Das Veilchen (La violetta), K 476

Lied in sol maggiore per soprano e pianoforte

Musica: Wolfgang Amadeus Mozart (1756 - 1791)
Testo: Johann Wolfgang von Goethe Organico: soprano, pianoforte
Composizione: Vienna, 8 giugno 1785
Edizione: Artaria, Vienna 1789
Guida all'ascolto (nota 1)

Il primo Lied in senso moderno lo compose (nonostante quel che pensi l'Einstein) proprio Mozart, musicando nel 1785 Das Veilchen (La Violetta), una poesia tratta dal primo Singspiel di Goethe Erwin und Elmire. Particolare curioso: componendo questa lirica, Mozart ignorava che fosse di Goethe, perché l'aveva trovato in una raccolta di J. A. Steffan che l'attribuiva a Johann W. L. Gleim. Comunque, nel modo in cui la musica di Mozart assume il testo poetico, si preannuncia per la prima volta quello che, attraverso l'Adelaide di Beethoven, diventerà il Lied schubertiano. Infatti, nella Violetta mozartiana, la musica non si limita a chiarire o a sottolineare la poesia: essa se ne impossessa, la ricrea. Infrangendo con ciò «il predominio del poeta nel Lied» (H. Abert), Mozart apre la strada ai futuri sviluppi di questa forma musicale. E ciò in senso contrario a quello che avrebbe voluto Goethe, il quale esigeva che il compositore si sottomettesse al poeta, mantenendo la musica nei limiti della massima semplicità. Ed è per questo che ai capolavori di Beethoven e di Schubert egli doveva preferire le modeste composizioni del suo amico Zelter. Nella Violetta di Mozart invece, tutta la ricchezza dei mezzi espressivi del compositore è messa in atto per dar vita a questa prima «scena romantica» della musica. Non più la semplice forma strofica che abbina varie peripezie poetiche ad una medesima, invariata frase musicale: il Lied viene «durchkpmponiert». Passo per passo, ogni sfumatura del testo trova nella musica la sua espressione trasfiguratrice. La spontanea naturalezza, la proverbiale, ma solo apparente, semplicità dello stile di Mozart, si sostanziano miracolosamente di una capillare sottigliezza del discorso musicale che investe le più riposte pieghe del testo. La tenera grazia delle battute introduttive, le appoggiature digradanti e le timide pause della frase che presenta la piccola Violetta reclina e racchiusa su se stessa; le staccate semicrome che segnano il passo lieve e gaio della pastorella, l'a solo pianistico che riecheggia il suo canto (la parte del pianoforte è già riscattata dalla funzione d'un mero accompagnamento e partecipa in maniera autonoma alla vicenda sonora); la parentesi in minore che traduce il nostalgico desiderio del fiorellino; il conciso, ma drammatico recitativo che racconta come la fanciulla invece di stringersi al petto la violetta, la calpesti sbadatamente; il romantico silenzio che precede i sincopati sorrisi che ne annunciano, la morte; l'improvviso illuminarsi e la ripresa dello slancio melodico in cui si riflette il tramutarsi del dolore nella gioia che il fiore prova nel ricevere la morte dalla mano amata; il trapasso finale da questa situazione soggettiva nell'«obiettivo» commento: «povera Violetta!... era una graziosa violetta» (commento aggiunto da Mozart stesso): la sfaccettatura e la penetrazione di cui dà prova questa breve pagina non saranno superate neanche dai più raffinati Lieder ottocenteschi. Per quanto riguarda il resto della produzione liederistica dello sfesso Mozart anche se essa non raggiunge l'altezza della Violetta, non bisogna tuttavia sottovalutarla come tendono a fare taluni esegeti. E' vero che Mozart stesso qualificava i suoi Lieder come «Freundstücke» («pezzi per amici»), ma il fatto che egli possedesse diversi quaderni in cui notava dei testi poetici che lo interessavano per eventuali composizioni, sta a dimostrare che egli non considerava il genere del Lied come meramente occasionale.

Roman Vlad

Testo

Das Veilchen La violetta
Ein Veilchen auf der Wiese stand
Gebückt in sich und unbekannt;
Es war en herzigs Veilchen!
Sul prato c'era una violetta,
china e sconosciuta:
era un'incantevole violetta.
Da kam ein' junge Schäferin
Mit leichtem Schritt und munterm Sinn
Daher, die Wiese her, und sang.
Ed ecco arrivare una pastorella
dal passo lieve e di buon umore
e cantava su e giù per il prato.
Ach! denkt das Veilchen, war ich nur
Die schönste Blume der Natur,
Ach! nur ein kleines weilchen,
Ah, pensò la violetta, se solo fossi
il più bel fiore della natura,
ah, solo per un attimo,
Bis mich das Liebchen abgepflückt
Und an dem Busen matt gedrückt,
Ach nur, ein Viertelstündchen lang!
finché questo tesoro mi colga
e mi prema sul suo petto;
ah, solo per un quarto d'ora.
Ach, aber ach! das Mädchen kam
Und nicht in acht das Veilchen nahm,
Zrtrat das arme Veilchen.
Ma ahimé, la ragazza arrivò
e non si accorse della violetta
e calpestò la poverella.
Es sank und starb und freut sich noch:
Und sterb ich denn; so sterb ich doch
Durch sie, zu ihren Füssen doch!
Das arme Veilchen!
Es war ein herzigs Veilchen.
Essa cadde e morì e ancora si rallegrava:
e muoio infine, muoio
per causa sua, ai suoi piedi.
La povera violetta!
era una incantevole violetta.

(1) Testo tratto dal progrmma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Olimpico, 23 novembre 1967


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Ultimo aggiornamento 8 giugno 2019