unicità di esperienze come quella schumanniana o chopiniana. Ma Romanticismo è anche il sottile, divagante pathos che anima le impeccabili strutture «viennesi» di questo Quartetto e ne ammorbidisce i contorni formali al limite di una snervante soavità. Romanticismo e del più autentico ed alto, è l'alata grazia notturna del meraviglioso Scherzo, féerie quartettistica che reca impresso il sigillo del Mendelssohn maggiore, quello che assume le fattezze e la levità magica di Ariele. Romanticismo di cordiali affetti borghesi è la romanza senza parole («da non suonarsi troppo lenta», ossia con una certa amabile souplesse pianistica, prescrive la nota) dell'Andante, mentre il delicato palpito febbrile del Presto agitato, con le sue lunghe melodie in contrasto con la concitazione del ritmo, è cosa che né Mozart né Haydn, ma solo Felix Mendelssohn Bartholdy poteva immaginare.

Giovanni Carli Ballola


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Olimpico, 24 gennaio 1979


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Ultimo aggiornamento 24 marzo 2016