Fino a qualche tempo fa si riteneva che il Rondò capriccioso fosse stato composto da Mendelssohn a quindici anni, nel 1824, mentre più recentemente si tende a datarlo (le fonti non sono concordi) fra il 1826 e il 1828. In ogni caso, quando Mendelssohn lo compose era ancora un ragazzo, forse era appena uscito dall'adolescenza; ma non era affatto un compositore alle prime armi, visto che aveva già ultimato da tempo, tra le altre cose, le dodici Sinfonie per archi e la Prima Sinfonia op. 11, e una delle sue opere più perfette e affascinanti, l'Ouverture per il Sogno d'una notte di mezza estate di Shakespeare.
Pagina delicata ed elegante, di gusto un po' salottiero e Biedermeier, per moltissimi anni il Rondò capriccioso è stato uno dei pochissimi brani di Mendelssohn, insieme a un piccolo numero di Romanze senza parole, ad essere eseguito in concerto; e, soprattutto, è stato suonato migliaia di volte, con alterne fortune, da un'infinità di signorine di buona famiglia di ogni parte del mondo. Tutto questo col tempo si è ritorto contro la fortuna del Rondò capriccioso (e dello stesso Mendelssohn), che a poco a poco è quasi scomparso dalle sale da concerto: basti pensare che a Santa Cecilia non lo si ascolta da più di vent'anni.
Il brano si articola in due sezioni: un breve Andante introduttivo in mi maggiore (26 battute) non privo di reminiscenze weberiane che sfocia in uno sfavillante ed aereo Presto in mi minore in 6/8 ("leggiero") - che sembra evocare a tratti una vivace e spensierata danza di elfì - da cui emerge di tanto in tanto un canto sereno e pieno di calore. Il Rondò capriccioso richiede all'interprete un tocco netto e delicato ma incisivo e brillante e una tecnica molto curata (staccato, arpeggi, terze, ottave spezzate). L'effetto generale è quello di certe pagine fatate dell'Ouverture per il Sogno d'una notte di mezza estate, scritta più o meno nello stesso periodo nella medesima tonalità.
Carlo Cavalietti
Il Rondò capriccioso fu scritto da Mendelssohn nel 1824, come quattordicesimo opus e divenne ben presto uno dei suoi pezzi più diffusi: verso la metà del secolo scorso, così come non c'erano virtuosi che non lo annoverassero tra i «pezzi di resistenza» del loro repertorio, cosi non esistevano pianisti dilettanti che non lo massacrassero ad ogni occasione.
Come spesso accade ad opere che non siano dei capolavori assoluti, quest'eccesso di popolarità non mancò di «consumarlo» e già un Hans Von Bülow deplorava che un tale stato di cosa avesse finito di offuscare le indubbie qualità positive di questo brano che lo stesso Bülow collocava sul piano della celebre «Auflorderung zum Tanz» (Invito alla danza) di Weber e che, anche oggi, la maggior parte degli esegeti considera, dopo le Variations sérieuses, come uno dei migliori lavori pianistici del suo autore. L'intima struttura formale del Rondò Capriccioso è definita chiaramente dallo stesso titolo come una libera, fantasiosa interpretazione del classico schema architettonico in cui, ad un motivo ricorrente, si alternano diversi altri di carattere episodico. L'articolazione estrinseca del lavoro è segnata invece dalla partizione in un Andante scritto in quattro quarti e nella tonalità di mi maggiore e in un Presto che scorre nello snello ritmo di sei ottavi.
Roman Vlad