La Mort du tyran, op. 116

per coro e strumenti

Musica: Darius Milhaud (1892 - 1974)
Testo: Lampride tradotto da D. Diderot
Organico: coro misto, ottavino, clarinetto, basso tuba, percussioni
Composizione: Parigi, 1932
Prima esecuzione: Parigi, Concert Sérénade, 25 maggio 1933
Edizione: Chant du Monde, Parigi
Guida all'ascolto (nota 1)

Nel 1918 apparve in alcune librerie parigine un opuscolo di Jean Cocteau dal titolo «Le Coq et l'Arlequin» (Il Gallo e l'Arlecchino), in cui l'animatore più lucido e scanzonato della giovane avanguardia francese del tempo esprimeva pensieri brillanti e osservazioni impertinenti sull'arte in generale e sulla musica in particolare. Un parlare franco e senza metafora su quella che doveva essere la strada da percorrere per disintossicarsi dalla narcosi dell'impressionismo, così da assumere un atteggiamento artistico più concreto e umano sintetizzato nella seguente frase sottilmente polemica contro il «mostro sacro» Debussy e che allora suscitò notevole scalpore: «Assez de nuages, des vagues, d'ondines et de parfums la nuit; il nous faut une musique sur la terre, une musique de tous les jours». Con questo ritorno della musica sulla terra, in aperta reazione alle fumose e smidollate atmosfere del decadentismo impressionistico, nasceva l'estetica del cosiddetto «Gruppo dei Sei» (Darius Milhaud, Arthur Honegger, Francis Poulenc, Georges Auric, Louis Durey, Germaine Tailleferre), che elesse a suo patrono e santo protettore Erik Satie, musicista estroso e disuguale, ma importante e singolare soprattutto per lo spirito corrosivo e il temperamento ribelle che dimostrò in più occasioni nei confronti di ogni conformismo, dall'alto della sua socratica irriverenza nella solitudine di Arcueil, un quartiere industriale della periferia parigina.

Infatti la novità dei Sei non sta nell'aver proclamato e organizzato una nuova scuola e un nuovo stile in musica (erano artisti di diversa formazione e di varia provenienza etnica e culturale), quanto nell'aver espresso una posizione controcorrente di gusto decisamente francese (la lezione del primo Stravinsky di Petruska e del Sacre du printemps è seguita attentamente, ma tenuta a debita distanza, perché «inficiata di slavismo», come sostiene l'autorevole critico dei Six, Paul Collaer) tesa a valorizzare forme e soggetti più disparati con un linguaggio semplice e immediato, senza concessioni alle ragioni del cuore, e in cui si ritrova di tutto: dalla ricerca per le grandi costruzioni sonore ai ritmi vivaci e taglienti del jazz; dai richiami a Bach, inteso come controaltare di Beethoven, la cui grandezza è stata fin troppo consumata da tutti, alle melodie carezzevoli e orecchiabili del café-concert. Un movimento, quindi, di svecchiamento anche formale della musica, al di là di una certa sventatezza di libera fantasia solleticata e stimolata dall'esempio di Cocteau e di Satie, i due «ragazzacci» della cultura parigina degli anni Venti.

In questa équipe dei Six (la denominazione fu lanciata da Henri Collet in un articolo del periodico «Comoedia» intitolato: «Les Cinq Russes, les Six Francais et Erik Satie») il ruolo assolto da Milhaud, il francese di Provenza di religione israelitica, come egli stesso amava definirsi, è stato molto rilevante sia per la impressionante prolificità della produzione (più di 300 lavori, spazianti dall'operistica alla sinfonica - ben 12 sinfonie -, dalla cameristica e vocalistica al balletto) e sia per i risultati espressivi raggiunti in alcuni dei suoi componimenti, dove ha utilizzato con spregiudicata versatilità tecniche antiche e moderne, modi arcaici e politonalismi, temi della liturgia ebraica e ritmi sudamericani, fino alla predilezione per il rumore e le figurazioni cubiste, così care ai futuristi. A questo proposito vale la pena di ricordare i titoli di alcune composizioni più tipiche e degne di maggiore interesse di questo musicista, considerato, a giusto motivo, il presidente effettivo dei Six: il balletto Le boeuf sur le toit, la rutilante fantasia in forma di rondò su temi brasiliani che nel 1920 gli diede fama internazionale, la suite di danze per orchestra Saudades do Brasil (1920), La création du monde (1923), i tre atti Les Malheurs d'Orphée (1926), l'atto unico Le pauvre matelot (1927), il balletto Salade (1924), il mastodontico affresco teatrale Christophe Colombe (1930), la vigorosa cantata La mort d'un tyran (1932), l'opera David (1954), la trilogia da Eschilo L'Orestie (Agamennon, Les Choéphores, Les Euménides) (1963) e La mère coupable (1966), tre atti ricavati da un testo spiritoso di Beaumarchais, ultima parte del trittico dedicato al personaggio di Figaro.

