Quintetto per archi n. 6 in mi bemolle maggiore, K 614


Musica: Wolfgang Amadeus Mozart (1756 - 1791)
  1. Allegro di molto (mi bemolle maggiore)
  2. Andante (si bemolle maggiore)
  3. Minuetto e trio. Allegretto (mi bemolle maggiore)
  4. Allegro (mi bemolle maggiore)
Organico: 2 violini, 2 viole, violoncello
Composizione: Vienna, 12 aprile 1791
Edizione: Artaria, Vienna 1793
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Con l'ultimo Quintetto, quello in mi bemolle maggiore K. 614, germogliato nell'ultima primavera mozartiana, i cristalli di gelo si disciolgono in una ritrovata, stupefatta letizia elisia. Anche le irte barriere difensive delle complicazioni contrappuntistiche cedono, inaspettatamente, ad una disarmante semplicità, apparente fin che si vuole e frutto di un sostanziale magistero che ha raggiunto il vertice della perfezione; ma pur sempre rivelatrice di una conquista liberatoria della coscienza creativa che ora si compiace - come nell'Andante - di riandare alla ricerca delle cantilene italiane sopite nella memoria di un'adolescenza prodigiosa, e di riproporle con candido coraggio e in nuova veste, intessuta dalla mano del Maestro; o di suscitare, nel «Trio» del Minuetto, echi di Laendler agresti su pedali di cornamuse. L'Allegro iniziale, costruito su una minuscola cellula tematica increspata da un trillo, capace tuttavia di espandersi inaspettatamente nel soavismo secondo motivo, e il Finale improntato ad un immaginario spirito haydniano nei suoi giochi polifonici a sorpresa (dove la prima semifrase del tema s'intreccia alla seconda con spensierata nonchalance), si danno la mano per quella festosa e trepidante eccitazione ritmica, quell'alata leggerezza, quel tripudio canoro che ha meritato, non si sa da parte di chi, alla sublime creazione, il felice appellativo di «Quintetto degli uccelli»: i quali, come è stato scritto, sono «naturalmente le più liete creature del mondo».

Giovanni Carli Ballola

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Il Quintetto in mi bemolle maggiore K. 614 data alla primavera del 1791, ovvero a un periodo in cui Mozart, dopo un silenzio, sembrava aver ripreso la strada della creatività con il Quintetto K. 593, il Concerto per pianoforte K. 595 e due Fantasie, senza dire della Zauberflöte quasi pronta al debutto. Ed al più celebre dei Singspiele mozartiani lo accomuna non solo la tonalità di impianto di mi bemolle maggiore (tonalità per eccellenza massonica con i suoi tre bemolle in chiave), ma anche certa discorsività, certa leggerezza più apparente che reale (visto che nasce da una consumatissima esperienza compositiva), il piglio popolaresco. Dopo le confessioni accorate del K. 516 è come se Mozart avesse raggiunto più decantati climi spirituali. Tutto è ormai essenzializzato alla ricerca di una atarassia che schiuda la serenità ed il sorriso. L'Allegro di molto iniziale è tutto intessuto di idee (con un primo tema ritmico ricco di mordenti ed un secondo aggraziato, come da commedia) che subiscono un trattamento elaborativo quasi di spessore sinfonico. Il clima dominante è disteso con qualche lieve ed episodica increspatura drammatica. L'Andante in si bemolle, perno espressivo della partitura, è esemplare di uno stile classico dalle idee chiare e distinte ed è costituito da una serie di saporite variazioni in cui l'assunto iniziale (forse una reminiscenza dell'aria "Wenn der Freude" del Ratto dal serraglio) viene arricchito di merlettate trine sonore. Discorsivo e quasi haydniano il Minuetto che include un Trio quasi danzante dal sapore di preromantico Ländler popolare. Geniale lo sviluppo del risolutivo Allegro (Rondò) finale con un tema quasi da Singspiel, dal piglio snello e vivace e dalla sapiente orditura contrappuntistica. Un giudizio esaustivo lo diede in merito Massimo Mila che ebbe così a definirlo "trionfo del gioco puro: il dolore ne è assente, non già l'umanità. Ma questa si è liberata dal suo retaggio di miseria; svincolata dalla servitù della sua condizione, più non conosce le angustie della carne, del sangue, del cuore, e giubila smaterializzata nella purezza luminosa dello spirito". Una rilevante conquista artistica che solo pochi mesi dopo però Mozart doveva lasciare ai posteri.

Lorenzo Tozzi


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Sala Accademica di via dei Greci, 9 novembre 1973
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Olimpico, 20 febbraio 2003


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Ultimo aggiornamento 12 maggio 2015