Turangalîla-Symphonie

per pianoforte, onde Martenot e orchestra

Musica: Olivier Messiaen (1908 - 1992)

Citazioni contenute nel pezzo:
  1. Introduction - Modéré, un peu vif
  2. Chant d'amour I - Modéré, lourd
  3. Turangalîla I - Presque lent, rêveur
  4. Chant d'amour II - Bien modéré
  5. Joie du sang des étoiles - Vif, passionné, avec joie
  6. Jardin du sommeil d'amour - Très modéré, très tendre
  7. Turangalîla II - Un peu vif - bien modéré
  8. Développement de l'amour - Bien modéré
  9. Turangalîla III - Bien modéré
  10. Final - Modéré, presque vif, avec une grande joie
Organico: pianoforte e onde Martenot solisti, ottavino, 2 flauti, 2 oboi, corno inglese, 2 clarinetti, clarinetto basso, 3 fagotti, 4 corni, tromba acuta, 3 trombe, cornetta, 3 tromboni, basso tuba, triangolo, woodblock, 3 temple block, piatto piccolo turco, piatto sospeso, piatti, piatto cinese, tam-tam, tamburo basco, maracas, tamburo provenzale, cassa chiara, grancassa, vibrafono, 8 campane tubolari, carillon (Glockenspiel a tastiera), celesta, archi
Composizione: 17 luglio 1946 - 29 novembre 1948
Prima esecuzione: Boston, Symphony Hall, 2 dicembre 1949
Edizione: Durand & Cie, Parigi, 1953
Guida all'ascolto (nota 1)

A cinquantanni dalla sua prima esecuzione, avvenuta a Boston il 2 dicembre del 1949 sotto la direzione di Leonard Bernstein, la Turangalila-Symphonie viene oggi considerata uno dei grandi lavori sinfonici del Novecento. Composta fra il 1946 e il 1948, su commissione di quell'entusiasta e fine promotore della musica contemporanea negli Stati Uniti che fu Serge Koussevitzky, la Turangalila si pone al centro dell'iter creativo di Olivier Messiaen ed è, per molti aspetti, l'opera che ne sintetizza la maturità artistica raggiunta proprio negli anni Quaranta riassumendone numerosi tratti della poetica musicale.

È lo stesso Messiaen che commentando il titolo del suo lavoro ci fornisce alcune informazioni preliminari su di esso: «Turangalila è un nome sanscrito. Come tutti i vocaboli che appartengono alle lingue orientali antiche è molto ricco di significati. Lila significa letteralmente gioco: ma il gioco nel senso dell'azione divina sul cosmo, il gioco della creazione, della distruzione, il gioco della vita e della morte. Lìla è anche l'Amore. Turanga: è il tempo che scorre come la sabbia nella clessidra. Turanga: è il movimento e il ritmo. Turangalila vuol dire dunque tutto questo: canto d'amore, inno alla gioia, tempo, movimento, ritmo, vita e morte».

Tra i molteplici spunti che offre la citazione emerge con evidenza l'interesse di Messiaen per l'Oriente, un orientalismo che ha profonde radici nella cultura francese tra Ottocento e Novecento.

Come è noto, il compositore - oltre ad aver fatto uso nelle proprie composizioni, a partire dal ciclo per organo La Nativitè du Seigneur (1935), di moduli ritmici dell'India classica preislamica rintracciati nel trattato del XIII secolo Sangitaratnậkara dello Sậrngadeva - si è largamente ispirato, si pensi alle Sept Hai-Kai (1965), alla natura, alla concezione del tempo e della musica dell'Estremo Oriente. Questo japonisme - che influenzerà lo stesso Pierre Boulez - giunge a Messiaen attraverso l'ammirato stupore di Debussy per l'Oriente e tutta una tradizione culturale francese, di stampo decadente, o impressionistico-simbolista che, da Monet a Gauguin, da Mallarmé a Claudel, sarà affascinata dalla dimensione esotica.

