Chronochromie


Musica: Olivier Messiaen (1908 - 1992)
  1. Introduction
  2. Strophe 1
  3. Antistrophe 1
  4. Strophe 2
  5. Antistrophe 2
  6. Epode
  7. Coda
Organico: ottavino, 3 flauti, 2 oboi, corno inglese, clarinetto piccolo, 2 clarinetti, clerinetto basso, 3 fagotti, 4 corni, 4 trombe, 3 tromboni, basso tuba, percussioni, glockenspiel, xilofono, marimba, campane tubolari, archi
Composizione: 1959 - 1960
Prima esecuzione: Donaueschingen, Stadthalle, 16 ottobre 1960
Edizione: Alphonse Leduc, Parigi, 1963
Guida all'ascolto (nota 1)

«Intorno al 1930 quando gli eventi politici presero a minacciare ogni sicurezza culturale e la vecchia generazione dei compositori moderni europei vide sprofondare la sua piattaforma, ebbe inizio un nuovo isolamento delle scuole nazionali. La più notevole di queste fu la "Jeune France" il cui programma estetico-metafisico fu pubblicato nel 1936 dai suoi quattro rappresentanti: Olivier Messiaen, André Jolivet, Yves Baudrier e Daniel Lesur. Questi compositori oppongono un rifiuto alla maggior parte della musica moderna francese, soprattutto al "divertimento tecnico" (...) degli epigoni di Satie. Ciò che essi vi contrappongono è sincerità, calore di affetti, espressione di sentimenti umani (...). In Messiaen, il più felice e il più individuale dei quattro, la tendenza all'espressione e al patetico rapimento sfocia in un misticismo religioso colorato di un soggettivismo variopinto e iridescente (...). La sua musica diventa interprete di pensieri e di sentimenti metafisici, rappresentante sinestetica di immagirii, di colori e forme situate al limite, tra veglia e sonno». Fin qui lo Stuckenschmidt in un brano che ci sembra rendere felicemente l'idea del movimento culturale all'interno del quale si è sviluppato il fenomeno Messiaen: Ma ecco come lo stesso musicista spiega la sua poetica: «... io sono innanzi tutto un musicista cattolico. Tutte le mie opere religiose e no sono un atto di fede e glorificano il mistero del Cristo. E balbettando intorno all'Amore Divino io cerco di trovare una musica che dia un tempo nuovo, uno spazio nuovo, una musica che ami e che canti (...). Fin da bambino sono stato attirato dalla fede cattolica, dalla musica e dal teatro. Mi sono rimaste soltanto le due prime passioni. Credo di essere un musicista cristiano e di cantare la mia fede, anche se non sono ancora arrivato ad esprimerla per intero, probabilmente (sia detto senza falsa umiltà) perché non ne sono degno. Musica pura, musica profana e soprattutto musica teologica (e non già mistica come pensa la maggioranza di coloro che mi ascoltano), si alternano nella mia produzione. Non so, veramente, se ho o meno una "estetica", ma posso dire che le mie preferenze vanno verso una musica cantabile, raffinata, voluttuosa (ma non certamente sensuale!). Una musica tenera e violenta, piena d'amore e di forza. Una musica che-culla, che canta (onore alla melodia, alla frase melodica!). Una musica che sia un sangue nuovo, un gesto preciso, un profumo sconosciuto; un uccello senza sonno. Una musica che venga da dietro una vetrata, una girandola di colori complementari. Una musica che esprima la fine del tempo, l'ubiquità, i corpi gloriosi, i misteri divini e soprannaturali. Un arcobaleno teologico». Ed aggiunge: «Io voglio scrivere della musica che, sia un atto di fede, una musica che esprima tutti i soggetti, senza cessar di esprimere Dio (...); Per descrivere, con durevole, possanza le nostre tenebre alle prese con lo Spirito Santo, per elevare sulle montagne le porte della nostra prigione... per donare al nostro secolo l'acqua viva di cui ha bisogno, occorre un grande artista che sia anche un grande artigiano ed un grande cristiano». E per meglio chiarire il senso della poetica di Messiaen ecco un'altra sua dichiarazione sul carattere espressivo della sua musica: «L'ispirazione è come la morte: ci attende ovunque. In una vallata montana, in una vetrata, in un libro di medicina, d'astronomia, di microfisica. C'è chi cerca Dio pregando e chi abbracciando il corpo di una donna. Il musicista trova la musica da ogni lato. Tutti gli oggetti hanno il colore del medesimo viso per chi ama. E che vibrazioni, che misteriose sinfonie in una nuvola, in una stella, negli occhi di un bambino! Credo all'ispirazione musicale. Ma essa non è l'improvviso sopravvenire di un delirio pitico. E' piuttosto un lavoro lento, insensibile che avviene nostro malgrado; che ci invade e ci possiede come un'idea fissa, come l'amore...».

