Quintetto per archi n. 1 in si bemolle maggiore, K 174


Musica: Wolfgang Amadeus Mozart (1756 - 1791)
  1. Allegro moderato (si bemolle maggiore)
  2. Adagio (mi bemolle maggiore)
  3. Minuetto ma Allegretto (si bemolle maggiore) - Trio (fa maggiore)
  4. Allegro (si bemolle maggiore)
Organico: 2 violini, 2 viole, violoncello
Composizione: Salisburgo, dicembre 1773
Edizione: Traeg, Vienna 1798
Guida all'ascolto (nota 1)

Mozart diede mano al suo primo Quintetto, in si bemolle maggiore (K. 174) a Salisburgo, nella primavera del 1773 in un momento cruciale della propria esperienza di autore di musica cameristica; non appena, cioè, dopo avere concluso la prima serie dei suoi Quartetti, concepiti nell'ambito stilistico e spirituale di una galanteria italiana già più immaginaria che puntuale, e poco prima di dare inizio alla seconda, quella sollecitata dalla rivelazione haydniana. Con tutto ciò, la composizione di un Quintetto dovette rappresentare per il diciassettenne «Konzertmeister» dell'arcivescovo Colloredo, un impegno meno gravoso o, come oggi si direbbe, un «problema» facile a risolvere. Mozart sapeva troppo bene, infatti, che, nel casellario dei «generi» alla cui devozione era cresciuto non meno che a quella delle Madonne e dei Santi vestiti come eroi da opera seria e collocati sui rispettivi altari del suo bel Duomo barocco, il Quintetto occupava una posizione che potremmo definire confidenziale, a metà strada tra il divertimento, la serenata, la sinfonia; con in più, a solleticare il suo estro già precocemente votato al sublime gioco del concerto, una certa quale smanicatura solistica, tipica del primo violino e della prima viola. Già Boccherini, amabile imperatore d'occidente nel dominio europeo della musica da camera per archi, (laddove Haydn occupava l'altro e ben più duraturo trono) aveva coltivato da par suo, accanto al più «dotto» e impegnato Quartetto, sorta di tesi di laurea per ogni compositore che volesse prodursi con le carte in regola, il più lieve e svagato Quintetto, scapricciandosi nei galanti conversari concertanti tra il primo violino e il primo violoncello (suonato dallo stesso compositore) o la prima viola. Anziché al perfetto equilibrio cameristico boccheriniano, Mozart preferì adeguarsi al (se così possiamo chiamarlo) ibridismo stilistico del concittadino Michael Haydn, il minor fratello di Franz Joseph e il solo che potesse in quel momento offrire al giovanissimo competitore dei modelli da imitare. Il primo Quintetto nasce così in un clima di tranquillo compromesso con la serenata e il divertimento, «generi» nei quali Mozart già si era fatta la mano, e la sinfonia di tipo «milanese», anch'essa ampiamente sperimentata. Ma neppure BoCcherini viene trascurato: boccheriniani, nel primo tempo, sono i sistematici scambi tematici tra primo violino e prima viola, mentre gli altri strumenti fanno da sfondo. Senonchè l'intimità e la delicatezza squisitamente cameristiche dei Quartetti «milanesi» ed anche le loro occasionali ma siritomatiche incidenze «dotte» sono accantonate per una scrittura più brillante e chiassosa, più che tollerante di un'eventuale dilatazione «ad libitum» dell'organico strumentale. Anche lo squisito Adagio con sordini, nonostante una maggior animazione del dialogo tra i cinque archi, e più il Minuetto, con i suoi effetti d'eco, tipici della serenata, risentono di codesta atmosfera en plein air; mentre alla sinfonia fanno più pensare la vastità d'impianto, e l'ambiziosa elaborazione del Finale in forma sonata, alle cui architetture concorrono tre fondamentali elementi tematici. Si tratta della parte più importante del giovanile Quintetto: consapevole di ciò, Mozart volle in seguito rielaborarla profondamente e arricchirla di una vigorosa coda, ciò che avvenne dopo l'esperienza haydniana dei Quartetti K. 168 - 173.

Giovanni Carli Ballola


(1) Testo tratto dal progrmma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Sala Accademica di via dei Greci, 6 novembre 1973


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Ultimo aggiornamento 20 febbraio 2014