Il riferimento all'Oriente, che già si era palesato nelle Trois Petites Liturgies de la Présence Divine (1944) emerge nella Turangalila in modo cosciente nel richiamo alle sonorità del gamelan di Bali che il compositore avrebbe ascoltato all'Esposizione Universale di Parigi nel 1931. Nella sua Sinfonia la funzione timbrica della sezione strumentale comprende glockenspiel, celesta, vibrafono, ai quali si aggiungono le percussioni metalliche e il pianoforte solista; in più punti della partitura Messiaen sembra mimare il mondo sonoro delle orchestre indonesiane.

Abbandonando il dettaglio e ricorrendo di nuovo al titolo dell'opera, assai esplicativo, Messiaen definisce questa sua vasta cosmologia sonora, una "Sinfonia", una sorta di beethoveniano "inno alla gioia". La cifra cosmica dell'ispirazione dilata tuttavia la forma tradizionale in ben dieci movimenti (Introduction, Chant d'amour 1, Turangalìla 1, Chant d'amour 2, Joie du sang des étoiles, Jardin du sommeil d'amour, Turangalìla 2, Développement de l'amour, Turangalìla 3, Final). La costruzione è unificata da quattro temi ciclici: nel profilo simbolico dei primi due, definiti da Messiaen "tema-statua", affidato ai tromboni, e il secondo "tema fiore", affidato ai clarinetti, si potrebbe rintracciare la contrapposizione maschile-femminile della Forma Sonata.

Il quarto tema ciclico, il "tema d'accordi" si presenta come un cangiante e variato sfondo armonico, mentre il terzo, "tema d'amore" può ritenersi il tema principale della composizione in quanto nucleo simbolico dell'intero lavoro. La Turangalìla-Symphonie celebra infatti l'Eros come forza cosmica dominante: «amore fatale, irresistibile», secondo Messiaen, «che trascende tutto, che sopprime tutto al di fuori di se stesso, così come è simbolizzato dal filtro di Tristano e Isotta». E della "Trilogia di Tristano e Isotta" - come il compositore definirà il suo trittico dedicato al tema dell'amore, comprendente Harawi per soprano e pianoforte (1945) e i Cinq Rechants per coro a cappella (1949) - la grande Sinfonia Turangalìla è il pannello centrale.

L'allusione al Tristan und Isolde, nell'incipit melodico del "tema d'amore", è tra le prime testimonianze - l'ultima in ordine di tempo sarà la struttura leitmotivica dell'opera teatrale Saint François d'Assise (1983) - della grande ammirazione di Messiaen per Wagner, ammirazione che può sorprendere soltanto coloro che continuano a iterare l'immagine fuorviante di un Messiaen padre dell'avanguardia seriale degli anni Cinquanta anziché quella più pertinente di un Messiaen eclettico, originale e geniale prosecutore della grande stagione simbolista francese. Se poi è necessario trovare un modello per la concezione formale della Turangalìla bisognerà piuttosto cercarlo nella iperdilatazione della forma sinfonica di un Gustav Mahler anziché ne La Mer di Debussy.

Spostando l'asse dell'analisi sulla ritmica, sul trattamento e sulla combinazione dei volumi orchestrali, sulle complesse stratificazioni armoniche, la Sinfonia mostra un ulteriore riferimento significativo: l'influenza del fauvismo musicale. L'ammirazione di Messiaen per Le Sacre du Printemps di Stravinskij risale notoriamente alla seconda metà degli anni Venti e uno dei suoi esordi orchestrali, Les Offrandes oubliées (1930), ne rivela in modo piuttosto diretto l'influenza. Sedici anni dopo, quando le celebri analisi della ritmica stravinskiana si diffondevano tra gli allievi di Messiaen, primo fra tutti Pierre Boulez, il fascino per il mito del primitivo - che ancora una volta in Francia interessava una vasta area artistico-culturale da Gauguin a Matisse, da Rousseau il doganiere al giovane Picasso - si manifesta tra le principali eredità della prima metà del secolo accolte nella Turangalìla.

