All'epoca in cui porta a termine il Quartetto K. 387, nei suoi primi mesi a Vienna il venticinquenne Mozart ha già fatto un altro incontro molto significativo: quello con la musica di Bach e Haendel che ha l'opportunità di conoscere meglio frequentando un appassionato intenditore, il barone Gottfried van Swieten che ogni domenica alle 12 organizzava in casa propria delle riunioni musicali "dove non si suonava che Haendel e Bach".
Nasce così un periodo di attento studio che si concentra in particolare sulle fughe di Bach: perfino la sua Constanze è coinvolta da questa passione e "non vuole più ascoltare altro che fughe e solo di Haendel e Bach". E così Mozart legge, ascolta, suona, copia, trascrive e da questo studio prende le mosse per alcuni esperimenti personali : di questa fase sperimentale, a parte alcune trascrizioni da Bach di attribuzione assai dubbia (K. 404a), diversi frammenti di fuga per pianoforte e altri lavori incompiuti, ci rimangono la Fuga K. 394 per pianoforte, la Fuga K. 426 per due pianoforti (poi trascritta per quartetto d'archi e preceduta da un'introduzione) e, appunto, la trascrizione per quartetto di cinque fughe dal Clavicembalo ben temperato: le numero 2, 5, 7, 8 e 9 dal secondo libro.
Carlo Cavalletti