Vorrei spiegarvi, oh Dio, K 418

Aria in la maggiore per soprano ed orchestra

Musica: Wolfgang Amadeus Mozart (1756 - 1791)
Testo: autore ignoto
  1. Vorrei spiegarvi, oh Dio - aria - Adagio (la maggiore)
  2. Ah conte, partite - aria - Allegro (la maggiore)
Organico: soprano, 2 oboi, 2 fagotti, 2 corni, archi
Composizione: Vienna, 20 Giugno 1783
Prima esecuzione: Vienna, Burgtheater, 30 Giugno 1783

Aria sostitutiva per l'opera "Il curioso indiscreto" di Pasquale Anfossi
Vedi al n. K 178 la seconda versione
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

L'aria di Mozart presente nel concerto odierno - pagina fra le più significative di un catalogo che comprende oltre cinquanta composizioni di questo genere, lungo un arco che abbraccia tutta la vita del compositore - fu pensata "su misura" per i mezzi straordinari di una virtuosa che giocò un ruolo non episodico nella vita personale e professionale del musicista, Aloysia Weber, poi maritata Lange.

Mozart conobbe Aloysia sul finire del 1777 a Mannheim, prima importante tappa del lungo viaggio che avrebbe portato il compositore ventiduenne a Parigi. Figlia di un copista di musica, Aloysia aveva sedici anni ed era già una cantante perfettamente formata. Fra i due sbocciò una passione, ma Mozart fu costretto dal padre a partire alla volta di Parigi. Di ritorno dalla deludente - per i risultati professionali - e dolorosa - per la morte della madre - esperienza parigina, Mozart si fermò a Monaco nel dicembre 1778, per ritrovare Aloysia; ma la virtuosa aveva ormai altre ambizioni, e trattò con sostanziale freddezza quello spasimante che non era in grado di garantirle una adeguata carriera. Aloysia sposò nel 1780 un attore della corte viennese, Joseph Lange, e divenne una autentica star della capitale dell'impero; Mozart sposò invece la sorella di Aloysia, Constanze; logico che i rapporti con quella che era nel frattempo divenuta sua cognata avessero frequenti risvolti professionali.

Tutte queste vicende sono, d'altronde, notissime; e non varrebbe la pena di ricordarle se non aiutassero a spiegare la nascita dell'aria K. 418, pensata appunto per valorizzare al massimo una virtuosa i cui mezzi Mozart conosceva perfettamente e ammirava in sommo grado. "Vorrei spiegarvi, oh Dio", K. 418 (la data è quella del 20 giugno 1783), è un'aria "sostitutiva" su testo di anonimo pensata per essere introdotta nell'opera Il curioso indiscreto di Pasquale Anfossi, in scena a Vienna in quel periodo (era costume che un'opera venisse sempre adattata alle esigenze della locale compagnia di canto, talvolta anche con l'apposita composizione di nuove arie realizzata da qualche compositore locale). L'aria è affidata al personaggio di Clorinda, agitata da un segreto che non può palesare. Anche in questo caso ci troviamo di fronte a un risultato fra i più alti del genere; l'aria si divide in due sezioni, una contemplativa ed una dinamica. La prima sezione è magistrale nella definizione di un'atmosfera peculiare: sugli archi in pizzicato i violini primi suonano con sordina, e si alternano al canto purissimo dell'oboe; su questa introduzione si inserisce il soprano, che intreccia con l'oboe un dialogo suadente - ma impegnativo: la cantante ribatte un mi sovracuto - quasi lo strumento fosse l'unico confidente possibile per il personaggio. Il seguente Allegro si avvale di un accompagnamento incalzante e dei salti di registro della cantante; una conclusione breve ed efficace per la mirabile pagina.

Arrigo Quattrocchi


Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Per l'allestimento viennese del dramma giocoso per musica Il curioso indiscreto di Pasquale Anfossi, Mozart rimusicò alcune Arie per il tenore Valentin Adamberger e per la cognata Aloysia. È noto quale particolare, intimo rapporto avesse Mozart con Aloysia, conosciuta a Mannheim nel 1778, e quanto ne apprezzasse le non comuni doti di interprete: per lei aveva scritto Arie da concerto quali Non so donde viene K. 294 e Popoli di Tessaglia K. 316, con il proposito di insegnarle lo stile di canto della scuola italiana. Riguardo l'esito della première dell'opera di Anfossi al Burgtheater (30 giugno 1783) è lo stesso Mozart a riferire al padre nella lettera del 2 luglio:

"nulla è piaciuto, al di fuori delle mie due Arie, la seconda delle quali, un'Aria di bravura, dovette essere ripetuta. Deve ora sapere che i miei nemici sono stati così maligni da diffondere già in anticipo la voce: Mozart vuol correggere l'opera di Anfossi. Io son venuto a saperlo. Ho fatto dire allora al conte Rosenberg [sovrintendente del teatro] che non avrei consegnato le Arie, se sul libretto non si fosse stampato in tedesco e in italiano il seguente

Avertimento

Le due arie a carta 36 e carta 102 sono state messe in musica dal Sig.r Maestro Mozart, per compiacere la Sig.ra Lange, non essendo quelle state scritte dal Sig. Maestro Anfossi secondo la di lei abilità, ma per altro soggetto. Questo si vuole far noto perché ne vada l'onore a chi conviene, senza che rimanga in alcuna parte pregiudicata la riputazione e la fama del già molto cognito Napoletano".

