Concerto n. 2 in re maggiore per violino e orchestra, K 211

Musica: Wolfgang Amadeus Mozart (1756 - 1791)
  1. Allegro moderato (re maggiore)
  2. Andante (sol maggiore)
  3. Rondò. Allegro (re maggiore)
Organico: violino solista, 2 oboi, 2 corni, archi
Composizione: Salisburgo, 14 giugno 1775
Edizione: Andrè, Offenbach 1870
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Il pianista Edwin Fischer, che fu un fervente mozartiano anche come interprete, fece un'osservazione molto giusta quando disse che alla comprensione dell'arte di Mozart ci si arriva con la maturità e dopo aver amato musicisti dallo stile più corposo e drammatico. «Il naturale sviluppo musicale - ha scritto Fischer - ci porta da principio molto vicini a Mozart a causa del carattere popolare delle sue melodie, della facile intelligibilità della sua struttura armonica e agogica. Poi segue quasi sempre un periodo d'inclinazione verso un grande apparato di forza, l'amore del pathos; non esiste nessuna espressione esteriormente troppo forte, niente di abbastanza grandioso, virtuoso, travolgente. Siamo così lontani dall'insegnamento di Mozart, in quel momento, come lo siamo nel periodo che segue, dominato dalla ricerca di tutto quello che è assolutamente nuovo, raffinato, surriscaldato, rivoluzionario o formalmente problematico. Fino a che un giorno si fa per noi la luce. Qui c'è tutto: contenuto, forma, espressione, fantasia, effetto strumentale, e tutto è ottenuto con i mezzi più semplici».

È evidente che la "luce mozartiana" non è fatta soltanto di quantità di opere scritte in un arco di vita di appena 34 anni (lo studioso Ludwig von Koechel ne ha annoverate nel suo catalogo ben seicentoventisei, cui vanno aggiunte altre cento, incompiute o di incerta attribuzione), ma piuttosto va considerata per la varietà dei generi musicali praticati e la perfetta riuscita in ognuno di essi. Nella musica profana e sacra, strumentale e vocale, teatrale e da concerto, sinfonica e da camera, seria o buffa egli è riuscito a lasciare il segno della sua genialità. Non a caso Massimo Mila ritiene che l'arte di Mozart è «un mare dove confluiscono e convivono pacificamente le più disparate tendenze del suo secolo. Anche in questo egli rassomiglia a Raffaello, cui viene paragonato per la levigata perfezione esteriore e per l'assoluta finitezza formale. Artisti compendiatori e coronatori di un'epoca, artisti la cui forza è forza di civiltà, non di primitiva barbarie: e civiltà è prima di tutto conservazione, religiosa pietà di ciò che è stato prima di noi e che ha contribuito a crescerci quali siamo. Vi sono artisti ribelli ed essenzialmente rivoluzionari che nelle epoche di lotta e di trasformazione svolgono un lavoro prezioso di demolizione delle vecchie sovrastrutture, dei pregiudizi ritardatari, e sbarazzano il terreno per la manifestazione di un ordine nuovo. E vi sono artisti, invece, i quali edificano la casa dell'uomo, cioè la civiltà, sopra quanto rimane dei vecchi edifici, utilizzando tutti i mattoni salvabili dalle rovine, trovando con naturale spontaneità la conciliazione e la continuità fra le testimonianze del passato e le esigenze del presente».

Mozart appartiene certamente a questa seconda categoria di compositori e la sua immensa produzione si distende idealmente fra i due estremi della facilità galante e dello stile severo dettato dalla polifonia strumentale, inglobando le posizioni intermedie comprese tra il linguaggio brillante ed eclettico delle opere teatrali e delle composizioni vocali e l'impegno rigoroso della scrittura quartettistica. Ma, al di là di queste classificazioni tecniche, ciò che conta è la sigla espressiva della musica di Mozart, dove l'allegrezza si sposa alla malinconia, il sorriso spunta tra le lacrime e il senso di ilarità e di umorismo fa capolino tra le pieghe della tristezza. Un'arte semplice e lineare in apparenza, ma dai risvolti complessi e profondi, dove l'animo umano si specchia e si osserva alla ricerca della propria misteriosa identità.