Questo è l'uomo, il credente e il poeta (ne è qui il luogo di portare il discorso sull'ortodossia di questa fede, altrove e lungamente discussa) che si orienta, come scrive Massimo Mila «verso l'estasi mistica della fede cattolica sentita con una specie di vergine primitivismo».

Messiaen, in un trattato intitolato «La tecnica del mio linguaggio musicale», spiega come essa tecnica riposi fondamentalmente su due principi: i «ritmi non retrogradabili » e i «modi a trasposizione limitata». I primi consistenti in una organizzazione dei ritmi, appunto, in una sorta di «serie» analoghe a quelle usate per le note dai compositori dodecafonici, e quindi di variazioni predeterminate dei modi ritmici per aumenti o diminuzioni successive di una stessa unità di misura, fino alla elaborazione di veri e propri «canoni ritmici». I secondi sono anch'essi sorta di «serie» di un certo numero di note (più spesso otto o nove), i cui intervalli caratteristici possono ripetersi partendo solo da un numero limitato e prefissato di altre note base - è noto, al contrario, che gli intervalli della scala tonale ed anche quelli di una serie dodecafonica possono essere ripetuti a partire da qualunque nota base - se non si vuole cadere nella ripetizione (enarmonicamente parlando) delle stesse note della serie originaria. Il tutto rivestito da uno strumentale - quando non si tratti di brani organistici che rappresentano una parte importante della produzione del musicista, lui stesso organista presso la Chiesa della Trinità di Parigi - di estrema raffinatezza e di grande ricchezza timbrica.

Che è quest'ultima caratteristica la più evidente di Chronochromie scritta per una grande orchestra - la prima esecuzione. ebbe luogo il 16 ottobre 1960 a Donaueschingen - composta secondo le indicazioni dell'autore, oltre che dagli archi, da un flauto piccolo, 3 flauti, due oboe, 1 corno inglese, un clarinetto piccolo, 2 clarinetti, 1 clarinetto basso, 3 fagotti, una tromba piccola, 3 trombe, 4 corni, 3 tromboni, una tuba, glockenspiel, xilofono, marimba, 3 gong, cembalo sospeso, cembalo cinese, tam-tam e una serie di 25 campane.

Ma tutte le caratteristiche dell'uomo e del musicista Messiaen si ritrovano in questa composizione come apparirà chiaro, del resto, dalla lettura della nota che lo stesso autore ha premesso alla partitura: «Scritta nel 1959-1960 su commissione di Heinrich Strobel e della Südwestfunk, Chronochromie si basa su un doppio materiale sonoro e temporale. Il materiale temporale o ritmico utilizza 32 «durate» differenti mutate simmetricamente e sempre scambiate nello stesso ordine. In tal modo sono state ottenute 36 permutazioni adoperate sia sole e frammentariamente, sia sovrapposte a 3 per 3. Non sono state impiegate tutte; quelle che figurano nella partitura sono indicate da numeri corrispondenti al posto esatto che hanno nel quadro generale da esse formato. Il materiale sonoro o melodico utilizza canti di uccelli di Francia, Svezia, Giappone e Messico. I nomi degli uccelli sono scritti sulla partitura al momento preciso nel quale essi entrano nella scena musicale. E' anche indicato il loro paese d'origine. Gli uccelli che non hanno il nome del paese cui appartengono sono uccelli francesi. Si trova anche nel materiale sonoro il rumore di torrenti di montagna, da me notato nelle Alpi francesi. Le mescolanze di suoni e timbri assai complessi sono al servizio delle «durate» e devono essere sottolineate da colorature. Il colore serve ad esprimere il trascorrere del tempo. Di qui il titolo: Chronochromie (dal greco khronos = tempo e khroma = colore), cioè colore del tempo. L'opera si divide in sette parti: introduzione - strofe 1 - antistrofe 1 -strofe 2 - antistrofe 2 - epodo - coda. Le sette parti sono collegate tra loro obbligatoriamente senz'altra interruzione che i brevissimi silenzi misurati indicati nella partitura».

Gianfilippo De' Rossi


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia.
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 13 marzo 1969


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Ultimo aggiornamento 13 settembre 2017