Come finale alternativo per il Concerto K. 207 Mozart scrisse, alla fine del 1776, il Rondò in si bemolle maggiore K. 269 (Allegro). Vi fu probabilmente indotto da Brunetti, che non dovette trovare di suo gusto il finale originario (forse perché non concede molto al virtuosismo strumentale). Mozart abbozzò dunque un nuovo brano, nella forma più «disimpegnata» e meno problematica del rondò: un tema sciolto ed elegante, dalla natura quartettistica, si alterna a una serie di episodi ora virili, ora ombrosi, ora drammatici. Con una spiritosa trovata, l'orchestra e il violino ingannano l'orecchio, da ultimo, con un «falso» attacco del ritornello, prima che la consueta cadenza solistica sfoci nel vero ritornello conclusivo.
Claudio Toscani
Forse destinata al violinista della corte salisburghese Antonio Brunetti, questa composizione è databile intorno alla fine del 1776 in un periodo dedicato in realtà alla composizione di musica sacra. Il Rondò K 269, pur appartenendo indubbiamente allo stile galante, è esente da manierismi fini a se stessi; prova ne è il delicato cromatismo che segna alcuni dei temi melodici e il gusto cameristico che lo avvicina più alla forma di un Quartetto che a quella di un semplice Divertimento.