Concerto per corno n. 3 in mi bemolle maggiore, K 447


Musica: Wolfgang Amadeus Mozart (1756 - 1791)
  1. Allegro (mi bemolle maggiore)
  2. Romanza. Larghetto (la bemolle maggiore)
  3. Allegro (mi bemolle maggiore)
Organico: corno solista, 2 clarinetti, 2 fagotti, archi
Composizione: Vienna, 1783
Edizione: Andrè, Offenbach 1802
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Come per altri Concerti per strumento solista di Mozart, anche i Concerti per corno rivelano parentele strette con la produzione operistica del Salisburghese, soprattutto per lo straordinario equilibrio nel conciliare l'elemento drammatico con il virtuosismo strumentale, uniti a loro volta a una prodigiosa invenzione melodica e a un dominio impeccabile della scrittura orchestrale. Ciascuno dei Concerti per corno sviluppa una sorta di percorso narrativo che segue e si intreccia al fluido linguaggio ritmico e all'elegante trama strumentale.

Nel decennio compreso tra il 1781 e il 1791, Mozart compose almeno sei Concerti per corno, di cui soltanto tre sono giunti integri fino a noi. A questi ultimi si aggiunge il Concerto K. 412 che in realtà è una sorta di collage, realizzato con l'unione di due brani isolati. I tre lavori completi, cui Koechel assegna i numeri di catalogo 417, 447 e 495, dovrebbero essere stati scritti tutti per il medesimo virtuoso, il cornista Ignaz Joseph Leutgeb, o Leitgeb (1745-1811). Anch'egli nato a Salisburgo, aveva condiviso con i due Mozart, padre e figlio, il servizio presso la corte dell'arcivescovo Colloredo. Dopo una serie di felici tournée europee, che avevano toccato Parigi e Milano, si era infine stabilito a Vienna, dove aveva vissuto alternando il lavoro di musicista (discretamente famoso per giunta) con quello di commerciante in formaggi, attività avviata proprio grazie a un prestito di Leopold Mozart, presso il quale è proprio il giovane Amadé a intercedere in una lettera. La profonda amicizia che univa il cornista a Mozart è testimoniata anche dalle burle che il compositore si divertiva a tirare al musicista: seguendo l'inclinazione per le espressioni colorite che contraddistingueva l'intera famiglia Mozart, Wolferl infarcì la parte del corno nel Rondò del Concerto K. 417 di un'interminabile serie di ingiurie, mentre nel manoscritto del Rondò, che costituisce il movimento conclusivo del (sedicente) Concerto K. 412 il compositore annotò: "Wolfgang Amadeus Mozart si prese compassione di Leitgeb, somaro, bue e pazzo, a Vienna, il 27 di Maggio 1783".

Proprio l'assenza di queste pungenti facezie dal manoscritto del Terzo Concerto ha contribuito a rafforzare l'opinione (minoritaria) secondo la quale Mozart avrebbe scritto il Concerto K. 447 per un solista diverso, un musicista con cui non poteva permettersi siffatta girandola di goliardiche confidenze. In nessuna lettera di Mozart però si fa mai cenno a un altro cornista, e del resto il carattere intimo e affettuoso che caratterizza il Terzo Concerto, specie nel movimento centrale, sembrano adattarsi particolarmente alle qualità del suo concittadino e amico Leutgeb. Del resto, è lo stesso Mozart a sostenere, in una lettera scritta dopo l'esibizione di Leutgeb ai Concert Spirituel del 1770, che il suo amico era in grado di "cantare un adagio con la più dolce, accattivante e impeccabile delle voci"; ciononostante, vari studiosi hanno sottolineato come la particolare estroversione virtuosistica del primo e del terzo movimento del Concerto K. 447 faccia pensare a un autore maggiormente smaliziato sotto il profilo tecnico e dalla professionalità più solida.

Quanto alle difficoltà tecniche, corre l'obbligo di ricordare che Mozart, come i suoi predecessori, scrisse i suoi Concerti per corno naturale, uno strumento ancora privo delle moderne chiavi, quindi riservato a musicisti dalle qualità non comuni. Prima che le chiavi fossero brevettate in Prussia attorno al 1815-16, il corno naturale permetteva solo l'emissione dei suoni armonici, che il tubo ritorto terminante in un padiglione emetteva mediante la pressione dell'aria e la tensione delle labbra. Proprio per questo esistevano corni con diversi canneggi, cioè ad altezza variabile, mentre ad alcuni strumenti si potevano aggiungere delle "ritorte", porzioni di tubo che aumentavano la lunghezza del canneggio, variando così il suono base e tutta la serie di armonici. Attraverso la mano, inserita nel padiglione dello strumento si potevano produrre altri suoni, calanti o crescenti, con cui si integravano le note mancanti, malgrado l'evidente differenza timbrica.

