Sinfonia n. 1 in mi bemolle maggiore per orchestra, K 16


Musica: Wolfgang Amadeus Mozart (1756 - 1791)
  1. Molto Allegro (mi bemolle maggiore)
  2. Andante (do minore)
  3. Presto (mi bemolle maggiore)
Organico: 2 oboi, 2 corni, archi
Composizione: Londra, fine 1764 e inizio 1765
Guida all'ascolto (nota 1)

Mozart compose la sua prima Sinfonia K. 16 tra la fine del 1764 e l'inizio del 1765 a Londra, dove il piccolo Wolfgang - ha solo nove anni - stringe amicizia con il figlio di Bach, Johann Christian, stimato come direttore d'opera e sinfonista. Soprannominato "il milanese" per il lungo soggiorno nella città lombarda, Johann Christian prese a modello il tipo di sinfonia all'italiana e specie quella di Sammartini, che era concepita come una forma strumentale in tre brevi movimenti: un adagio racchiuso fra due movimenti, il primo dei quali di respiro abbastanza ampio e l'ultimo modellato su una danza. Questo genere di composizione era una filiazione diretta dell'introduzione strumentale operistica, molto diffusa in Italia sin dal principio del Settecento, e continuò a chiamarsi sinfonia anche durante l'Ottocento, mentre altrove assunse il nome anche di ouverture. Non va dimenticato inoltre che la derivazione operistica aveva conferito alla sinfonia alcuni caratteri tipici: scorrevolezza ritmica e invenzione melodica di scintillante vivacità. Quest'ultimo era forse l'aspetto più rilevante della sinfonia, in quanto per la prima volta veniva trasferita nel campo strumentale la freschezza melodica dell'opera buffa napoletana, ritenuta una esperienza di portata storica nel campo della musica. C'è poi una seconda osservazione da fare, relativa alla destinazione di queste prime sinfonie: esse venivano eseguite in apertura e chiusura di concerti i cui pezzi forti erano costituiti dalla esibizione di solisti, cantanti o strumentisti, conservando così la fisionomia originaria di musica d'introduzione.

Il primo gruppo delle sinfonie di Mozart, così come le prime sinfonie di Haydn - che iniziò a scriverne intorno al 1759, soltanto 5 o 6 anni prima di Mozart - sono concepite secondo questo schema d'impostazione generalmente definito italiano. Ma ben presto in terra tedesca tale modello italiano subisce delle trasformazioni, dettate da una diversa struttura dell'organismo orchestrale. Sia Haydn ad Esterhàzy che Mozart a Mannheim si trovarono di fronte a orchestre di dimensioni più ampie di quelle italiane, fornite di una più evoluta tecnica individuale e di una più severa disciplina di gruppo. Queste orchestre erano quindi in grado di produrre un volume di suono più robusto, di creare contrasti di sonorità più evidenti e un fraseggio più espressivo. Il discorso sinfonico diventava in tal modo più complesso e non era affidato soltanto ad una successione di brillanti trovate melodiche, ma ad una tematica più elaborata e giocata sulla diversità delle modulazioni. In tal modo la forma sinfonica risultava ampliata, sia allungando sensibilmente i singoli movimenti, specie il primo, e sia aggiungendo un quarto tempo, cioè un Minuetto o uno Scherzo, fra l'Adagio e il Finale. Così la Sinfonia non è più semplice introduzione ad una esibizione di solisti, ma diventa il corpus centrale di un programma.

L'autografo della Sinfonia in mi bemolle maggiore K. 16 reca sul frontespizio la seguente scritta: "Sinfonia del signor Wolfgang Mozart a Londra", il che fa immaginare che sia stata composta prima della fine del gennaio del 1765. Essa ha una struttura molto semplice e sin dall'Allegro iniziale, formato da due temi, tutto si svolge con estrema chiarezza nel rapporto tra invenzione e modulazione delle melodie, secondo il gusto strumentale italiano. L'Andante in do minore contiene un solo soggetto, variato dal maggiore al minore, nell'ambito dello stile patetico, ispirato probabilmente ai modelli di Schobert. Va sottolineato, inoltre, il piacevole effetto provocato dalla precisa diversificazione ritmica tra i primi violini e i violoncelli. Il Rondò finale ha un piglio fresco e brillante e non si discosta sostanzialmente dal tipo di scrittura, nel gioco fra piano e forte, usato da Christian Bach, un autore al quale Mozart bambino guardò con particolare ammirazione e devozione.

Ennio Melchiorre


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di Via della Conciliazione, 29 gennaio 1993


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Ultimo aggiornamento 25 maggio 2011