Concerto n. 2 in mi bemolle maggiore per corno e orchestra, K 417


Musica: Wolfgang Amadeus Mozart (1756 - 1791)
  1. Allegro maestoso (mi bemolle maggiore)
  2. Andante (si bemolle maggiore)
  3. Rondò (mi bemolle maggiore)
Organico: corno solista, 2 oboi, 2 corni, archi
Composizione: Vienna, 27 maggio 1783
Edizione: Andrè, Offenbach 1802

Scritto per il cornista Joseph Ignaz Leutgeb
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Nel periodo viennese legato alla sua attività di virtuoso del pianoforte (tra il 1782 e il 1786 nascono non meno di quindici importanti «Concerti per pianoforte») Mozart scrisse i quattro «Concerti per corno e orchestra» e precisamente il K. 412 in re maggiore, il K. 417 in mi bemolle maggiore, il K. 447 in mi bemolle maggiore e il K. 495 in mi bemolle maggiore. Essi, insieme al Quintetto concertante per corno e archi K. 407 in mi bemolle, furono composti per Ignazio Leutgeb, che era un valente strumentista salisburghese che il padre di Mozart aveva aiutato finanziariamente «a comprare a credito una casetta, piccola come un guscio di chiocciola, con licenza di caseificio» in un sobborgo di Vienna. Leutgeb nutriva una profonda ammirazione per Mozart, ma questi, pur stimandolo come cornista, lo considerava un ignorante e un superficiale, come è documentato in alcune frasi scritte dallo stesso compositore sul frontespizio delle partiture dei Concerti per corno.

Ad esempio, proprio sul frontespizio del secondo concerto, che apparve il 27 maggio 1783 a Vienna, è scritto: «A. Mozart ha avuto pietà di quell'asino, bue e pazzo di Leutgeb». Mentre a margine del rondò del concerto in re maggiore sono così annotate le pene del povero cornista: «Adagio a lei signor asino, animo, presto, coraggio, oh che stonatura! oh che seccatura! respira un poco, avanti, avanti porco infame, oh maledetto! bravo, ah trillo di pecore, finisci?, grazie al ciel, basta, basta!». Leutgeb accettava di essere strapazzato in questo modo e tollerava docilmente gli scherzi di Mozart, contento di poter suonare quella musica scritta appositamente per lui, soprattutto perché si adattava in maniera superba al carattere dello strumento. Certo questi lavori non raggiungono il livello dei concerti per pianoforte, ma si lasciano ammirare per l'ampia linea melodica, il brio virtuosistico e la vivacità dei tempi finali, sul tipo delle cacce in sei ottavi. Per questa ragione tali concerti restano tra i pezzi fondamentali e più diffusi nel repertorio dei suonatori di corno.

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Nessun altro compositore ha mai avuto la naturale sensibilità di Mozart per il colore degli strumenti a fiato. Certamente i grandi virtuosi dell'orchestra tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento - da Richard Strauss a Ravel, da Rimskij-Korsakov a Respighi - sapevano trarre dagli strumenti effetti inimmaginabili ai tempi di Mozart, grazie anche ai progressi tecnici, particolarmente evidenti proprio nel campo dei fiati. Ma Mozart aveva un orecchio e un gusto straordinariamente sensibili e attenti a quegli strumenti e trasformava le loro stesse limitazioni in un invito a valorizzare le sfumature più sottili e raffinate. Se ne hanno innumerevoli esempi nel trattamento riservato a questi strumenti, sia quando emergono come solisti sia quando fanno parte di un gruppo cameristico o dell'orchestra.

