Concerto per pianoforte n. 17 in sol maggiore, K. 453


Musica: Wolfgang Amadeus Mozart (1756 - 1791)
  1. Allegro (sol maggiore)
  2. Andante (do maggiore)
  3. Allegro (sol maggiore)
Organico: pianoforte, flauto, 2 oboi, 2 fagotti, 2 corni, archi
Composizione: Vienna, 12 aprile 1784
Prima esecuzione: Vienna, residenza di Gottfried Ignaz von Ployer, 10 giugno 1784
Edizione: Bossler, Spira 1789
Dedica: Babette Ployer
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Questo lavoro fa parte del gruppo degli stupendi quattordici Concerti per pianoforte e orchestra composti da Mozart nella viva, stimolante e cordiale atmosfera artistica viennese. Essi, pur nella loro tradizionale forma in tre movimenti, si differenziano dai precedenti, prevalentemente virtuosistici, oltre che per un maggiore approfondimento inventivo, anche per un più ampio sfruttamento ai fini poetici delle possibilità di dialogo fra solista e orchestra, nell'ambito di una concezione sinfonica dell'insieme. Il pianoforte conserva il suo ruolo preponderante, ma nello stesso tempo collabora ad edificare l'architettura generale. E quando non si stacca dalla compagine strumentale per riecheggiarne, secondo i modi che gli son propri, il messaggio poetico - o per pronunciare una parola che l'orchestra riprenderà per immetterla nello svolgimento del contesto sinfonico - compie la funzione di esaltare con la sua vicinanza i colori timbrici circostanti, conferendo alla partitura una luminosità nuova, altrimenti inottenibile, e ricca di gradazioni.

Nel Concerto K. 453 risulta notevolmente curata e interessante la parte del dialogo affidata agli strumenti a fiato, sì da far assumere all'opera un carattere «concertante». Scritto nell'aprile del 1784, per l'allieva Babette Ployer (che lo eseguì per gli amici nella sua villa di campagna a Döbling presso Vienna), il lavoro inizia con un brano che per il suo carattere familiare e il suo ritmo di marcia è più vicino allo spirito cordiale di un brano d'apertura d'una Serenata che non a quello pomposo di un primo tempo di Concerto. Del resto, l'intera composizione è condotta con libertà ed originalità: così nell'espressivo ed elegiaco Andante si trovano delle audaci modulazioni; e l'ultimo tempo, terminante con un briosissimo ed irresistibile finale da opera buffa, ha la forma, insolita per la conclusione di un Concerto, del Tema variato.

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

La serie dei concerti per pianoforte scritti nella prima metà del 1784 si conclude con un lavoro (datato 12 aprile) che Mozart non scrisse per sé, ma destinò all'allieva Barbara von Ployer, che lo eseguì il 10 giugno nella sua residenza estiva di Döbling. La parte del pianoforte è di notevole impegno virtuoslstico, e l'impianto dell'opera è eccezionalmente ampio. D'altro canto, gran parte del concerto sembra svolgersi su un piano abbastanza intimo e contenuto, appoggiandosi a una condotta armonica raffinata e ricca di modulazioni e assumendo una preziosa fisionomia timbrica, giocata su un approfondito trattamento dei fiati. Nel primo movimento, all'abbondanza delle proposte tematiche, elaborate in uno stile di carattere improvvisatorio, quasi di libera fantasia, nella sezione centrale di sviluppo, corrisponde la varietà delle sfumature espressive; nell'Andante una cantabilità semplice e pensosa si sviluppa in un patetismo intenso; l'Allegretto è, insolitamente, un tema con variazioni, e culmina in una stretta travolgente, di grande effetto (Presto), che richiama certi finali di opera buffa.

Guida all'ascolto 3 (nota 3)

Durante i suoi primi anni viennesi, parallelamente ai Concerti per pianoforte, Mozart stava affrontando i medesimi problemi trasferiti in campo quartettistico. È di questi anni infatti la composizione dei Quartetti dedicati a Haydn che rappresentano uno dei punti culminanti, per complessità ed elaborazione, della sua produzione cameristica. Non è un caso quindi che i Concerti degli anni 1782-'86 costituiscano il definitivo abbandono di un tipo di composizione quale era stata delineata da Johann Christian Bach e che il compositore fosse impegnato in un grande sforzo nell'elaborazione di una forma che trasferisse le caratteristiche dello stile sinfonico in ambito concertistico, perseguendo l'ampliamento delle possibilità espressive di quest'ultimo attraverso la più ampia gamma offerta dalla forma-sonata. L'autografo del Concerto è datato 12 aprile 1784 e l'opera è dedicata, come il precedente K 449, alla pianista viennese Barbara von Ployer che lo tenne a battesimo durante un'accademia nella casa di campagna di Doebling.

Oltre a quella pianistica estremamente curata è anche la scrittura orchestrale, molto elaborata specie quanto riguarda la sezione dei legni, sovente in dialogo con il solista, che conferiscono al Concerto un colore caratteristico. Il tono non drammatico della composizione ed i chiaroscuri determinati dal frequente ricorso al tono minore sono peculiari per una composizione che conserva tratti sostanzialmente intimi. Il primo tempo presenta un'organizzazione in forma-sonata ancora non del tutto emancipata dalle consuetudini pre-classiche, come l'entrata del solista che riprende il materiale melodico del primo tutti orchestrale. Nondimeno sono presenti anche caratteristiche decisamente innovative, come l'esposizione di numerose idee affidate al tutti di apertura e la tecnica della doppia esposizione con i due temi principali esposti dall'orchestra e poi ripresi dal solista, che diventeranno tipici del Concerto mozartiano. Il solista inoltre espone, tra il primo ed il secondo tema, un terzo elemento tematico che presenta già una certa propensione alle modulazioni verso tonalità lontane, una propensione che viene coerentemente ampliata nello sviluppo. L'Andante è in forma di variazione libera, con un'idea iniziale dai toni sommessi e quasi esitanti esposta dall'orchestra che ritorna nei punti cruciali del movimento. Un secondo elemento tematico è diviso tra i legni mentre il lungo episodio in minore del pianoforte successivo non lascia al solista la minima possibilità virtuosistica: tutto è calcolato in funzione dell'espressione e della forma. Chiude la composizione un tempo in forma di rondò con variazioni che culmina con una stretta finale di sicuro effetto. Il Concerto è uno dei pochi ad essere stato stampato ancora vivente Mozart.

Andrea Rossi Espagnet


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 23 aprile 1961
(2) Testo tratto dal Repertorio di Musica Classica a cura di Pietro Santi, Giunti Gruppo Editoriale, Firenze, 2001
(3) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Olimpico, 20 febbraio 1997


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Ultimo aggiornamento 17 novembre 2014