Serenata per fiati n. 10 in si bemolle maggiore "Gran Partita", K1 361 (K6 370a)


Musica: Wolfgang Amadeus Mozart (1756 - 1791)
  1. Largo. Allegro molto (si bemolle maggiore)
  2. Minuetto (si bemolle maggiore)
  3. Adagio (mi bemolle maggiore)
  4. Minuetto e 2 trii. Allegretto (si bemolle maggiore)
  5. Romanza. Adagio (mi bemolle maggiore)
  6. Tema e variazioni. Andantino (si bemolle maggiore)
  7. Rondò. Allegro molto (si bemolle maggiore)
Organico: 2 oboi, 2 clarinetti, 2 corni di bassetto, 2 fagotti, 4 corni, basso
Composizione: Monaco - Vienna, febbraio - aprile 1781
Prima esecuzione: Vienna, Großer Redoutensaal del Burgtheater, 23 marzo 1784
Edizione: Bureau d'Art, Vienna 1803
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Il complesso di strumenti a fiato ebbe un'interessante evoluzìone nella seconda metà del Settecento, quando il repertorio destinato a questa compagine si arricchì enormemente. Fino ad allora a questi gruppi strumentali era riservato per lo più un ruolo di intrattenimento, che consisteva nell'eseguire musiche appositamente composte per feste e cerimonie, di corte o private, e spesso eseguite all'aperto.

Anche Mozart ebbe numerose occasioni per cimentarsi con questo genere, ma, come di consueto per un genio della sua statura, il suo contributo fu determinante. Egli scrisse infatti Divertimenti e Serenate che sfruttano al massimo i colori delle diverse coppie strumentali, e mostrano una freschezza inventiva che va al di là di qualsiasi ragione di circostanza, richiedendo agli strumentisti eccezionali abilità virtuosistiche, espressive e dinamiche che appartengono al più raffinato stile cameristico.

Non si conosce esattamente l'anno di composizione di questa Serenata per 13 strumenti K. 361, ma si ha ragione di ritenere che essa sia stata scritta a Vienna intorno al 1783-84, contemporaneamente al Concerto per pianoforte in mi bemolle maggiore K. 449. L'annotazione apocrifa di "Gran Partita", riportata sulla prima pagina della partitura, non è attribuibile a Mozart. Secondo la versione poco attendibile di Georg Nikolaus von Nissen, secondo marito di Constanze e primo biografo di Mozart, questa Serenata fu il dono di nozze di Mozart alla moglie per il loro matrimonio il 4 agosto 1782 (se così fosse, la Serenata, come l'Idillio di Sigfrido donato da Wagner a Cosima quasi un secolo più tardi, deve essere considerata come uno dei più grandi doni musicali che mai siano stati fatti da un compositore alla propria moglie!). Notizie certe di una esecuzione della "Gran Partita" ci portano a Vienna nel 1784, quando quattro movimenti della Serenata furono eseguiti dalla Harmonie (il gruppo dei fiati di un'orchestra) della corte imperiale su iniziativa del clarinettista Anton Stadler, (per il quale Mozart nel 1791 scrisse il suo Concerto per clarinetto K. 622), come riporta lo scrittore, e drammaturgo Johann Friedrich Schink nelle sue memorie Litterarische Fragmente:

Accademia musicale di Stadler, virtuoso di clarinetto. Abbi la mia gratitudine, eccellente virtuoso! Quel che hai compiuto con il tuo strumento non l'avevo mai sentito [...]. Oggi ho anche sentito una musica per flati del signor Mozart, in quattro movimenti. Meravigliosa, sublime! Era per tredici strumenti: quattro corni, due oboi, due fagotti, due clarinetti, due corni di bassetto, un contrabbasso, e ad ogni strumento sedeva un maestro - e che effetto che fece! Meraviglioso e grandioso, eccellente e sublime!

Nel catalogo mozartiano la "Gran Partita" occupa una posizione di particolare rilievo per la grandiosità della struttura formale (che conta ben sette movimenti), per la felicità dellinvenzione melodica e armonica e per l'originalità dell'organico strumentale. Al convenzionale complesso di 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti e 2 corni, Mozart aggiunse una seconda coppia di corni, il contrabbasso e 2 corni di bassetto - che fanno qui la prima comparsa nell'opus mozartiano, per riapparire poco dopo nel primo atto del Ratto dal serraglio come accompagnamento dell'Aria di Konstanze Traurigkeit word mir zum Lose.

