Concerto n. 7 in fa maggiore per tre pianoforti, K 242 "Lodron"


Musica: Wolfgang Amadeus Mozart (1756 - 1791)
  1. Allegro (fa maggiore)
  2. Adagio (si bemolle maggiore)
  3. Rondò. Tempo di Minuetto (fa maggiore)
Organico: 3 pianoforti, 2 oboi, 2 corni, archi
Composizione: Salisburgo, febbraio 1776
Prima esecuzione: Augsburg, Konzertsaal, 22 ottobre 1777
Edizione: Andrè, Offenbach 1802 (versione per due pianoforti)
Dedica: contessa Antonia Lodron ed alle sue figlie Aloisia e Giuseppa
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Il Concerto per tre pianoforti e orchestra K 242 fu composto da Mozart nel 1776 durante il soggiorno salisburghese che coincideva con il suo ventesimo anno di età. Un periodo che il biografo mozartiano De Saint Foix caratterizza così: « ...il giovane ha venti anni La natura parla in lui più forte che ogni altra circostanza esteriore: coscientemente o no Mozart si abbandona completamente a questa influenza irresistibile dei vent'anni e la deliziosa primavera che da tempo si preparava nel suo cuore di poeta si espande liberamente... Quando si considera la produzione di questo 1776 essa ci appare come una continuazione di quella dell'anno precedente...: ci si ritrova lo stesso gusto ad accettare passivamente le regole antiche senza neanche provare a farle fruttificare... la musica di Mozart resta sempre di genere «galante»... sentiamo inoltre che salvo nei movimenti lenti il giovane continua ad evitare le espressioni approfondite e non mira che ad essere elegante, leggero, divertente o brillante... » Che sono appunto le caratteristiche del Concerto per tre pianoforti che fu composto da Mozart per una dama dell'aristocrazia di Salisburgo, la contessa Lodron, e per le sue due figlie. Una occasione compositiva che ci dice come Mozart, in questo periodo particolarmente felice della sua vita, avesse preso a frequentare il bel mondo salisburghese e che spiega anche il carattere elegante e grazioso di un'opera destinata ai più brillanti salotti della città.

« Il Concerto è in questo senso - nota ancora il De Saint Foix - un perfetto «specimen» di questa «maniera» mozartiana. Tutto vi è infinitamente chiaro, semplice ed elegante senza eccessi di passioni e di virtuosismi. I tre temi hanno lo stesso carattere generale... Lo stile è generalmente omofono, malgrado le possibilità contrappuntistiche che avrebbe potuto offrire l'impiego simultaneo di tre pianoforti... Quanto alla strumentazione si deve notare che il ruolo dei tre pianoforti è tutt'altro che uguale; in realtà solo i primi due si dividono il canto e le parti fondamentali dell'accompagnamento: il terzo ha invece poche cose da fare, la sua parte essendo stata scritta per un allievo ancora assai giovane e alle prime armi... Ma ciò che colpisce maggiormente nella strumentazione del concerto è l'assoluta insignificanza del ruolo assegnato all'orchestra, salvo che nelle introduzioni e nei finali dei tre movimenti... ».

Nel primo movimento dopo un preludio dell'orchestra dove sono esposti i due temi principali i tre pianisti attaccano all'unisono il primo tema mentre l'orchestra tace del tutto. E sono i tre solisti che monopolizzano poi l'intera prima parte dello sviluppo fino a un lungo ritornello dell'orchestra il cui canto è affidato ai secondi violini su un ritmo sincopato dei primi e con piccoli movimenti degli oboi e degli altri archi. Lo sviluppo riprende poi affidato ai tre solisti e caratterizzato da un lungo dialogo in imitazione tra i due primi pianoforti gli oboi e i violini. Una cadenza la cui caratteristica omofona viene appena messa in forse dalle successive entrate in imitazione dei tre strumenti solisti fa presto giungere alla ripresa orchestrale del tema che conclude il movimento. L'Adagio è il movimento dominante del concerto; si tratta di una sorta di sognante notturno caratterizzato da un canto di grande dolcezza e intimità che ricorda le più grandi creazioni della maturità mozartiana, tanto che nella serenata di Così fan tutte il musicista riprese il ritmo del primo tema di questo Adagio, esposto qui in un ammirevole preludio orchestrale, sul quale entrano i tre pianoforti scambiandosi tra loro il materiale tematico finché l'orchestra rientra in scena con leggere figure che mantengono viva una atmosfera armonica discreta e accattivante. Un piccolo tema esposto dai primi due pianoforti dà inizio allo sviluppo che precipita poi in una grande cadenza nel corso della quale, mentre il primo solista ripresenta i temi del movimento, il secondo ripete infaticabilmente un ritmo di triple crome mentre il terzo fa eco ai temi del primo.

Il tema del Rondò finale, assai breve, è un vero e proprio tema di minuetto esposto dai solisti, e ripreso poi dall'orchestra. Esso è caratterizzato da due intermezzi, uno in minore di ritmo energico e appassionato con frequenti imitazioni tra i due primi pianoforti ed un accompagnamento affidato agli oboi e agli archi, l'altro in si bemolle maggiore che apre la strada alla cadenza e al finale con una ennesima ripresa del tema sempre più variato ed accompagnato dal quartetto d'archi in «pizzicato».

Gianfilippo De Rossi

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

La letteratura per due o più strumenti a tastiera (cembalo, organo e infine pianoforte) con o senza accompagnamento orchestrale, fiorisce in tutt'Europa in coincidenza con la stagione alta dello stile galante, che fa esplodere la vecchia struttura del concerto grosso utilizzandone gli elementi concertanti in un nuovo spirito di amabile e piana "conversazione" contenente in sé i germi dell'imminente antagonismo drammatico, proprio allo "stile classico" di Vienna. Intorno agli anni 70, compositori e cembalisti alla moda come J. Ch. Bach, Wagenseil, Schubert, Schröter e altri erano affaccendati a produrre concerti per due o più strumenti, richiestissimi dagli editori e dai dilettanti. A questo genere "facile" in ogni senso e piacevole si attiene il primo dei due concerti mozartiani per più tastiere, quello in fa maggiore K. 242, composto a Salisburgo nel 1776 dietro commissione della famiglia Lodron, dei nobili "parvenu" molto amanti della musica, che già in varie altre circostanze avevano contribuito ad arricchire il catalogo mozartiano.

Mozart dovette tenere conto dei diversi livelli di abilità esecutiva nello scrivere le parti destinate ai tre pianisti dilettanti: giacché, nella sua versione originale, il Concerto fu concepito per tre pianoforti, anche se ne esiste una rielaborazione coeva (probabilmente approntata dallo stesso autore per sé e la sorella) per due tastiere. La garbata, affettuosa maniera del Bach milanese è il limite entro il quale l'insofferente genialità di Mozart mette in opera un potenziamento inusitato delle strutture e un'Intensificazione espressiva del pari estranea al codice di comportamento galante.

Giovanni Carli Ballola


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 7 aprile 1968
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Olimpico, Teatro Olimpico, 25 febbraio 1981


I testi riportati in questa pagina sono tratti, prevalentemente, da programmi di sala di concerti e sono di proprietà delle Istituzioni o degli Editori riportati in calce alle note.
Ogni successiva diffusione può essere fatta solo previa autorizzazione da richiedere direttamente agli aventi diritto.


Ultimo aggiornamento 1 luglio 2016