Quartetto per archi n. 22 in si bemolle maggiore, K 589 "Prussiano n. 2"


Musica: Wolfgang Amadeus Mozart (1756 - 1791)
  1. Allegro (si bemolle maggiore)
  2. Larghetto (mi bemolle maggiore)
  3. Minuetto e trio. Moderato (si bemolle maggiore)
  4. Allegro assai (si bemolle maggiore)
Organico: 2 violini, viola, violoncello
Composizione: Vienna, maggio 1790
Prima esecuzione: Vienna, abitazione di Mozart, 22 maggio 1790
Edizione: Artaria, Vienna 1791
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Gli ultimi anni del grande salisburghese hanno attirato spesso l'attenzione dei biografi, per una somma di vicende esterne ed interne, contrassegnate dall'assillante mancanza di denaro e da una intensa attività creatrice tra opere teatrali, oratoriali, musiche di "consumo" (Minuetti, Controdanze, Ländler ecc.) e cameristica. Appartengono a questa estrema stagione creativa gli ultimi Quartetti per archi, K. 575, 589 e 590, detti "prussiani" per essere nati su commissione di Federico Guglielmo II, re di Prussia, che in verità ottenne solo tre dei sei Quartetti desiderati. Wolfgang a sua volta ne ottenne vantaggi sociali e finanziari minori di quelli su cui contava: un cofanetto con 100 monete d'oro e un "regale" biglietto di ringraziamento.

A distanza di un anno dalla composizione del Quartetto K. 575, il primo dei Prussiani, Mozart porta a compimento il Quartetto in si bemolle maggiore K. 589 entro la fine di maggio 1789. Nulla traspare delle penose condizioni di vita in cui Wolfgang si dibatte, e vien giusta l'osservazione che davvero "Mozart non si occupa di sé, piuttosto è assorto in ciò per cui è nato" (Samuel Bellow in una conferenza per il centenario della morte): il suo genio incommensurabile sembra vivere di vita propria, ad latere, quasi contro la natura biologica del suo esistere. È qui che si annida l'immagine del Mozart-enigma, su cui gran parte dei biografi e critici si soffermano.

Nel caso precipuo del Quartetto in programma questa sera c'è da rilevare l'arricchimento della scrittura polifonico-contrappuntistica, conseguente alla riscoperta della lezione bachiana - sulla scorta della missione restauratrice del barone Gottfried van Swieten - insieme a una più intensa tramatura del gioco tematico. Tra l'altro è significativo che l'incipit tematico che apre questo Quartetto assurge a nucleo tematico del Rondò Finale, seppur ritmicamente variato, e altrettanto si riscontra nei movimenti estremi degli altri due Quartetti Prussiani. Un ulteriore elemento distintivo che accomuna questo ciclo di Quartetti è d'indole per così dire "somatica": il tema è in tutti enunciato dal violoncello, con una stesura virtuoslstica, e la presenza di questo strumento è quasi paritetica rispetto a quella degli altri archi - un cortese, per non dire doveroso, atto di riconoscimento a favore del regale committente e del suo hobby di dilettante violoncellista, secondo il costume culturale settecentesco.

Tutti e quattro i movimenti di questo Quartetto seguono la costruzione formale e la tessitura tonale consacrata anche dalla stessa "poetica" mozartiana, immersa però in un clima di sereno svolgimento d'eloquio, ossia senza i turbamenti, il pathos e le espansioni stilistico-tonali che costellano i sei Quartetti dedicati ad Haydn, composti pochi anni prima. Dal che si dimostra ancora una volta che il demone della musica in Mozart impone i suoi primari, imprescindibili diritti, qualsiasi sia l'occasione che lo stimoli, che lo solleciti. Prodigioso ed enigmatico demone che, secondo un grande teologo protestante, "esprime ogni cosa per quello che è, semplicemente tracciando dei limiti. Questo rende la sua musica bella, benefica, commovente. Non ne conosco altre di cui si possa altrettanto dire". (K. Barth)

Guido Turchi


Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Gli ultimi quartetti composti da Mozart sono i tre detti "Prussiani" (K. 575, K. 589, K. 590) del 1789-90. La genesi di questi tre ultimi lavori (e quindi il loro soprannome) va fatta risalire al viaggio di un paio di mesi intrapreso nell'aprile 1789 insieme al principe Karl Lichnowsky, suo amico, allievo e confratello massone, alla volta di Berlino, con puntate a Praga, Dresda e Lipsia. Mettendosi in viaggio Mozart sperava soprattutto di riuscire a ottenere qualche incarico dal re di Prussia Friedrich Wilhelm II, amante della musica e buon violoncellista dilettante; ma non fu così.