Nel Largo iniziale tutto scorre con semplicità e naturalezza, con una introduzione lenta tipicamente haydniana. Il tema Molto Allegro dà origine alle più svariate combinazioni, che mostrano chiaramente la ricchezza e la grande sensibilità timbrica del Salisburghese. I due Minuetti che incorniciano l'Adagio sono pezzi raffinati, e i corrispondenti Trii sembrano evocare musiche popolari. Ma "la vetta culminante" della composizione è proprio il terzo tempo Adagio, pagina notturna e appassionata, caratterizzata da un canto di grande dolcezza e profonda melanconia, introdotto da una coppia di corni. Proprio quest'Adagio viene citato in uno dei momenti più toccanti del celeberrimo film Amadeus di Milos Forman, dove è Salieri a descriverne la straordinaria bellezza: "Sulla pagina non sembrava niente, un inizio semplice, quasi comico, appena un palpito, con fagotti, corni di bassetto, come uno schiudersi di un vecchio cofano. Dopodiché, ad un tratto, ecco emergere un oboe, una sola nota, sospesa, immobile, finché un clarinetto ne prende il posto, addolcendola con una frase di una delizia... Era una musica che non avevo mai sentito, espressione di irrefrenabili desideri. Sembrava di ascoltare la voce di Dio".

Una serena Romanza anticipa il Tema con variazioni in cui il compositore aggrega di volta in volta diversi timbri strumentali. Il Finale. Molto allegro è un brano molto brillante, quasi una Marcia, dove viene fuori lo spirito gioioso del compositore trattenuto da un uso misurato del volume degli strumenti.

Arrigo Quattrocchi

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Nel corso della seconda metà del Settecento nelle piccole corti e nelle case patrizie dell'Europa centrale si diffuse enormemente l'abitudine di affidare l'intrattenimento musicale durante feste e cerimonie a un piccolo complesso di fiati che veniva indicato con il termine tedesco di Harmonie. Il nucleo standard di una Harmonie era un ottetto formato da due oboi, due clarinetti, due corni e due fagotti e il suo repertorio era costituito principalmente da arrangiamenti e trascrizioni delle opere più in voga o da lavori originali nelle forme disimpegnate della serenata, del divertimento, della cassazione. A questo complesso musicale, destinato a scomparire del tutto nel giro di pochi decenni, diedero il loro contributo praticamente tutti i compositori dell'epoca, sia con arrangiamenti che con lavori originali.

Le tre Serenate per fiati composte da Mozart al principio degli anni Ottanta costituiscono senza dubbio il vertice sommo di questa produzione. Se però la Serenata in mi bemolle maggiore K. 375 pur elevandosi di molto al di sopra della media delle composizioni coeve a livello qualitativo, non se ne discosta radicalmente a livello formale, la Serenata in do minore K. 388 (384a) ne stravolge completamente le convenzioni: già la scelta di una tonalità minore - cosa all'epoca ancora rarissima perfino nelle composizioni più "impegnate" come i quartetti, le sonate e le sinfonie - costituisce una sorta di contraddizione in termini in un brano che dovrebbe essere di piacevole intrattenimento; poi il numero dei movimenti, ridotto a quattro, e la loro struttura formale sembrano guardare più al modello della sinfonia che a quello della serenata, così come la temperatura espressiva del brano e la complessità di esecuzione.

Con la Serenata in si bemolle maggiore K. 361 (370a) Mozart, pur tornando a una struttura apparentemente più convenzionale in sette movimenti, osa ancora di più, non solo aggiungendo altri strumenti all'organico base della Harmonie - due corni di bassetto (un particolare tipo di clarinetto che suona una quinta sotto, inventato in quegli anni e particolarmente amato da Mozart per il suo timbro molto più scuro e velato rispetto al clarinetto), una seconda coppia di corni e un contrabbasso - ma dilatando le dimensioni e la densità di scrittura di ciascun movimento, dando vita così a un lavoro assolutamente unico nel suo genere; e questa ipertrofia quantitativa e qualitativa della Serenata in si bemolle maggiore doveva essere tanto più evidente all'epoca di Mozart, visto che una mano anonima ha aggiunto sul manoscritto autografo la dicitura di "Gran Partita" con cui ancora oggi viene abitualmente chiamata.

