Sonata in re maggiore per due pianoforti, K1 448 (K6 375a)


Musica: Wolfgang Amadeus Mozart (1756 - 1791)
  1. Allegro con spirito (re maggiore)
  2. Andante (sol maggiore)
  3. Allegro molto (re maggiore)
Organico: 2 pianoforti
Composizione: Vienna, Novembre 1781
Prima esecuzione privata: Vienna, casa Auernhammer, 23 Novembre 1781
Edizione: Artaria, Vienna 1795
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Mozart, eccellente pianista sin da bambino, suonò spesso a quattro mani con sua sorella Nannerl (Maria Anna) in ricevimenti e serate musicali in cui dominavano la bravura e il virtuosismo dei due giovanissimi interpreti. Egli comunque ha arricchito questa specifica pratica concertistica a quattro mani ed ha lasciato diverse composizioni che si distinguono per freschezza inventiva e brillantezza espressiva, sul piano certamente più del divertimento che di una profonda necessità intellettuale. Il suo esempio in questo campo non è rimasto isolato, visto che anche Beethoven, Schubert, Schumann, fino a Debussy, Ravel e Stravinsky scrissero pezzi per pianoforte a quattro mani, riproposti nei programmi delle varie Istituzioni musicali. Ci limitiamo a ricordare alcune delle Sonate mozartiane per pianoforte a quattro mani: quella in do maggiore K. 19d, composta nel maggio del 1765 ed eseguita con la sorella Nannerl durante una tournée in Europa, le altre in re maggiore K. 381, in si bemolle maggiore K. 358, in fa maggiore K. 497 e in do maggiore K. 521, scritta nel maggio 1787 per la sorella del suo amico Gottfried von Jacquin. C'è poi l'Andante con cinque variazioni in sol maggiore K. 501, collocato nel 1786 e apprezzato per il suo elegante charme melodico e con esso il pezzo riproposto nel concerto di stasera, cioè la Sonata per due pianoforti in re maggiore K. 448, articolata in tre tempi e improntata ad un clima di festosa piacevolezza sonora. In una lettera del 24 novembre 1781 scritta da Mozart a Vìenna e indirizzata a Salisburgo è detto: «Ieri sono stato invitato dalla famiglia Aurnhammer... Abbiamo suonato un concerto per due pianoforti che ho composto per l'occasione ed ha ottenuto un vivo successo». Si tratta della Sonata in re maggiore K. 448 composta per Joséphine Aurnhammer, una delle prime allieve viennesi del musicista e molto stimata per la sua bravura tecnica e il suo virtuosismo. Infatti la Sonata in re maggiore richiede sin dal primo movimento (Allegro con spinto) un perfetto equilibrio nel dialogo e nella funzione dei giochi sonori, sottolineando lo spigliato e cordiale pianismo a quattro mani. Tale carattere si accentua nel Rondò finale, dove l'atmosfera assume un tono di scoppiettante divertimento, mentre l'Andante centrale in sol maggiore, diviso in tre parti, mostra tinte delicate e sfumate sul piano armonico ed espressivo. Insomma, lo stile della Sonata è galante e inserito in un classicismo di pura fantasia creatrice.

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

«Presso gli Aurnhammer abbiamo suonato il Concerto a due [K. 365] e anche una sonata a due [pianoforti] [K. 448] che avevo composto espressamente per la circostanza e che riportò un vivo successo». È questo il testo dì una lettera di Wolfgang Amadeus Mozart sull'accademia del 24 novembre 1781 a casa Aurnhammer: in repertorio il concerto che aveva appena scritto per Fraulein Josephine Aurnhammer, una delle sue prime allieve viennesi e, secondo il compositore stesso, ottima pianista. La scelta dei due pianoforti usciva dalla normale amministrazione. E permetteva a Mozart di giocare al meglio le sue carte per ricavare maggiore pienezza sonora, ma soprattutto per sviluppare un dialogo concertante; colpisce, infatti, l'arte con cui ha saputo equilibrare le due parti pianistiche, nell'alternanza o nella simultaneità dei due esecutori che intrecciano le sezioni, nella capacità di sfruttare appieno le sonorità e le varie regioni della tastiera, garantendo equilibrio anche nelle sezioni virtuosistiche. E questo, naturalmente, salvaguardando la «buona forma» dal punto di vista architettonico. È l'ambiente di festa a fare da sfondo dominante alla Sonata, ispirata inizialmente a un concerto di Johann Christian Bach: sin dal primo movimento, un diffuso sentimento di gaia leggerezza accoglie l'ascoltatore. Levità, brillantezza, sono i caratteri precipui dell'Allegro con spirito iniziale, già dal primo gruppo tematico, tutto concentrato su energiche asserzioni, volate, mulinanti arpeggi su figure di semicrome. Per un attimo il secondo tema allenta la presa ritmica, con il suo arco confidenziale di tipico gusto galante, ma già sopraggiunge il travolgente Epilogo e un agile Sviluppo che, con l'inaspettato apparire di un nuovo tema, mette in mostra la sublime maestria mozartiana nell'ordire la trama complessa delle parti, ma senza sforzo apparente. L'Andante è un tipico tempo di mezzo mozartiano, raffinato e discreto, con un primo tema di serenata e un secondo tema in continuità di carattere con il primo. Articolato in tre parti, spicca per quel suo stile cantabile e commuove per i delicati colori armonici ed espressivi. Un senso generale di pace si impadronisce della scena, inducendo a un momento di calma e di meditazione dopo tanto spensierato correre. Ma per poco: con il Molto Allegro, infatti, riprendono i giochi spensierati. Formalmente si tratta di un assai esteso rondò, che richiama, almeno nel carattere, alcuni passi del Ratto dal serraglio (risalente alla stessa epoca) o persino, nel profilo tematico del refrain principale, il rivolto del tema della Marcia alla turca K. 331. Lo domina, anche nella sequenza degli episodi, degli interludi, delle frasi di collegamento che Mozart, con la tipica perizia, accosta e giustappone come segmenti a incastro, una sorta di mobilità ritmica continua senza requie, fatta di corse impetuose, e di volate brillanti di carattere virtuoslstico. Tempus fugit, così in un baleno, la Ripresa del refrain principale per la terza volta giunge a spazzare ogni indugio, concludendo in modo smagliante l'intero movimento.

Marino Mora

Guida all'ascolto 3 (nota 3)

La Sonata in re maggiore per due pianoforti fu il frutto di un sodalizio artistico con Josephine von Aurnhammer. Essa conta fra i capolavori dello stile galante, e dir questo di un'opera di Mozart vale per un esito di equilibrio quale raramente si incontra nella storia delle arti. L'impressione fonica rinvia, a volte, a reminiscenze orchestrali. Difatti la scelta delle disposizioni pianistiche emula felicemente i celebri dialoghi fra fiati del Mozart viennese. E l'effetto sinfonico emerge da un intreccio fra le tastiere, che evita i rinforzi a terze e seste, e li sostituisce con la scrittura concertante.

Gioacchino Lanza Tomasi


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 21 febbraio 1992
(2) Testo tratto dal libretto inserito nel CD allegato al n. 172 della rivista Amadeus
(3) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Olimpico, 15 maggio 1974


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Ultimo aggiornamento 2 agosto 2015