Fra cento affanni, K1 88 (K6 73c)

Aria per soprano ed orchestra

Musica: Wolfgang Amadeus Mozart (1756 - 1791)
Testo: Pietro Metastasio dall'Artaserse Organico: soprano, 2 oboi, 2 corni, 2 trombe, archi
Composizione: Milano, febbraio 1770
Prima esecuzione: Milano, palazzo del conte Firmian, 12 marzo 1770
Guida all'ascolto (nota 1)

L'aria «Fra cento affanni» KV 88 (73c) viene composta a Milano nel 1770. Il testo è tratto da Artaserse (I, 2): Arbace, destinato ad attirare su di sé il sospetto del regicidio commesso dal padre Artabano, è sul punto di ruggire, e nel suo animo si agitano disperazione, timore, angoscia, dolore. Situazione drammaturgica e testo richiedono un'«aria di smanie», il cui codice retorico Mozart dimostra di padroneggiare con assoluta precisione scrivendo una grande aria eroica, di altissimo coefficiente virtuosistico. L'attacco dell'introduzione-ritornello orchestrale, derivato dalla prima e della terza intonazione del testo («Fra cento affanni e cento»), costituisce in certo senso la sigla dell'intera aria: la frase s'interrompe subito, resta sospesa nell'aria, separata com'è dal prosieguo del periodo da una fermata, a rappresentare la piena emotiva del personaggio, quasi incapace di dare un seguito all'esclamazione iniziale. Ed è inoltre significativo che il periodo orchestrale denominato «x», dall'incedere affannoso e rircospetto, sia sotteso non soltanto a tutte e quattro le intonazioni del testo della parte principale, ma ricompaia anche nel corso di quella secondaria, uniformata nell'individuazione affettiva come nella qualità di scrittura alla parte principale. L'altro periodo dell'introduzione, qui definito «y», viene invece impiegato per i soli ritornelli orchestrali. Lo stile vocale si divide tra un robusto declamato, ricco di ampi salti melodici e la diffusa coloratura dei passaggi vocalizzati, presenti in ogni sezione della parte principale.

Cesare Fertonani

Testo

«Fra cento affanni e cento
palpito, tremo e sento
che freddo dalle vene
fugge il mio sangue al cor.
Prevedo del mio bene
il barbaro martiro,
e la virtù sospiro,
che perde il genitor».
(1) Testo tratto dallo speciale della rivista Amadeus, ottobre 1995


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Ultimo aggiornamento 10 agsoto 2014