Concerto n. 4 in mi bemolle maggiore per corno e orchestra, K 495


Musica: Wolfgang Amadeus Mozart (1756 - 1791)
  1. Allegro moderato (mi bemolle maggiore)
  2. Romanza. Andante (si bemolle maggiore)
  3. Rondò. Allegro vivace (mi bemolle maggiore)
Organico: corno solista, 2 oboi, 2 corni, archi
Composizione: Vienna, 26 giugno - 26 luglio 1786
Edizione: Andrè, Offenbach 1802
Dedica: scritto per il cornista Joseph Leutgeb
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Mozart compose quattro Concerti per corno e orchestra, il K. 412 in re maggiore, il K. 417, il K. 447 e il K. 495, questi ultimi tre nella stessa tonalità di mi bemolle maggiore, un Quintetto concertante per corno e archi in mi bemolle maggiore K. 407 e un Rondò in mi bemolle maggiore K. 371. Essi furono scritti a Vienna tra il 1781 e il 1783 e dedicati al cornista dell'orchestra di corte di Salisburgo, Ignaz Leitgeb o, secondo alcuni biografi, Joseph Leutgeb, il quale nel 1777 si stabilì a Vienna e aprì un negozio di alimentari con formaggi e prosciutti molto apprezzati da Mozart. Leitgeb era un bravo strumentista di corno, anche se piuttosto ignorante e sempliciotto, tanto da essere preso in giro bonariamente da Mozart, come attesta la dedica un po' maliziosa apposta sul frontespizio del Concerto K. 417 che dice testualmente: "Wolfgang Amadeus Mozart ha avuto pietà di quell'asino, bue e pazzo di Leitgeb, Vienna 27 marzo 1783". Nell'Allegro K. 412 sono scritte sulla partitura queste annotazioni in italiano riferite al povero cornista: "Adagio a lei signor asino-Animo-Presto-Coraggio-oh che stonatura-oh che seccatore-respira un poco-avanti, avanti! - o porco infame-e vieni a seccarmi per la quarta - oh maledetto-anche bravura? - bravo-ah trillo di pecore-finisci? - grazie al ciel! basta, basta!". Leitgeb tollerava gli scherzi del compositore e pur di avere i concerti con dedica per poi suonarli consentiva a starsene inginocchiato dietro la stufa mentre Mozart, ridendo, lavorava ai suoi pezzi di bravura, secondo quanto dice Paumgartner.

I concerti mozartiani per corno e orchestra sono semplici e scorrevoli e si adattano con straordinaria naturalezza al colore timbrico dello strumento solista, ponendo in evidenza sia gli aspetti cantabili che i tratti virtuosistici insiti nella parte del corno. Su questa linea espressiva si colloca il Concerto K. 495, dove (Allegro moderato) prevale il cordiale e pastoso melodizzare per il corno, sollecitato a prove anche di singolare abilità nelle frequenti occasioni cadenzanti (va ricordato che questa composizione fu pensata per uno strumento senza pistoni), la tenerezza lirica dell'Andante e la brillantezza e trasparenza del suono tutto viennese nel Rondò finale, secondo le regole della prodigiosa invenzione mozartiana.

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Al catalogo mozartiano appartengono alcune composizioni per corno solista, nate dalla frequentazione col cornista Ignaz Leutgeb, fino al 1777 prima parte nell'orchestra di corte dell'Arcivescovo di Salisburgo, poi attivo ad Esterhàza con Haydn. Un personaggio del tutto 'sui generis', eccellente esecutore e commerciante di latticini, che l'amicizia di Mozart gratificò di alcune preziose pagine, come il Rondò in mi bemolle maggiore K. 371 (1781) e soprattutto i quattro Concerti per corno, quello incompiuto, K. 412 in re maggiore (1783), K. 417 (1783), K. 447 (1786) e K. 495 (1786) tutti in mi bemolle maggiore, tonalità favorita viste le limitazioni tecniche dello strumento dell'epoca.

Uno strumentista forse sempliciotto, fatto oggetto di burle salaci da parte del salisburghese, che stilò parte dell'ultimo Concerto K. 495 con tratti di inchiostro multicolore per confondere l'amico, mentre nel Rondò del K. 412 figurano le annotazioni: 'Adagio... a lei, Signor Asino, Animo... presto... suvvia... da bravo... Coraggio... bestia... o che stonatura... Ahi! ohimè... bravo, poveretto...' e ancora 'Grazie al ciel! basta, basta!'