Le caratteristiche tecniche del Terzo Concerto appaiono oggi sorprendenti, dal momento che si tratta di una partitura difficile anche per un moderno solista, e che doveva quindi presentarsi come di inusitata difficoltà per chi - all'epoca di Mozart - disponeva del solo corno naturale.

In merito alla datazione del Terzo Concerto, nonostante varie incertezze, un tempo si concordava generalmente sull'anno 1783, dopo il ritorno di Mozart a Vienna da un breve soggiorno salisburghese; oggi, dopo gli studi di Alan Tyson sulle carte originali, si è propensi a una datazione più tarda per i movimenti estremi, attorno al 1787, mentre soltanto la Romanza centrale risalirebbe all'84.

Lo schema del Concerto solistico settecentesco viene nel complesso rispettato, ma a differenza dei Concerti precedenti Mozart sostituisce agli oboi i clarinetti, che affiancati ai fagotti arricchiscono sensibilmente la tavolozza dell'orchestra. Viene anche conferito un maggior sviluppo al dialogo fra strumento solista e orchestra, la quale nell'Allegro iniziale (4/4, mi bemolle maggiore), ad esempio, invece di intercalare semplicemente gli interventi in assolo del solista viene anche investita di piena luce, come nella modulazione in minore a metà del primo movimento. Alla fine di questo primo movimento Mozart offre al solista non una ma ben due cadenze, una scritta, l'altra lasciata all'arbitrio dell'esecutore.

L'afflato intimo che attraversa la Romanza centrale regala al Concerto un momento di ispirata profondità, dai tratti quasi malinconici. Il tema in 2/2 del Larghetto si dipana infatti su una linea musicale di poetica affettuosità, ottenuta sfruttando al massimo le non infinite possibilità coloristiche dello strumento e segnando financo passaggi di assoluta originalità armonica, del tutto inusuali nei Concerti dell'epoca. Nel movimento centrale, come già in quello di apertura, il disegno melodico presagisce il futuro Concerto per clarinetto, ovvero corno di bassetto.

Una viva memoria dell'antico uso venatorio del corno si riconosce nel gioioso Allegro conclusivo, presentando una vivace scena di caccia che, seppure stagliata su orizzonti affatto mutati, sarà possibile ritrovare a un secolo di distanza nel terzo movimento della Sinfonia Romantica di Bruckner. Scritto in forma di Rondò, il movimento finale vede riemergere anche il tema della Romanza, sempre in la bemolle, ma modificato nel ritmo e ampliato sotto l'aspetto melodico.

Nel complesso la scrittura strumentale, con le parti assai elaborate di clarinetti e fagotti, conferisce al Terzo Concerto una qualità e un'ampiezza che lo distacca dalle opere precedenti, innalzandolo una spanna al di sopra dei suoi confratelli e quasi alla pari delle migliori pagine per solista e orchestra del catalogo mozartiano.

Andrea Penna

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

È di gran lunga il più importante dei quattro concerti per corno di Mozart. Il notevole impegno virtuosistico, la profondità espressiva, la sottigliezza nell'impiego dei timbri hanno spinto alcuni a spostare assai avanti la data di composizione (comunemente fissata al 1783) fino a farla coincidere con quella delle ultime e più grandi opere di Mozart. Da notare l'insolita strumentazióne che vede sostituiti gli oboi e i corni di orchestra con i clarinetti e i fagotti

Dopo un intenso primo tempo, la Romanza centrale si propone come un momento di fascino straordinario. Il finale è, come nel concerto precedente, una scena di caccia, trattata però con vivacità e originalità tali da farne la degna conclusione di un concerto che può dirsi forse il più bello dell'intero repertorio per corno e orchestra.


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorium Parco della Musica, 19 Maggio 2007
(2) Testo tratto dal Repertorio di musica sinfonica a cura di Piero Santi, Giunti Gruppo Editoriale, Firenze, 2001


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Ultimo aggiornamento 1 luglio 2016