Altri aspetti di questa fortunata Sinfonia saranno destinati a successivi sviluppi in Messiaen. Essa conferma, nella elaborata scrittura della parte solistica del pianoforte, la sempre maggiore importanza che questo strumento - si pensi ai grandi cicli pianistici degli anni Quaranta quali le Visions de l'Amen (1943) o i Vingt Regards sur l'Enfant Jésus (1944) - assumerà nel cammino creativo del compositore. A questo proposito egli non mancherà di sottolineare come la Turangalìla, opera di grande sintesi formale, rappresenti «una sorta di Concerto per pianoforte e orchestra».

Infine il risalto dato nella partitura alla sonorità surreale delle Onde Martenot tocca la viva fantasia e sperimentazione timbrica caratteristica del compositore. E sarà proprio la dimensione del rapporto suono-colore, della ricerca di correspondances sinestetiche, già esplorata nella Turangalìla, a riemergere con forza negli ultimi grandi lavori sinfonici degli anni Settanta e Ottanta.

Raffaele Pozzi

Temi e strumenti della Turangalila

Per quello che riguarda la struttura formale dell'opera, oltre ai vari temi specifici propri a ciascuno dei dieci movimenti, Turangalila propone quattro temi ciclici principali, disseminati un po' ovunque nel corso dell'opera.

Il primo tema ciclico, il "tema statua" prosegue per intervalli di terza ed è quasi sempre eseguito dai tromboni in fortissimo, ha una prepotenza che Messiaen definisce di «massiccia e terrificante brutalità» e riconduce ad antichi monumenti messicani, imponenti e minacciosi. «Mi ha sempre fatto pensare a qualche statua terribile e fatale. Io lo chiamo "tema statua". Si pensi a La Venere d'Ille di Prosper Mérimée».

Nel secondo tema ciclico l'autore dialoga con la natura, ne rivela passo dopo passo le verità più intime e ambigue, ne descrive i colori e le atmosfere. L'immagine dei fiori e la loro delicatezza vengono evocate da due voci, «come due occhi che si ripetono», affidate ai clarinetti in pianissimo. «L'immagine più appropriata, in questo caso, è quella di un fiore. Si pensi alla tenera orchidea, al carattere decorativo della fucsia, al rosso gladiolo, alla fragilità del vilucchio... Lo chiamo quindi "tema fiore"».

Il terzo tema ciclico è quello che Messiaen definisce centrale, il più importante di tutti. È il "tema dell'amore", che apparirà nella sua interezza nel sesto movimento, evocato dall'Onde Martenot e dagli archi in sordina.

Il quarto tema è costituito da una semplice progressione di accordi, dove sfondi sonori diversi vengono presentati per contrasti e contrapposizioni: «Più che un tema è un pretesto per creare una varietà di fondi sonori diversi: è così, per esempio, che si stabilisce l'opposizione tra gli accordi ritmati, con cambiamenti di registri, del pianoforte solo, e gli stessi accordi affidati agli stessi timbri d'orchestra tramite un gioco di incroci contrappuntistici (...). Qui come altrove, sia che si protenda in avanti verso il registro grave in pesanti masse nere, o che sia disseminato in figure, in leggeri arpeggi, questo "tema di accordi" realizza la formula dottrinale degli alchimisti: "dissociare e coagulare"».

La strumentazione

Nella Turangalila-Symphonie la strumentazione innovativa ed originale dà vita ad una poetica spirituale espressa in una propagazione grandiosa, dove le idee musicali e le immagini si susseguono più per decisi contrasti che secondo uno sviluppo lineare. La formazione orchestrale è vastissima ed eterogenea, e strumenti tradizionali sono affiancati ad elementi etnici in un vasto contrappunto di ritmi e sonorità. I legni, a gruppi di tre, sono utilizzati in assoli, contrappunti, canti d'uccelli, in gruppi armonici indipendenti, simultaneamente nel registro acuto e grave.

