Sonata n. 11 in la maggiore per pianoforte "Marcia Turca", K1 331 (K6 300i)


Musica: Wolfgang Amadeus Mozart (1756 - 1791)
  1. Tema. Andante grazioso (la maggiore)
  2. Minuetto (la maggiore)
  3. Alla Turca. Allegretto (la minore)
Organico: pianoforte
Composizione: Parigi, Maggio - Luglio 1778
Edizione: Artaria, Vienna 1784
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Il primo dei tre concerti di Andràs Schiff si apre con la Sonata in la maggiore K. 331, pubblicata nel 1784 dall'editore Artaria con il numero d'opera 6, in un gruppo di tre Sonate che comprendeva anche gli spartiti K. 330 e 332. Si tratta delle prime tre Sonate scritte da Mozart negli anni viennesi, anzi probabilmente i tre lavori vennero concepiti nel corso del periodo trascorso da Mozart a Salisburgo nell'estate 1783 - il compositore era tornato nella città natale per presentare alla famiglia d'origine la moglie Constanze Weber - come lascia pensare una lettera del 12 giugno 1784 al padre, in cui Mozart annuncia appunto la pubblicazione delle tre Sonate, definendole quelle "che ho regalato a mia sorella". Mozart scrisse questi tre spartiti verosimilmente per il proprio uso concertistico e didattico, e si può essere certi che il loro contenuto non mancò di destare la giusta attenzione.

In particolare, la Sonata in la maggiore K. 331 era destinata ad imporsi come la più celebre fra tutte le Sonate di Mozart, a causa dell'ultimo tempo, il cosiddetto Rondò "Alla turca", ben noto anche al di fuori degli ambienti della musica colta. Sulla scia della moda della turquerie, che aveva avuto vastissima diffusione in tutta l'Europa nel corso del Settecento, Mozart aveva scritto, nel 1782, l'Opera Die Entführung aus dem Serail (Il ratto dal serraglio) che aveva colto una piena affermazione presso il pubblico viennese.

Nella Sonata K. 331 troviamo dunque il desiderio di riallacciarsi a quel successo, di inserirsi sulla scia della turquerie teatrale per riproporre, nei salotti dell'aristocrazia, quegli stessi stilemi che dovevano attribuire alla musica un sapore "turchesco". Altro esempio di turquerie è il Rondò finale della Serenata per fiatti K. 361, eseguita nel marzo 1784, pagina per molti aspetti gemella del Rondò pianistico. Ciò che rende singolare questa Sonata, tuttavia, non è solamente la presenza del movimento "Alla turca", ma il fatto che, inserendo nello spartito un tempo così fortemente caratterizzato, Mozart decise di costruire una Sonata complessivamente anomala. È infatti questa l'unica Sonata di Mozart - a parte la giovanile Sonata in mi bemolle maggiore K. 282 - il cui primo tempo non si articola in forma-sonata. Il modello della Sonata K. 331 è invece piuttosto quello della Suite, formato da movimenti contrastanti e di danza.

Ecco dunque che l'iniziale Andante grazioso è un tema ingenuo con sei variazioni, che raggiungono progressivamente una eclatante brillantezza tecnica. Purissima è l'idea iniziale, che si arricchisce di fioriture (Variazione I), di intensificazioni nell'accompagnamento (II), trova la strada misteriosa del modo minore (III), sfrutta le contrapposizioni fra diversi registri della tastiera, con la mano sinistra che suona sopra la destra nel registro acuto (IV), si arresta nella pausa contemplativa dell'Adagio fortemente fiorito (V) e cambia infine metro, da 6/8 a tempo quaternario, per chiudere brillantemente il movimento (VI).

In posizione centrale troviamo un Minuetto di intonazione nobile e di mirabili risorse timbriche, che fa ancora ricorso, nel Trio, all'inversione delle mani.

Ma la Sonata gravita, ovviamente, verso il movimento conclusivo, l'Allegretto "Alla turca", in forma di Rondò francese. Questo carattere francese deriva dalla presenza di un tema principale in minore - ricco di acciaccature o appoggiature e gruppetti, nella dinamica "piano" - e di un refrain in maggiore e in forte; si inserisce anche una nuova sezione in minore, basata sulla misteriosa scorrevolezza di quartine e di scale. Ad attirare l'attenzione è soprattutto la particolare scrittura del refrain, che viene ripresa e potenziata nella coda: vi troviamo infatti una sonora melodia in ottava, accompagnata in modo insistito; gli arpeggi della mano sinistra ottengono l'effetto di far entrare in vibrazione tutti i suoni armonici dello strumento e Mozart aggiunge, alla destra, degli accordi preceduti da acciaccature; ecco dunque che questa particolare scrittura si propone di ricreare sulla tastiera il suono esotico, misterioso e "selvaggio" delle bande militari turche che si avvalevano di tamburo, triangoli e campanelli. Tanto efficace è questa invenzione - che appariva ancor più efficace con i pianoforti dell'epoca, dal suono più aspro di quelli moderni - che il brano ha acquisito fama imperitura.

Arrigo Quattrocchi

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

La Sonata in la magg. K. 331, ritenuta a lungo scritta nel 1778 a Parigi e oggi fatta risalire con molta probabilità al 1783, presenta delle caratteristiche alquanto atipiche: il primo movimento (Andante grazioso) è un Tema con variazioni e nessuno dei tre movimenti è scritto in forma-sonata (la struttura assolutamente tipica del primo tempo, e talvolta anche dell'ultimo, di una sonata classica); infine manca anche il movimento lento, al posto del quale troviamo un Minuetto. Eppure non si deve pensare a un insieme disorganico, in quanto Mozart riesce a fondere magicamente i tre movimenti con una serie di sottili richiami ritmici, formali e di atmosfere. Rispetto alle eccezioni menzionate, la presenza del celeberrimo Allegretto "Alla Turca" come ultimo movimento si rivela in fondo meno atipica, tanto più che Mozart già in altre occasioni si è divertito a ricorrere al colore delle turcherie nella sua musica. Se mai non dovremmo meravigliarci troppo se fosse vera l'ipotesi di Paul Badura-Skoda, secondo la quale Mozart, per evocare meglio le percussioni tipiche delle bande di giannizzeri, nel suonare i ritornelli di questa Marcia turca utilizzava a mo' di percussione gli smorzi particolari di alcuni fortepiani.

Carlo Cavalletti


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorium Parco della Musica, 20 Febbraio 2009
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Olimpico, 30 aprile 1992


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Ultimo aggiornamento 29 maggio 2014