E se non bastasse, nell'autografo del K. 417 leggiamo: "Wolfgang Amadé Mozart si è mosso a compassione per il somaro, bove e sciocco Leitgeb". Eppure Karl von Dittersdorf, nella sua autobiografia, ne parla nei termini di un 'raro virtuoso', anche se Amadé lo costringeva a strisciare carponi in salotto per raccogliere i fogli di musica composti di fresco.

Concepito anch'esso per corno naturale, come gli altri, il Concerto K. 495 si articola in un Allegro moderato, il cui primo tema evoca la cantata "Die Maurerfreude" K. 471 dell'anno precedente, e non manca di tratti originali, come l'entrata anticipata del corno solista sulla coda dell'esposizione orchestrale e l'assenza di un vero e proprio sviluppo.

La Romanza centrale (Andante), che sembra riecheggiare inizialmente la Sonata K. 497 per pianoforte a quattro mani (Adagio) ultimata pochi giorni dopo, si affida alle virtù melodiche e timbricamente pastose del solista, mentre l'epilogo, come di consueto in questi concerti, avviene all'insegna di un tradizionale Rondò-caccia (Chasse) in 6/8, consono alle vocazioni venatorie insite nello strumento.

Lorenzo Tozzi

Guida all'ascolto 3 (nota 3)

1 quattro concerti per corno e orchestra (K 412, 417, 447, 495) vennero composti da Mozart a Vienna, tra il 1782 e il 1786. Dedicatario di questo piccolo corpus (cui si debbono aggiungere il Rondò da concerto K 371 e il Quintetto per corno e archi K 407) era una vecchia conoscenza dei Mozart, il cornista salisburghese Ignaz Leutgeb (o Leitgeb): curiosa figura di musicista e bottegaio, che proprio grazie a un prestito del padre di Wolfgang aveva aperto alla periferia della capitale un piccolo negozio di formaggio. Pur di avere i concerti, Leutgeb si assoggettò a ogni genere di scherzi da parte di Mozart, che gradiva molto la compagnia e il buon carattere dell'amico, ma non perdeva occasione per tartassarlo e mettere alla berlina la sua, pare, robusta ignoranza: una volta gli impose di starsene in ginocchio dietro la stufa mentre componeva; un'altra volta lo costrinse a strisciare carponi sul pavimento per raccogliere i fogli della partitura che Mozart gettava per aria via via ch'erano pronti, non senza averli postillati con coloritissimi e ampiamente irriferibili improperi in italiano all'indirizzo del povero cornista. Si capisce come, scritte di fretta e in un'atmosfera cosi scanzonata, queste opere non raggiungano la profondità e l'ispiazione dei coevi concerti per pianoforte; sfruttano però a meraviglia (come dubitarne?) le possibilità timbriche ed espressive dello strumento, e presentano il consueto, mirabile equilibrio tra solista e orchestra.

Il Concerto K 495 venne ultimato il 26 luglio 1786, due mesi dopo la composizione delle Nozze di Figaro: la cui celebre, brillantissima ouverture riecheggia qua e là nell'Allegro moderato iniziale, dominato da un primo tema che presenta anche qualche legame con la cantata Die Maurerfreude (K 471). Anche il più cantabile secondo tema è nella tonalità di base; a questi due se ne aggiunge un terzo nella coda del preludio, nel cui Tutti il solista già fa udire la sua voce, per poi ergersi a protagonista nell'esposizione. Lo sviluppo, breve e conciso, inizia in do minore, portando una lieve nota di malinconia, certo da non prendersi troppo sul serio. Dopo la ripresa e la cadenza del solista, il movimento termina riproponendo la coda del preludio. Segue, come nel Concerto K 447, una Romanza in 3/4. Assai interessante è qui il tema principale, una cullante melodia esposta subito dal solista sulla dominante di si be¬molle maggiore: esso è caratterizzato da una asimmetria tra antecedente e conseguente, e presenta nel primo una struttura ritmica insolita (una terzina di ottavi e una quartina di sedicesimi collegate da una semiminima che si prolunga sul primo dei sedicesimi). Il brioso finale, un rondò in 6/8, è una autentica «chasse», dove «la natura originaria dello strumento da caccia emerge in modo sfacciato» (Jahn), specie negli ammiccanti squilli del solista poco prima della cadenza. Un festoso Tutti conclude la composizione.

Maurizio Giani


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 8 dicembre 1989
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Olimpico, 7 marzo 1991
(3) Testo tratto dal programma di sala del Concerto del Maggio Musicale Fiorentino,
Firenze, Teatro Comunale, 30 giugno 1988


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Ultimo aggiornamento 1 aprile 2016