Quintetto in mi bemolle maggiore per corno ed archi, K1 407 (K6 386c)


Musica: Wolfgang Amadeus Mozart (1756 - 1791)
  1. Allegro (mi bemolle maggiore)
  2. Andante (si bemolle maggiore)
  3. Allegro (mi bemolle maggiore)
Organico: corno, violino, 2 viole, violoncello
Composizione: Vienna, dicembre 1782
Edizione: Schmid & Rau, Lipsia 1796
Dedica: Ignaz Leutgeb
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Mozart compose il Quintetto in mi bemolle maggiore K. 407 a Vienna nel 1782. Il lavoro è scritto per corno, violino, due viole e violoncello; la parte prevalente affidata al corno lo pone fra le composizioni che Mozart ideò per il cornista salisburghese Ignatz Leitgeb, suo amico e bersaglio dei suoi scherzi. Il manoscritto del Quintetto è conservato a Londra.

Come i quattro Concerti per corno e orchestra, dedicati allo stesso Leitgeb, il Quintetto, a quanto osserva Alfred Einstein, ha un tono un po' umoristico, che nell'Andante cede il campo ad un amoroso dialogare fra il corno e il violino. L'aspetto del pezzo è quello di un concerto per strumento solista con accompagnamento di una piccola orchestra d'archi. Nel primo e soprattutto nel terzo movimento, sempre secondo l'Einstein, Mozart sembra farsi gioco dei limiti dello strumento a fiato. Secondo il Saint-Foix, invece, «è una meraviglia ascoltare come si attua felicemente la fusione del corno, sempre nostalgico, con un quartetto d'archi, nel quale figurano, in luogo del secondo violino e della viola, due viole che accentuano il carattere poetico e sognante dell'intera opera».

Nell'Allegro iniziale, il corno entra dopo alcune battute introduttive e presenta successivamente due temi, cui risponde volta a volta il violino; lo sviluppo si apre con delle imitazioni su un nuovo tema e si avvia poi alla ripresa, che è simile all'esposizione nella prima parte e variata nella seconda. L'Andante, in si bemolle, è costruito su un unico tema, il quale dà vita a due parti concluse da una cadenza. L'Allegro finale è un rondò, il cui tema è presentato dal corno solo ed è ripreso dal quartetto; il ritornello si alterna con intermezzi, fra i quali uno centrale in minore; verso la fine, compaiono una cadenza ed un semiserio fugato.

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Nel Quintetto di Mozart per corno e archi K. 407 troviamo due viole al posto degli usuali due violini, per cui abbiamo a che fare con una composizione un po' ai margini delle normali stagioni concertistiche spesso legate alle formazioni classiche del Trio o del Quartetto. Tutte le opere per corno di Mozart si devono alla felice circostanza che Joseph (o Ignaz) Leutgeb, cornista nell'orchestra del Fürsterzbischof Colloredo di Salisburgo, abbia deciso di trasferirsi a Vienna dove poi chiese a Mozart di comporgli dei concerti onde affermarsi nella capitale. Sembra che Leutgeb non sia stato un lume di scienza offrendo più di una occasione di bonario scherno a Mozart che si permise di apporre questa 'dedica' al Concerto K. 417: "Wolfgang Amadeus Mozart ha avuto pietà di quest'asino, di questo pazzo di Leitgeb, a Vienna il 27 maggio 1783", per tacere delle chiose saporite del Concerto K. 412. Quale cornista invece doveva aver raggiunto un livello di tutto rispetto se si considerano le difficoltà tecniche dei concerti mozartiani. Il Quintetto K. 407, composto a Vienna alla fine del 1782, edito postumo da Schmid & Rau a Lipsia, mette in risalto tutte le possibilità dello strumento (tranne gli accordi) pur non sfruttandone l'estensione completa nel primo e nel secondo tempo; solo nel Finale, prima del terzo ritornello, il corno scende nelle regioni più gravi. Nelle prime battute introduttive la prima viola assume il ruolo solitamente ricoperto dal secondo violino, cioè di sostegno del primo alla terza bassa, ma a partire dall'esposizione del tema principale sarà il corno a condurre il discorso. Solo occasionalmente gli altri strumenti vanno al di Là della funzione di sostegno, come per esempio nel brevissimo sviluppo, o alla fine dell'esposizione quando il primo violino ripete ironicamente i quattro fa staccati del corno, episodio ripetuto ed ampliato con l'intervento degli altri archi alla fine della ripresa. L'Andante, nella tonalità della dominante, lascia spazio maggiore alla cantabilità del primo violino che si alterna col corno mentre sulla base armonica del violoncello le viole procedono per lo più parallelamente. Come anche nel Rondò finale le due viole danno solo un colore lievemente più scuro senza creare atmosfere più adombrate come la loro presenza potrebbe invece suggerire (basti pensare ad alcuni dei quintetti per archi mozartiani). Di impianto formale semplice, il Quintetto K. 407 è vicino al mondo dell'Entführung coeva, e anche l'accenno di fugato nelle sue ultime battute è solamente una scherzosa allusione a forme più severe da Mozart sì magistralmente padroneggiate ma qui non ostentate.

Johannec Streicher


(1) Testo tratto dal progrmma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Sala Accademica di via dei Greci, 13 gennaio 1961
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Olimpico, 25 settembre 1990


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Ultimo aggiornamento 20 ottobre 2013