Significativamente Mozart compose almeno un Concerto per tutti i principali strumenti a fiato in uso al suo tempo: flauto, oboe, clarinetto, fagotto e corno (ne scrisse anche uno per tromba, che è andato perduto). Sembrerebbe che tra questi strumenti la sua preferenza andasse al corno, per il quale compose quattro Concerti, mentre per gli altri ne scrisse uno a testa (per essere precisi, il flauto ne ha non solamente uno tutto per sé ma anche un altro insieme all'arpa, più un altro ancora, che però è la trascrizione di un concerto destinato in origine all'oboe). Non è però facile stabilire in quale misura l'aver dedicato quattro Concerti al corno sia il risultato di una speciale predilezione o dipenda dall'amicizia con Ignaz Joseph Leutgeb, iniziata a Salisburgo, dove era il primo corno dell'orchestra dell'Arcivescovo, e continuata a Vienna. Leutgeb era sicuramente un eccellente virtuoso del suo strumento ma probabilmente una persona semplice e di scarsa cultura, come si dedurrebbe anche dal modo con cui gli si rivolgeva il suo amico Wolfgang. Ma sappiamo che Mozart teneva spesso con parenti e amici un linguaggio libero e anche scurrile, che suonerebbe offensivo se non fosse giustificato dalla stretta familiarità. Sul frontespizio del Concerto K 417 si legge: "Mozart ha avuto pietà di quell'asino, bue e pazzo di Leutgeb". Ma scrisse di peggio (questa volta usò l'italiano) sul pentagramma del corno solista nel manoscritto del primo di questi quattro Concerti: "A lei signor asino - animo - presto - coraggio - oh che stonatura - oh che seccatore - respira un poco - avanti, avanti! - oh porco infame - e vieni a seccarmi per la quarta - oh maledetto - anche bravura? - bravo - ah trillo di pecora - finisci? - grazie al cieli basta, basta!".

Che queste parole fossero scherzose e che Leutgeb fosse tutt'altro che un "asino" risulta chiaramente dalla difficoltà della musica scritta da Mozart per lui, che anche oggi presenta notevoli problemi all'esecutore, nonostante col corno moderno, dotato di valvole, l'emissione di certe note sia più facile che col corno dell'epoca di Mozart. Leutgeb brillava non solo nei passi di bravura ma anche nelle frasi melodiche e sapeva "cantare un adagio con la più dolce, accattivante e impeccabile delle voci", come scrisse Mozart stesso in una lettera, in un momento in cui era meno in vena di scherzi.

I quattro Concerti per corno furono composti in un breve arco di tempo, tra il 1781 e il 1783. Sono quindi contemporanei dei primi della straordinaria serie di Concerti per pianoforte composti da Mozart a Vienna, ma hanno dimensioni più ridotte e struttura più semplice, in considerazione delle diverse qualità e possibilità dei due strumenti solisti.

Datato 27 maggio 1783, il Concerto in mi bemolle maggiore K417 inizia con un Allegro maestoso, che si svolge secondo un tipo di forma-sonata modificato, usato abitualmente da Mozart nei Concerti. Nonostante l'indicazione "maestoso", ha un carattere piuttosto vivace e spigliato. È l'orchestra ad esporre i temi principali, prima che entri il solista, che li riprende e li arricchisce, mentre da lì in avanti l'orchestra si limita per lo più ad accompagnare o ad intervallare gli interventi del solista e solo raramente imbastisce un dialogo più serrato.

L'Andante è lirico e meditativo e valorizza la cantabilità del corno e la sua insospettata capacità di sostenere lunghe melodie con un timbro dolce e caldo; dal canto suo l'orchestra partecipa ora in modo più organico allo svolgimento del brano.

Il Rondò (Allegro) richiama la natura originaria del corno, che per secoli era stato usato soprattutto nelle battute di caccia. Il solista guida la caccia al ritmo sobbalzante di una cavalcata, seguito dall'orchestra, ora arricchita da due corni, che intervengono soltanto in questo movimento: tutto è molto vivace e verso la fine Mozart lo rende ancora più vivace con alcune idee sorprendenti e giocose, tra cui le improvvise pause che interrompono le frasi del corno, come se il solista avesse un'improvvisa amnesia: un altro scherzo giocato al povero Leutgeb?

Mauro Mariani


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Basilica di Massenzio, 22 agosto 1972
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditoriun Parci della Musica, 6 dicembre 2018


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Ultimo aggiornamento 9 gennaio 2019