È vero che si è sempre affermato che in quell'occasione il re gli avrebbe commissionato sei quartetti per archi ad uso personale e sei sonate facili per il pianoforte ad uso della sua primogenita, la principessa Friederike; affermazione confortata unicamente da quanto lascia intendere Mozart in un passo di una lettera scritta nel luglio del 1789 all'amico e confratello massone Michael Puchberg. Ma è vero anche che non solo non ci è rimasta una sola testimonianza che provi l'effettiva esistenza di questa commissione regia, ma è quantomeno curioso che l'unica fonte primaria che ci consente d'ipotizzarla sia una lettera in cui Mozart chiede per l'ennesima volta un prestito all'amico. Una situazione, insomma, in cui quella commissione significava il preludio di una futura entrata per Mozart e si poneva dunque per Puchberg come garanzia del prestito: «intanto anche le due dediche mi procurano qualcosa; [...] di conseguenza lei con me non rischia niente». Quel che è certo è che prima ancora di rientrare a Vienna Mozart aveva iniziato a lavorare a due Quartetti (K. 575 e K. 589); e nel catalogo tematico delle sue opere annotò, accanto all'incipit del Quartetto K. 575, «per sua Maestà il re di Prussia».

Si può ipotizzare quindi che non ci sia stata alcuna commissione regia, ma solo un'intenzione di dedica ideata da Mozart e poi abbandonata. Cosa che viene confermata da un altro elemento fondamentale: la musica.

Si è detto che il re di Prussia era un buon violoncellista: in effetti nel Quartetto K. 575 e nei primi due movimenti del K. 589, composti nel giugno del 1789, subito dopo il viaggio a Berlino, il violoncello assume un ruolo protagonistico, bilanciato da frequenti sortite solistiche degli altri tre strumenti. Rinunciando alla straordinaria sapienza nell'amalgamare perfettamente i quattro strumenti, raggiunta con fatica nei sei lavori dedicati ad Haydn, Mozart sceglie di avvicinarsi al genere assai più disimpegnato del quartetto concertante. Ma negli ultimi due tempi del K. 589 e nel Quartetto K. 590, composti un anno dopo, nel maggio-giugno del 1790, il predominio del violoncello diminuisce considerevolmente e lo stile torna a farsi più simile a quello dei sei Quartetti dedicati ad Haydn: il re di Prussia, evidentemente, non era più il destinatario ideale di queste musiche.

A questo punto Mozart abbandonò definitivamente il quartetto per archi e quei tre lavori nati sulla scia del viaggio a Berlino del 1789 furono pubblicati a Vienna da Artaria, senza alcuna dedica, alla fine del dicembre 1791, quando il loro autore era morto da pochi giorni. Dopo il 1790, nel suo ultimo anno di vita, Mozart non avrebbe scritto più quartetti; ma ancora nell'autunno di quell'anno, fino alla partenza di Haydn per Londra, i due suonarono spesso insieme i quartetti e i quintetti di Mozart e gli ultimi lavori di Haydn.

Come detto, il Quartetto K. 589, presenta due volti distinti: al rilievo assunto dal violoncello nei primi due movimenti si contrappone la maggiore omogeneità di scrittura degli ultimi due tempi: curiosa è la struttura asimmetrica del Menuetto (Moderato) fagocitato da un Trio di dimensioni quasi doppie; ricco di fascino è l'Allegro assai conclusivo che nella sua folgorante brevità attinge di nuovo alla sapienza contrappuntistica dei lavori dedicati ad Haydn.

Carlo Cavalletti


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di Via della Conciliazione, 10 maggio 2002
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Olimpico, 14 febbraio 2002


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Ultimo aggiornamento 19 aprile 2015