Per quanto possa sembrare impossibile, le notizie che abbiamo sulla genesi di questo straordinario capolavoro e sulle sue esecuzioni pubbliche durante la vita di Mozart sono alquanto vaghe, per non dire nulle. Un tempo la sua nascita veniva collocata dagli studiosi in modo pressoché unanime nel periodo compreso tra la fine del 1780 e l'inizio del 1781, quando Mozart si trovava a Monaco per curare la prima esecuzione di Idomeneo. A confortare questa ipotesi c'era la presenza degli ottimi strumentisti a fiato dell'orchestra di corte e del principe Karl Theodor del Palatinato che Mozart aveva già avuto modo di conoscere qualche anno prima a Mannheim: la Serenata avrebbe potuto essere composta, dunque, sia come segno di amicizia per gli strumentisti provenienti dalla leggendaria orchestra di Mannheim (che si era sciolta nel 1778 quando Karl Theodor era stato chiamato a Monaco come principe elettore di Baviera), sia come omaggio al principe nella speranza di ottenere un incarico a corte.

In tempi più recenti si è cominciato ad affermare che a Monaco furono composti solamente quattro dei sette movimenti che formano la Serenata, mentre i rimanenti tre sarebbero stati scritti da Mozart nella primavera-estate del 1781, nei primi mesi trascorsi a Vienna dopo la rottura con l'Arcivescovo di Salisburgo. Infine gli studi condotti in questi ultimi anni con l'aiuto della tecnologia - come l'analisi della filigrana della carta del manoscritto originale - sembrerebbero postdatare la nascita dell'intera Serenata al primo periodo viennese: lo studioso mozartiano Roger Hellyer ha addirittura avanzato l'ipotesi che il pezzo potesse rappresentare un dono per Constanze in occasione delle nozze, celebrate a Vienna il 4 agosto del 1782.

Sia come sia, nulla ci è dato sapere su una qualsiasi esecuzione pubblica del brano durante la vita di Mozart. Anche in questo caso possiamo solo supporre che «il grande pezzo per strumenti a fiato di un tipo molto speciale composto da Herr Mozart» di cui parlava l'annuncio pubblicitario per il concerto dato al Burgtheater di Vienna dal clarinettista Anton Stadler il 23 marzo del 1784 fosse proprio la Serenata in si bemolle maggiore, o almeno una sua parte.

Fin dall'apertura la Serenata afferma la sua divergenza dalle convenzioni del genere: anche se le nostre orecchie moderne non possono più rendersene conto, le quattordici battute di introduzione lenta (Largo), che sarebbero assolutamente normali in un quartetto o in una sinfonia, in una serenata fanno più o meno l'effetto di una persona che si presenti a un pique-nique vestita in abito da sera. Non c'è da stupirsi se dopo un simile incipit il gioioso ma sapientissimo Allegro molto che lo segue si apra nello sviluppo a una scrittura più contrappuntistica e a brevi momenti di malinconia in tonalità minore e se perfino il solido Menuetto contenga al suo interno un primo Trio che si configura come un delicato notturno per soli clarinetti e corni di bassetto e un secondo Trio increspato da un poeticissimo e malinconico dialogo fra oboe e clarinetto.

Quanto poi all'Adagio che segue, siamo forse di fronte a una delle pagine di più ineffabile bellezza di tutta la letteratura musicale; e non è andato troppo lontano dal vero Peter Shaffer, che nella prima scena della sua commedia Amadeus, poi portata sul grande schermo da Milos Forman, fa dire a Salieri all'ascolto di questo Adagio: «Mi sembrò di aver sentito la voce di Dio!». Segue un giocoso Menuetto che, se rimane sereno e cantabile anche nel secondo Trio, dal tono rassicurantemente popolareggiante, nasconde nel suo cuore un primo Trio in minore dai toni misteriosi e inquietanti. Perfino la Romanze, altro momento di sospensione lirica, contiene al suo interno un agitato Allegretto in minore, mentre lo spensierato Tema con variazioni che segue offre a turno a tutti gli strumentisti la possibilità di salire alla ribalta; ma anche qui la quarta variazione sembra anticipare voci e colori di alcune pagine della Zauberflöte. Questo capolavoro davvero straordinario, in cui Mozart usa con inarrivabile maestria la tavolozza offertagli da un ensemble di strumenti a fiato, si chiude gioiosamente con un brevissimo e festoso Rondò di sapore turco, forse la pagina più in sintonia con le esigenze di una normale serenata per Harmonie.

Carlo Cavalletti


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorium Parco della Musica, 9 febbraio 2007
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Olimpico, 20 novembre 2014


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Ultimo aggiornamento 4 dicembre 2014