Sentimentale, lirico, ma non dichiaratamente romantico, sanguigno, aggressivo, ironico, eccentrico e anticlassico (il suo rifiuto della razionale clarté raveliana è molto più marcato di quello espresso nei confronti delle evanescenti nuages debussyane), Milhaud è stato definito dai suoi esegeti un temperamento eclettico con tendenza all'estroversa fastosità barocca per la disinvolta bravura nel costruire opere grandiose e monumentali e «opéras-minutes», anche a scopo didascalico e descrittivo; ma a nostro avviso quello che colpisce di più in lui è la sua natura di artista solare e mediterraneo, amante più del colore che del discorso strumentale (il suo primo entusiasmo giovanile, a parte il legame profondo con la poesia di Claudel, è stata la pittura di Cézanne) e rivolto a tratteggiare situazioni psicologiche chiare e dai contorni netti, espresse con una musica sostanzialmente sobria nella ricerca dell'equilibrio sonoro ed estremamente varia e articolata nella strumentazione.

La mort d'un tyran è tra i lavori più indicativi del Milhaud controcorrente e rivolto alla ricerca della essenzialità espressiva e di un tipo di linguaggio asciutto e scarnificato. Il testo della cantata è di Elio Lampridio, così come ci è stato tramandato da una biografia del IV secolo, intitolata "Historia Augusta" e tradotta in francese da Diderot, di cui viene riportata nella partitura questa frase: «Fra le tante citazioni riferite dal biografo ce n'è una che richiamerà l'attenzione di ogni persona di gusto e di ogni anima nobile e generosa. Sono le manifestazioni di gioia e le imprecazioni di rabbia che il popolo ha tumultuosamente lanciato alla morte di Commodo, sotto cui aveva subito ogni sorta di ingiustizia, e all'elezione del suo successore Pertinace, dal quale si riprometteva giorni migliori. Morto il tiranno, le anime liberate dal terrore fecero udire le grida terrificanti che Lampridio ci riferisce e noi ci sforziamo di tradurre». Si tratta di una forma di "protest music" in cui il coro a quattro voci scandisce in modo vivace e tagliente i sentimenti spontanei e irrefrenabili del popolo finalmente recuperato alla libertà. È un quadro efficace e di scultorea forza di rappresentazione, realizzato, oltre che dal coro, dall'ottavino, dal clarinetto, dalla tuba e da un gruppo di strumenti a percussione.

Testo

LA MORT D'UN TYRAN

«Que l'on arrache les honneurs à l'ennemi de la Patrie! le parricide! le gladiateur! Qu'on arrache les honneurs au parricide, qu'on traîne le parricide, qu'on le jette à la voirie! Qu'il soit déchiré, l'ennemi des dieux, le parricide du sénat. A' la voirie le gladiateur, l'ennemi des dieux, l'ennemi du sénat. A' la voirie! Il a massacré le sénat, à la voirie! Qu'il soit déchiré à coups de cores. Il a massacré l'innocent. Qu'on le déchire! Tu as tremblé pour nous, tu as tremblé avec nous, tu as partagé nos dangers, o Jupiter, si tu veux notre bonheur conserve nous Pertinax. Gloire à la fidélité des prétoriens, aux armées romaines, à la piété du sénat. Pertinax, nous te le demandons. Dis avec nous que les délateurs soient exposés aux lions! Oui, aux lions, les gladiateurs! Victoire à jamais au peuple Romain, liberté, victoire! Honneur à la fidélité des soldats, aux cohortes prétoriennes. Que les statues du tyran soient abattues partout! Qu'on abatte le parricide, le gladiateur. Qu'on traîne l'ennemi des citoyens, qu'on brise ses statues. Tu vis, tu nous commandes et nous sommes heureux. Ah, oui, nous le sommes vraiment, dignement, librement. Nous ne craignons plus. Tremblez délateurs! Notre salut le veut! Hors du sénat les délateurs! A' la hache, aux verges les délateurs. Périsse la mémoire du parricide, du gladiateur. Périssent les statues du gladiateur! A' la voirie le gladiateur! César, ordonne les crocs, que le parricide du sénat soit déchiré, ordonne. C'est l'usage de nos aïeux. Il fut plus cruel que Domitien, plus impur que Néron! Qu'on lui fasse comme il a fait. Réhabilite les innocents! Rends honneur à la mémoire des innocents. Réhabilite les innocents! Qu'il soit traîne! Ordonne, nous te le demandons tous, qu'il soit traîne, il a mis le poignard dans le sein de tous, il a dépouillé les temples, il a violé les testaments, il a ruiné les familles, il a mis les têtes à prix, il a vendu le sénat il a spolié l'héritier. Qu'il soit traîne! Hors du sénat, ses délateurs. Hors du sénat, les corrupteurs, d'esclaves. Tu as tremblé avec nous, tu sais tout! Tu connais les bons et les méchants, tu sais tout! Punis qui l'a mérité. Répare les maux qu'on nous fait. Nous avons tremblé pour toi. Nous avons rampé sous nos esclaves. Tu règnes, tu nous commandes, nous sommes heureux. Oui, nous les sommes. Qu'on fasse le procès au parricide! Ordonne son procès! Viens, montre toi! Nous attendons ta présence. Hélas! Les innocents sont encore sans sépulture. Que le cadavre du parricide soit traîne! Le parricide a ouvert les tombeaux: il en a fait arracher les morts. Que son cadavre soit traîne!».

