Divertimento in fa maggiore "Ein musikalischer Spass" (I musicanti del villaggio), K 522

Musica: Wolfgang Amadeus Mozart (1756 - 1791)
  1. Allegro (fa maggiore)
  2. Minuetto e Trio. Maestoso (fa maggiore)
  3. Adagio cantabile (sol maggiore)
  4. Presto (fa maggiore)
Organico: 2 violini, viola, basso, 2 corni
Composizione: Vienna, 14 giugno 1787
Edizione: Andrè, Offenbach 1801
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Mozart scrisse il Musikalischer Spass, per due violini, viola, contrabbasso e due corni K. 522, noto anche come «Scherzo musicale» o con il titolo «I musicanti del villaggio», verso la metà di giugno del 1787, un paio di mesi prima della Kleine Nachtmusik K. 525. Non si conosce l'occasione e il destinatario di questo divertimento musicale in quattro tempi, ma è facile immaginare che si tratti di una scherzosa parodia di un piccolo e modesto complesso orchestrale, senza pretese sul piano dell'esecuzione. E' una deliziosa caricatura delle composizioni artigiane in uso al tempo di Mozart, il quale mette a nudo con bonomia i lati deboli e le banalità più dei compositori che degli esecutori da strapazzo, riservando all'ascoltatore smaliziato una piacevole sorpresa a ogni battuta. Tra l'altro questa composizione, unica nel suo genere, segna un ritorno di Mozart alla forma del Divertimento e della Serenata, che in quel tempo egli aveva abbandonato per dedicarsi alla sinfonia e al quartetto d'archi.

Il primo Allegro già mostra certe discontinuità di intervento dei vari strumenti, che mirano a sottolineare il tono scherzoso della composizione, nata probabilmente come una battuta di spirito durante una allegra chiacchierata tra amici. Il Menuetto maestoso non si discosta da altri analoghi componimenti con le parti solistiche concertanti. Il Trio in si bemolle è più lungo del necessario e offre al primo violino l'occasione per fare sfoggio di virtuosismo. Alla fine ritorna il tema del minuetto. L'Adagio cantabile è sottolineato da trovate curiose e banali e presenta una serie di accordi armonici che appartengono al peggiore sentimentalismo di ogni compositore. Dopo essersi divertito abbastanza, Mozart offre nel Presto conclusivo un saggio della sua disinvolta bravura armonica e contrappuntistica, tra fugati, trilli e rondò in un incalzante rapido di note di indubbio effetto estetico, quasi a riconciliarsi, con un abbraccio amichevole, con i valori eterni della musica.

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Il titolo apocrifo "Die Dorfmusikanten", ("I musicanti del villaggio") appiccicato ad un'edizione ottocentesca di questa celebre partitura mozartiana, ne tradisce alquanto il significato, ponendo a fin troppo facile bersaglio satirico l'imperizia di un gruppo di poveri strimpellatori paesani, alle prese con un brano musicale di qualche pretesa. Indulgente con i poveri diavoli (tutt'al più gratificati di bonarie facezie: si vedano gli autografi dei Concerti per corno, dedicati ad un esecutore non eccelso) Mozart sfoderava tutta la sua affilata cattiveria professionale quando aveva a che fare con presuntuose mediocrità: pianisti cialtroni, italianucci rampanti, cantanti impettiti e ignoranti, compositori da strapazzo. Proprio contro questi ultimi è diretta questa perfida satira in note "Ein musikalischer Spass", una beffa in musica: sorta di saggio di composizione al negativo, ossia quello che un buon musicista non deve fare.

"Corruptio optimi pessima", dice San Paolo, e da un arcangelo come Mozart, impegnato a scimmiottare un brutto diavolo, c'è da aspettarsi di tutto. Tranne qualche plateale sberleffo (come le finte "stecche" dei corni, nel Minuetto, o il "cluster" politonale - fa maggiore, più sol maggiore, più la maggiore, più mi bemolle maggiore, il tutto sopra il si bemolle del basso - che conclude sarcasticamente il lavoro) la beffa in musica è molto fine, pensata per divertire soprattutto il musicista con le carte in regola: e meglio conosce il suo mestiere, questo musicista, più si diverte. Innanzitutto, la complessiva goffaggine formale dei quattro regolamentari movimenti del divertimento; lo squilibrio dei piani tonali; i giri armonici sgangherati che vanificano la dinamica sonatistica arenando il discorso in sacche ripetitive. Poi le "quinte" e le "ottave" per moto retto; le "false relazioni"; l'aborto di un'esposizione di fuga che si perde per strada soggetto e controsoggetto (nel Finale); e quei rudimentali bassi albertini che girano comicamente a vuoto, privi di melodia.

Ma v'è di meglio e di più sottile. Quel magniloquente motivo del primo violino, che nell'Adagio cantabile spicca il suo volo da gallinaceo, starnazzando in goffi virtuosismi e ornamentazioni, per finire sul filo di una cadenza scolastica, stiracchiata fino all'estenuatezza e conclusa da un trillo "da pecora" (l'espressione è mozartiana). Quel Trio, nel Minuetto, impelagato in figurazioni insignificanti, librate sopra paurosi vuoti armonici. Capolavoro di cattiveria e di abilità nello scriver bene della musica mal scritta e peggio pensata è il Finale, con l'asma cronica di quel suo temino miserabile, la confusione mentale di quelle armonie, la dichiarata incapacità di sviluppare un'idea, i già ricordati conati polifonici. La voglia irresistibile di ravvisare il positivo mozartiano, dietro la smorfia di questo negativo, si appaga facilmente, se si pensa che poco dopo "Ein musikalischer Spass" (giugno 1787) nasceva l'angelica "Kleine Nachtmusik" K. 525: scritta come Mozart, ossia come Dio comanda.

Giovanni Carli Ballola


(1) Testo tratto dal progrmma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Sala Accademica di via dei Greci, 20 marzo 1981
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Olimpico, 19 dicembre 2002


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Ultimo aggiornamento 11 maggio 2015