Quartetto per archi n. 6 in fa minore, op. 80 (MWV R 37)


Musica: Felix Mendelssohn-Bartholdy (1809 - 1847)
  1. Allegro vivace assai (fa minore)
  2. Allegro assai (fa minore)
  3. Adagio (fa minore)
  4. Finale. Allegro molto (fa minore)
Organico: 2 violini, viola, violoncello
Composizione: settembre 1847
Prima esecuzione pubblica: Lipsia, Conservatorium, 4 novembre 1848 (postuma)
Edizione: Breitkopf & Härtel, Lipsia, 1849
Dedica: L. Spohr
Guida all'ascolto (nota 1)

Quando Robert Schumann, riferendosi all'ammirato collega Felix Mendelssohn, disse che «il caso l'aveva dotato fin dalla nascita di un giusto nome», non poteva certo prevedere che l'estremo anno di vita di quest'ultimo avrebbe dissipato in un soffio la forte predestinazione che un tale nome possiede. Fino al 1847, infatti, Mendelssohn condusse un'esistenza assai serena e sostanzialmente fortunata, costellata di continui successi e riconoscimenti per i suo meriti artistici. Tale "quieta grandezza" è rintracciabile anche nelle sue composizioni: Mendelssohn certamente percepiva le inquietudini e gli slanci emotivi messi in risalto dal Romanticismo, ma egli fu in grado di filtrarli attraverso le strutture compositive del classicismo, restituendo, sotto forma di opere d'arte musicali, gli impeti e la passionalità in una veste più contenuta e compassata. Nelle sue composizioni Mendelssohn fu dunque in grado di "pacificare" le tensioni di ascendenza romantica con le forme e gli schemi compositivi di provenienza classicista, creando un organico equilibrio tra istanze assai diverse tra loro.

Non fu così per la composizione del Quartetto n. 6 in fa minore op. 80, scritto in memoria dell'amatissima sorella Fanny, scomparsa prematuramente nel maggio 1847. La perdita della sorella, alla quale Felix era legato da un vincolo spirituale ed emotivo fortissimo, fu un colpo davvero difficile da sostenere per il già provato compositore (assai affaticato da viaggi estenuanti e da continue esibizioni) che morì nel novembre dello stesso anno, lasciando questa estrema pagina musicale a testimonianza del suo lacerante dolore. Un dolore che non viene mai allentato o nascosto in tutta l'opera, che si fa invece esplicita espressione di un impeto creativo del tutto nuovo e insolito per Mendelssohn. Già la tonalità d'impianto evoca un senso di profonda inquietudine, manifestata fin dall'iniziale Allegro vivace assai aperto da tremoli concitati che danno avvio a un primo tema irrequieto e tormentato, a cui ne segue uno più disteso e pacato: le due idee motiviche principali si alternano nello sviluppo, alla ricerca di un equilibrio tra pianto disperato e momentanea accettazione; quest'ultima verrà tuttavia sopraffatta nella coda da una drammatica stretta conclusiva in cui le note più acute del violino primo evocano espressivamente uno straziante grido di rabbia. Il secondo movimento (Allegro assai) è uno Scherzo dal carattere non dissimile: esso è pervaso da un senso di affanno, reso dall'ampio uso della sincope, e di irrequietezza, evocato da un cromatismo che anticipa quello di autori posteriori. Una sorta di basso ostinato caratterizza il Trio mediano, in cui l'atmosfera macabra della pagina si fa addirittura minacciosa, fino alla conclusione che si spegne in un diminuendo sempre più impercettibile. L'Adagio è una malinconica elegia, il cui mesto canto (suddiviso in due temi dal carattere lirico e raccolto) è affidato alternativamente alle voci dei quattro strumenti, fino a un comune e rassegnato sospiro finale. La momentanea concessione alla tenerezza viene spezzata dall'ansiogeno attacco del Finale (Allegro molto), dominato da tremoli, sincopi, improvvisi mutamenti di dinamica, sonorità dissonanti e cromatismi che confermano il profondo tormento dell'anima dell'autore, che esprime in note la sua prostrazione e la sua incapacità a reagire di fronte a un evento del tutto imprevedibile e incomprensibile.

Vittoria Fontana


(1) Testo tratto dal libretto inserito nel CD allegato al numero 315 della rivista Amadeus


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Ultimo aggiornamento 24 luglio 2017