Quintetto per archi n. 2 in do minore, K1 406 (K6 516b)


Musica: Wolfgang Amadeus Mozart (1756 - 1791)
  1. Allegro (do minore)
  2. Andante (mi bemolle maggiore)
  3. Minuetto in canone e trio (do minore)
  4. Trio in canone al rovescio (do maggiore)
  5. Allegro (do minore)
Organico: 2 violini, 2 viole, violoncello
Composizione: Vienna, Primavera 1787
Edizione: Artaria, Vienna 1792

Trascrizione della Serenata per fiati K 388
Guida all'ascolto (nota 1)

Dalla fretta e da uno spirito di compromesso generalmente contrario all'intima natura musicale di Mozart doveva nascere, nella primavera 1787, il Quintetto in do minore K. 406; ma sarebbe più esatto dire rinascere sotto nuova veste, giacché tale composizione esisteva già nel 1782 nella sua originaria dimensione timbrica di Serenata per 2 oboi, 2 clarinetti, 2 corni e 2 fagotti (K.388). Si tratta di uno dei rarissimi esempi, e senza dubbio il più insigne, di autotrascrizione reperibile nel catalogo mozartiano della musica strumentale, il quale (a differenza di quello beethoveniano, che abbonda di duplicati del genere) pare quasi ignorare tale «risorsa del mestiere» tra le più praticate e redditizie dell'artigianato musicale sette-ottocentesco. Tra i progetti non andati in porto degli anni estremi, vi era forse quello di approntare una serie di sei Quintetti da dedicare, insieme con un'altra di sei Quartetti, rimasta essa pure incompleta (i cosiddetti Quartetti «prussiani» K. 575, 589, 590) al Re di Prussia Friedrich Wilhelm III, dilettante violoncellista; e la trascrizione della Serenata per fiati K. 388 giunse opportuna a «far numero». Naturalmente Mozart scelse giusto, conferendo nuova veste timbrica ad un capolavoro che già travalicava i limiti storici della Serenata per fiati: anche se l'oscuro drammaticismo di tale opera con i suoi preziosi particolari di scrittura e soprattutto il suo unico e definitivo colore, così legato all'impressionante, progressiva tensione patetica delle variazioni conclusive e alle aggressive asperità polifoniche del Minuetto e Trio in canone, non potè non risultare sfocato e illanguidito sotto il nuovo e sia pur ovviamente magistrale travestimento.

Giovanni Carli Ballola


(1) Testo tratto dal progrmma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Sala Accademica di via dei Greci, 9 novembre 1973


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Ultimo aggiornamento 20 febbraio 2014