LA MORTE DI UN TIRANNO

«Rifiutate ogni onore al nemico della Patria! al parricida! al gladiatore! Rifiutate ogni onore al parricida, trascinate il suo corpo e gettatelo nella fogna! Fatelo a pezzi, il nemico degli dei, il parricida del senato. Nella fogna il gladiatore, il nemico degli dei, il nemico del senato. Alla fogna! Ha compiuto stragi nel senato, gettatelo nella fogna! Le sue carni siano straziate a colpi di uncini. Ha fatto uccidere l'innocente! Ha tramato la tua morte. Le sue carni siano straziate! Tu hai tremato per noi e con noi, tu hai diviso i nostri pericoli: o Giove, per il nostro bene, conservaci Pertinace. Gloria alla fedeltà dei pretoriani, all'esercito romano, alla pietas del senato. Pertinace noi te lo chiediamo. Dì con noi che i delatori siano esposti ai leoni! Sì, sia esposto ai leoni, il gladiatore! La vittoria arrida sempre al popolo romano: vittoria e libertà! Gloria e fedeltà dei soldati, alle corti pretoriane, alle armi romane! Abbattete ovunque le statue del tiranno: abbattete il parricida, il gladiatore. Il nemico dei cittadini sia trascinato, le sue statue siano distrutte. Tu vivi, ci comandi e noi siamo felici. Ah, si, lo siamo veramente, con dignità e libertà. Non abbiamo più paura. Tremate delatori! La nostra salvezza lo esige! Via dal senato i delatori! Alla scure, alle verghe i delatori. Sia cancellato il ricordo del parricida, del gladiatore. Siano distrutte le statue del gladiatore. Alla fogna il gladiatore! Cesare, ordina gli uncini ordina che il parricida del senato sia straziato. È il costume dei nostri avi. Egli fu più crudele di Domiziano, più impuro di Nerone! Lo si tratti come ha agito. Riabilita gli innocenti! Ordina che sia trascinato, ha messo il pugnale nel petto di tutti, ha spogliato templi, ha violato i testamenti ha rovinato le famiglie, ha posto taglie su ciascuno di noi, ha venduto il senato, ha spogliato l'erede. Che sia trascinato! Via dal senato le sue spie. Via dal senato i corruttori di schiavi. Tu hai tremato con noi, tu sai tutto, punisci chi l'ha meritato. Ripara i mali che ci hanno fatto. Abbiamo tremato per te. Abbiamo strisciato sotto i nostri schiavi. Tu regni, tu ci comandi e noi siamo felici. Sì, lo siamo. Il parricida sia processato. Ordina il suo processo! Vieni, mostrati! Noi aspettiamo di vederti. Ahimé! Gli innocenti sono ancora insepolti! Sia trascinato il cadavere del parricida! Il parricida ha scoperchiato le tombe: ne ha fatto togliere i morti. Trascinate il suo cadavere!»

(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia.
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 16 novembre 1986


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Ultimo aggiornamento 13 aprile 2017