Dodici variazioni in do maggiore per pianoforte, K1 265 (K6 300e)

sull'aria "Ah, vous dirais-je maman

Musica: Wolfgang Amadeus Mozart (1756 - 1791)
Organico: pianoforte
Composizione: Parigi, estate 1778
Edizione: Torricella, Vienna 1785
Guida all'ascolto (nota 1)

Anche se suonò professionalmente per diversi anni il violino (fu Konzertmeister presso la corte arcivescovile di Salisburgo) Mozart ebbe con il pianoforte - o, meglio, fortepiano, come si usa chiamare oggi questo strumento nella prima fase del proprio sviluppo - un rapporto privilegiato. Sullo strumento a tastiera compì i primi approcci diretti con la musica, e anche i primi tentativi di composizione; della tastiera si servì per incantare tutte le grandi corti europee nel corso dei numerosi pellegrinaggi infantili. Sulla tastiera concentrò le sue attenzioni, almeno a partire dal 1775, con le sei sonate monacensi che costituiscono il suo primo importante lascito in questo campo. Alla tastiera guardò l'autore maturo per imporre il proprio nome presso l'alta società viennese, dopo il trasferimento a Vienna del 1781, proponendosi nella doppia veste di pianista-compositore. Infatti la maggior parte delle composizioni dedicate da Mozart al pianoforte fu pensata dall'autore per il proprio personale uso di solista. Come molti virtuosi della propria epoca egli fu essenzialmente un compositore-esecutore, che scriveva la propria musica con il fine preciso di valorizzare al meglio le proprie qualità tecniche ed espressive.

Nella cospicua produzione di Mozart dedicata allo strumento possiamo dunque cogliere due aspetti paralleli e complementari dell'evoluzione del maestro; da una parte l'evoluzione dell'esecutore, ossia la progressiva scoperta delle potenzialità del pianoforte, strumento che aveva preso da poco tempo il posto del vecchio cembalo e che attraversava un periodo di rapido perfezionamento; insomma una ricerca sulla tecnica e sulla scrittura per lo strumento. Dall'altra parte l'evoluzione del compositore, che costruisce la sua musica in modo da attribuire alle vecchie forme strumentali - la sonata, la variazione, il concerto - una ampiezza e una varietà, una articolazione interna e una complessità di soluzioni in precedenza sconosciute, proprio partendo dalle nuove scoperte sulla scrittura pianistica.

La variazione e la sonata sono dunque gli ambiti privilegiati della produzione tastieristica di Mozart. La prassi della variazione, risalente alle origini della musica strumentale, aveva trovato un nuovo incremento e un nuovo sviluppo nel periodo galante. A differenza degli autori barocchi (esempio preclaro quello delle Variazioni Goldberg di Bach), l'idea della variazione galante non aveva implicazioni speculative, ma principalmente uno scopo leggero e intrattenitivo, e si limitava a ripetere il tema di base con variazioni ornamentali che non ne intaccavano l'essenza e la riconoscibilità.

Di Mozart sono giunti ai posteri almeno quattordici cicli di variazioni pianistiche stesi su carta. L'espressione non è casuale. Per Mozart infatti, come per i pianisti della sua epoca, il ciclo di variazioni era essenzialmente una tecnica per improvvisare di fronte a un pubblico. Fin da piccolo, nel corso dei suoi viaggi europei di apprendistato, Mozart era solito, nel corso di una esibizione, improvvisare delle variazioni su un tema proposto da qualche spettatore; una manifestazione di grande creatività e di dominio perfetto della tastiera. È ovvio che queste improvvisazioni non nascevano in modo del tutto rapsodico e istintivo, seguivano al contrario uno schema preciso, per cui ogni singola variazione sviluppava un particolare assunto di base, tecnico o espressivo, come, ad esempio, gli arpeggi della mano destra o l'incrocio delle mani, o il passaggio del tema dal modo maggiore al modo minore e via dicendo. Nel corso degli anni Mozart arrivò a definire in qualche modo uno schema "a priori", che gli consentiva di elaborare delle variazioni anche molto complesse direttamente in fase di esecuzione, partendo dai temi proposti da qualche illustre componente del pubblico di un salotto o di una esclusiva sala di concerti. È quindi logico immaginare che molti cicli di variazioni costituiscano la stesura su carta di qualche felice esibizione concertistica avvenuta in un tempo precedente. In questo procedimento quanto più semplice era il tema di partenza tanto più efficace era il risultato.

Semplicissima, e dunque ideale per essere variata, era la canzone infantile "Ah, vous dirai-je Maman", posta alla base delle Dodici variazioni in do maggiore K. 265 (300e). È questo uno dei quattro cicli di variazioni scritti nel 1778 nel corso dello sfortunato soggiorno parigino; troviamo, in questi lavori, un'ormai raggiunta consapevolezza della scrittura pianistica, come nelle parallele sonate del viaggio a Mannheim e Parigi di quegli anni; inoltre Parigi era un grande centro del concertismo, che aveva sviluppato un particolare gradimento per il genere del tema con variazioni, considerato un giusto banco di prova per ogni virtuoso. Ecco dunque che Mozart scelse per le sue variazioni parigine dei temi tutti francesi e molto noti, come la romanza "Je suis Lindor" tratta dalle musiche di scena di Antoine-Laurent Baudron per Le Barbier de Séville di Beaumarchais (Variazioni K. 354), la canzone francese "La belle Françoise" (K. 353), l'arietta "Lison dormait" dal Singspiel Julie di Nicolas Dezède (K. 264) e appunto la canzone infantile "Ah, vous dirai-je Maman". Le variazioni costruite su questo incantevole tema - che hanno fatto pensare, per il loro carattere tecnicistico, a una destinazione didattica - costituiscono una sorta di corollario dell'arte puramente tastieristica di Mozart. Gemelle (cioè alternanti gli stessi principi tecnici fra le due mani) sono le sezioni I-II e III-IV; singolare la quinta, che spezza una unica linea fra le due mani; non mancano quelle in minore (VIII), a mani incrociate (X), in tempo lento (XI), pausa studiata prima della brillantissima conclusione, l'unica che adotta umoristicamente il ritmo ternario.

Arrigo Quattrocchi


(1) Testo tratto dal progrmma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Olimpico, 12 gennaio 2006


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Ultimo aggiornamento 2 dicembre 2015