Sinfonia n. 9 in do maggiore per archi, MWV N 9


Musica: Felix Mendelssohn-Bartholdy (1809 - 1847)
  1. Grave. Allegro
  2. Andante
  3. Scherzo. Trio più lento "La Suisse"
  4. Allegro vivace
Organico: violino, viola e basso continuo (violoncello e contrabbasso)
Composizione: Berlino, 12 marzo 1823
Guida all'ascolto (nota 1)

Negli anni dell'infanzia e della prima adolescenza Felix Mendelssohn scrisse un nutrito gruppo di opere di vario genere - dai lavori cameristici ai concerti per pianoforte e violino - che testimoniano della straordinaria precocità del talento del compositore, ascrivibile sia alle doti naturali che alla peculiare ricchezza della formazione didattica, del tutto adeguata alle illustri tradizioni culturali della famiglia. L'educazione del piccolo Felix avvenne, secondo la prassi dell'epoca, tramite insegnanti privati, e la musica vi ebbe una importanza centrale. Già a sette anni il bambino riceveva lezioni di pianoforte e violino da figure di primo piano della vita culturale berlinese - Ludwig Berger, Carl Wilhelm Henning, Edward Rietz - e, a partire dal 1819, Carl Friedrich Zelter divenne l'insegnante di teoria e composizione. Fu Zelter - compositore di qualche merito come liederista, e consigliere musicale del vecchio Goethe, che presentò al piccolo Mendelssohn - a infondere in Felix il culto per Händel, per Bach, per la musica corale antica. Zelter mise in possesso il suo allievo di una eccellente tecnica compositiva, con la quale disciplinare i primi sforzi di una fertile fantasia inventiva.

Ciò nonostante, da adulto Mendelssohn guardò con distacco ai frutti del suo talento precoce, escludendoli dall'edizione delle proprie opere; rimasti allo stadio manoscritto fino al secondo dopoguerra, i lavori giovanili furono finalmente inclusi nell'ambito della nuova "opera omnia" di Mendelssohn iniziata nel 1960, e quindi portati alla conoscenza del pubblico moderno. È questo il caso anche delle dodici sinfonie per archi che, all'interno della produzione giovanile, costituiscono un gruppo omogeneo, scritto fra il 1821 e il 1823, fra i dodici e i quattordici anni. Come molte altre pagine, anche queste Sinfonie erano pensate per essere eseguite nei trattenimenti musicali domestici della domenica (le cosiddette "Sonntagsmusiken"), di fronte a un pubblico di parenti e amici.

Anche se è evidente nella partitura di questa Sinfonia (datata 12 marzo 1823) una prepotente affermazione della precocità dell'autore, non conviene tuttavia cercarvi tanto i primi segni del suo stile maturo, quanto soprattutto le tracce delle molteplici influenze sulla sua formazione, la sintesi personale dei differenti modelli proposti da Zelter al piccolo musicista. In questa capacità di assimilazione e rielaborazione risiede il maggior interesse della Sinfonia, che non manca però di apparire come un'opera di valore autonomo, perfettamente paragonabile con i prodotti di un autore adulto.

Articolata in quattro movimenti, la Sinfonia si apre con una vasta e meditativa introduzione lenta - uno dei momenti più personali della partitura - che sfocia in un brillante Allegro in forma sonata, dove, per l'impianto monotematico e le umoristiche modulazioni e i fugati della sezione dello sviluppo, appare evidente l'influenza dello stile sinfonico del tardo Haydn. Il movimento lento si articola in una semplice forma ternaria (ABA') e trova il suo lato più interessante nelle scelte di strumentazione; la prima sezione (A) è affidata ai soli violini, divisi in quattro parti, la seconda sezione (B) è un fugato a quattro parti intonato da viole, violoncelli e contrabassi, mentre l'ultima sezione (A') riunisce progressivamente tutto il gruppo strumentale. Lo Scherzo esordisce con l'effervescenza propria di molti scherzi della maturità del compositore, e comprende un Trio su uno yodel svizzero (da cui il titolo di "La Suisse"), a memoria della vacanza compiuta in Svizzera dalla famiglia Mendelssohn nell'estate 1822. Il finale, in forma sonata, inizia inaspettatamente in do minore ed è profondamente innervato dal contrappunto, segno degli studi della musica di Bach e Händel; si svolge secondo una progressiva lievitazione espressiva, e si conclude brillantemente in maggiore.

Arrigo Quattrocchi


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Olimpico, 4 novembre 1993


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Ultimo aggiornamento 5 gennaio 2014