Mozart scrisse cinque Concerti per violino e orchestra, K. 207, K. 211, K. 216, K. 218 e K. 219, tutti nel periodo compreso fra l'aprile e il dicembre 1775, quando il musicista diciannovenne si trovava alla corte dell'arcivescovo di Salisburgo. Ad essi vanno aggiunti altri due Concerti per violino e orchestra, quello in mi bemolle maggiore K. 268 e quello in re maggiore K. 271a (c'è anche un Concerto per pianoforte e orchestra K. 271). Gli esegeti dell'opera mozartiana sono concordi nell'affermare che i Concerti K. 268 e 271a non appartengono integralmente al musicista salisburghese e avrebbero subito dei rimaneggiamenti in epoca successiva, specie nella parte solistica. L'importante è rilevare come tutti questi concerti per violino e orchestra risentano in modo evidente l'influenza della musica italiana e di certi analoghi modelli che portano la firma di Tartini e di Boccherini, autori che Mozart certamente aveva ascoltato nel corso del suo viaggio in Italia avvenuto qualche anno prima e che avrebbe inciso profondamente nella evoluzione dell'arte del musicista salisburghese. Infatti vi si notano uno stile virtuosistico particolarmente spiccato e una piena valorizzazione delle qualità timbriche del violino, che sono caratterisdche molto diffuse della scuola violinistica italiana del Settecento di derivazione barocca. Totalmente mozartiani sono però la fantasia, la scioltezza con cui si dispone la materia musicale, l'equilibrio formale che trova stimolo e ragione d'essere in un sottile gioco di variazioni sviluppate con magistrale mano di artista, capace di infondere il tocco della spontaneità a tutto quello che affronta. Il musicista dispiega sonorità squillanti e luminose, episodi di sottile umorismo e abbandoni sensuali, il tutto accompagnato da quell'ambiguo sorriso che distingue la creatività mozartiana sin dall'epoca giovanile.

fl manoscritto del Concerto per violino e orchestra K. 211 conservato alla Biblioteca di Berlino reca la seguente indicazione: "Concerto di violino di W. A. Mozart m. p. à Salsburg lì 14 di Giugno 1775". Si può dire che il concerto possiede un'eleganza melodica tutta francese, senza che la galanteria abbia il sopravvento sui veri valori musicali. I temi del "Tutti" orchestrale si ritrovano regolarmente utilizzati negli assoli, in una disposizione ad incastro di straordinario equilibrio formale. Anche qui l'Allegro moderato del primo tempo attacca con un preludio dell'orchestra, in cui è facile evidenziare due temi distinti seguiti da un grande ritornello. Il violino solista espone il proprio tema con morbide modulazioni, su una tessitura orchestrale quanto mai semplificata e ridotta all'essenziale. L'Andante è una pagina di pungente poesia musicale, in cui non mancano cadenze dello strumento solista (ad un certo punto in partitura è indicato al solista di improvvisare una "cadence a piacere"). L'accompagnamento dell'orchestra si svolge secondo lo stile delle opere comiche italiane e francesi, pienamente rispettoso delle ragioni di canto. Il tema del Rondò finale viene esposto dal violino solista e ripreso dall'orchestra nel passaggio dal maggiore al minore o viceversa, tra indicazioni di pp e ff. L'orchestra ripropone alla fine il tema principale, prima della stretta conclusiva, preceduta da un brillante assolo del violino solista.

Ennio Melchiorre

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Scritto un paio di mesi dopo il primo, il Concerto in re maggiore K. 211 è analogo al precedente nell'impianto formale, ma è meno pretenzioso dal punto di vista della tecnica violinistica: tanto che nella prima edizione a stampa veniva definito «Concerto facile». L'assenza di passi scopertamente virtuosistfci, tuttavia, non impedisce al violino solista di porsi in risalto come il vero protagonista del Concerto: dello strumento, infatti, Mozart sfrutta intensamente la capacità cantante in tutti i registri, spingendolo spesso anche nell'estrema tessitura acuta.

Il taglio netto dei temi, quale traspare già a partire dall'Allegro moderato iniziale, va di pari passo con una scioltezza e un gusto per i dettagli raffinati nei quali è probabilmente avvertibile l'influsso di Johann Christian Bach. Lo stesso influsso si avverte nel Rondeau finale (Allegro), una pagina che mostra un senso perfetto delle proporzioni formali, dove la grazia è sempre preminente sulla brillantezza virtuosistica.

Il movimento centrale, Andante, è inconfondibilmente mozartiano: presenta melodie ampie e aperte, un canto spiegato che richiama un'aria amorosa all'italiana.

Claudio Toscani


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 20 maggio 1992
(2) Testo tratto dal libretto inserito nel CD allegato al n. 100 della rivista Amadeus


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Ultimo aggiornamento 10 febbraio 2014