Nel folto gruppo degli ottoni una tromba piccola in re conferisce un grado più alto e squillante al fortissimo. I temi sono spesso affidati ai corni (il primo tema del Finale), e il "tema statua" è eseguito dai tromboni. Il gruppo degli ottoni inoltre non si limita ad intervenire in qualche tema poderoso, ma spesso suona - dando sfoggio di un virtuosismo del tutto particolare - alla stessa velocità dei legni. Gli archi controbilanciano gli altri gruppi strumentali quanto a ponderosità: vi sono sedici violini primi, sedici violini secondi, quattordici viole, dodici violoncelli e dieci contrabbassi. Nonostante la mole essi intervengono a volte come gruppi solistici, come nel nono movimento dove 13 archi suonano a 13 parti reali indipendentemente dalle altre voci dell'orchestra. Gli strumenti a tastiera, glockenspiel, celesta, vibrafono, insieme col pianoforte solista e con le percussioni metalliche, formano un piccolo nucleo omogeneo a se stante, ben distinguibile all'interno della grande orchestra. La sua sonorità richiama secondo Messiaen il gamelan, l'orchestra giavanese che comprende soprattutto vari xilofoni e metallofoni, grandi e piccoli gong, carillons e tamburi allungati chiamati kendangs. Le percussioni sono numerosissime e di vari tipi, e giocano un ruolo importante: oltre alla funzione puramente decorativa eseguono, come afferma l'autore, contrappunti di lunga durata e veri e propri temi ritmici. Gli strumenti sono di tre tipi e si differenziano in base al materiale nel quale sono costruiti: "minerali", "vegetali" e "animali".

Il pianoforte e le Onde Martenot hanno un ruolo fondamentale, e suonano spesso come strumenti solisti, il pianoforte richiede un virtuosismo straordinario, tanto da rendere la Turangalila-Symphonie "quasi un concerto per piano e orchestra". Esso interviene nel corso dell'intera Sinfonia, legando i vari elementi e imponendosi a volte come elemento dominante, come nella cadenza del quinto movimento dove sovrasta addirittura un "tutti" orchestrale. Lo strumento partecipa al gamelan e nel sesto movimento - Giardino del sonno d'amore- richiama anche il canto degli uccelli.

L'Onde Martenot costituisce un elemento di curiosità della Turangalila-Symphonie. Strumento elettronico della prima generazione, venne presentato all'Opera di Parigi nel 1928 dall'inventore e musicista Maurice Martenot: composto da una tastiera e tre diffusori, rappresentò per l'epoca un'innovazione, giacché fu il primo strumento elettronico in grado di creare effetti polifonici. È costituito da un oscillatore elettronico, dei condensatori elettrici corrispondenti a varie frequenze, un altoparlante e un risuonatore. Di eccezionali ricchezza timbrica e intensità sonora può passare dal pianissimo più impercettibile ad un fortissimo capace di sovrastare il più imponente "tutti" orchestrale. Numerosi autori ne apprezzarono le potenzialità: Milhaud, Jolivet, Koechlin, Schmitt, Ibert, Honegger e Boulez scrissero lavori specifici per l'Onde Martenot o inclusero lo strumento nell'organico di alcuni loro lavori.

Considerando la strumentazione, la struttura e gli elementi pulsivi che ne sono alla base si può considerare la Turangalila Symphonie il primo lavoro orchestrale di Messiaen in cui emergono tutte le differenti variabili del suo linguaggio e delle sue ispirazioni: il canto degli uccelli, l'estasi religiosa, la contemplazione dell'universo creato non sono che le visioni che costituiscono la trama ideologica sulla quale s'intesse l'ordito sostanziale del suo materiale musicale: la ritmica nervosa ed inquietante, la timbrica sontuosa, eterogenea ed etnica, la smisurata, speculativa e monumentale costruzione formale.

Rosita Ferrato


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia.
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 8 aprile 2001


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Ultimo aggiornamento 1 luglio 2017