Le dodici Sinfonie di Darius Milhaud - alle quali, ora, bisogna aggiungere la Symphonie pour l'Univers claudéìien, composta nel 1968 (e che porta il numero d'opus 427) - appartengono tutte alla maturità del musicista: e questo non per caso o perché voluto dalle circostanze, ma perché il compositore aveva deciso di cominciare a comporre Sinfonie, solamente quando avesse raggiunto i cinquantanni. E nelle sue Note sans musique giuistifica questa decisione così: «Je voulais éviter d'avoir derrière moi une ou plusieurs symphonies de jeunesse, qui auraient nui à l'unite d'une sèrie de symphonies de l'àge mur».
Una commissione dell'Orchestra Sinfonica di Chicago lo obbligò ad anticipare di qualche anno il termine che si era fissato: e nel 1939 compose la sua Première Symphonie che comportava i quattro movimenti classici.
La Sixième Symphonie fu composta nel 1955 per celebrare il LXXV anniversario della fondazione della «Boston Symphony Orchestra». Opera di circostanza, dunque, ma la cui origine non pesa troppo sulla qualità del lavoro. L'alternarsi dei suoi quattro movimenti ne definisce bene il carattere. E' un'opera espressiva il cui tema iniziale, affidato agli archi, resta vivo nella memoria; ed i quattro movimenti sono ampiamente sviluppati. Più che sull'individualità e la fisionomia della sostanza tematica, questo lavoro - come molti altri del musicista - attira la nostra attenzione per lo sfruttamento ingegnoso che l'autore fa dei suoi temi - ed è una testimonianza di più della straordinaria fecondità dell'autore le facoltà inventive del quale sono sempre in attività. Musica gradevole, preoccupata soprattutto di non sconcertare troppo l'uditore medio, e monda da quell'espressione volgare di origine popolaresca alla quale il musicista indulge in altri lavori.
Domenico De' Paoli