La vicenda e il suo epilogo - l'inganno perpetrato da Salieri ai danni di Adamberger per convincerlo a non eseguire l'Aria per lui composta - testimoniano le difficoltà incontrate da Mozart nel proporsi a Vienna come autore d'opera, obiettivo perseguito con tenacia fino all'incontro con Da Ponte - quasi tre anni più tardi -, attraverso una serie di tentativi rappresentati da opere mai portate a termine quali L'oca del Cairo K. 422, Lo sposo deluso K. 430, o rimaste allo stato di abbozzo, come il Terzetto Del gran regno delle Amazzoni K. 434, e infine dagli interventi in opere di altri compositori quali il Quartetto K. 479 e il Terzetto K. 480 per La villanetta rapita di Francesco Bianchi o le Arie K. 418, K. 419 e K. 420 per Il curioso indiscreto di Anfossi: preziose occasioni per mettersi in luce in un repertorio considerato appannaggio esclusivo degli italiani. Questi interventi mozartiani, generalmente inclusi tra le Arie da concerto - quindi decontestualizzati -, vanno invece necessariamente rapportati all'opera cui erano originariamente destinati.

Il curioso indiscreto era stata rappresentata con successo nell'agosto 1778 all'Académie Royale de Musique di Parigi: è l'unico lavoro di Anfossi cui Mozart sicuramente assistette nei mesi del suo soggiorno nella capitale francese, e che l'argomento su cui è imperniata l'opera avesse colpito l'immaginazione di Mozart trova conferma nella corrispondenza di situazioni che accomunano questo dramma giocoso a Così fan tutte. Le due Arie sostituite con più frequenza nei numerosi allestimenti in città italiane che precedono quello viennese sono quelle di Clorinda nella sesta scena del primo atto e quella del Contino di Ripaverde nella quarta scena del secondo atto: si tratta di Ah spiegarti o Dio vorrei e Per pietà non ricercate, cioè proprio le Arie che Mozart rimusicherà a Vienna per la cognata Aloysia e per Adamberger; questi interventi mozartiani si collocano dunque nei "punti deboli" dell'opera di Anfossi, già evidenziati dalle sostituzioni avvenute nei precedenti allestimenti.

Nel giugno del 1783 Mozart aveva posto in musica in forma di Lied per canto e pianoforte (Ah, spiegarti o Dio vorrei K. 178) le prime due quartine del testo originale dell'Aria di Clorinda, quello utilizzato da Anfossi. Il Lied rappresenta probabilmente un primo tentativo, abbandonato poi per la nuova versione del tutto differente, la bellissima Aria Vorrei spiegarvi o Dio! K. 418, cui sono state apportate significative modifiche testuali. L'Aria conclude la scena in cui Clorinda, soggiogata dalle avances del Contino, è intimamente combattuta tra il trasporto che prova per lui e il senso del dovere che l'induce a respingerlo. Mozart ha ritenuto il testo originale non adeguato a rendere la situazione che si intendeva esprimere: un amore che si vorrebbe dichiarare ma che si è costretti a tacere. Le modifiche apportate al testo sono infatti di ordine linguistico-lessicale, oltre che metrico, e comportano un cambiamento a livello drammatico attraverso un'intensificazione dei sentimenti espressi: il generico "Quel desio che il cor m'affanna" diviene "Qual è l'affanno mio", una più intima pena d'amore; "Del suo barbaro rigore/ Conte mio non ti lagnar", dal tono colloquiale, è mutato in "E fa che cruda io sembri/ Un barbaro dover", in cui l'accento cade sul conflitto interiore della protagonista. Non si tratta dunque di una semplice parafrasi: si è qui in presenza di un'operazione qualitativamente più complessa, in cui si avverte distintamente la presenza dietro le quinte di un Mozart grande uomo di teatro.

Apre il brano l'Adagio, con un'introduzione orchestrale di undici battute, in cui sul pizzicato "con sordino" degli archi e i lunghi accordi tenuti dei fagotti e dei corni, si distendono i nostalgici accenti dell'oboe primo, che espone la melodia, di limpida bellezza, ripresa dall'entrata del soprano. È sulla parola "affanno", ripetuta per tre volte, che si ha il primo crescendo emotivo; l'acme espressivo giunge sulla parola "piangere", dove si fa più serrato il dialogo imitativo tra la voce umana e quella dell'oboe, quasi quest'ultimo esprimesse la voce più intima, non legata alla parola, dell'animo diviso della protagonista. Conclusasi l'esposizione sulla dominante inizia una sezione modulante costruita sulla seconda quartina di versi, caratterizzata da salti più arditi quali la decima discendente sull'aggettivo "cruda". Segue la ripresa variata della prima parte, dove una diversa armonizzazione degli archi dà una sfumatura più tenera a questo inciso. Quando si arriva nuovamente alla parola "piangere", vero nucleo emotivo di tutto il brano, ci sorprende un lungo do naturale, improvvisa virata nel modo minore, da cui parte quasi un lamento straziante - ripreso dall'oboe - che ascende per piccoli incisi fino a tramutarsi in un grido disumano sul mi sovracuto, dall'effetto quasi strumentale, per poi precipitare, risalire, discendere ancora fino alla sospensione sulla dominante: qui, con un repentino cambio di carattere, attacca l'Allegro, costruito sulla seconda parte del testo, per brevi incisi, sul palpitante fremito in crome degli archi. Segue l'indicazione più allegro: comincia la scintillante coda conclusiva, con le uniche concessioni al virtuosismo vocale, di grande effetto specialmente negli arditissimi cambi improvvisi di registro dovuti agli ampi salti melodici.

Federico Pirani

Testo

Vorrei spiegarvi, oh Dio

Clorinda
Vorrei spiegarvi, oh Dio!
qual è l'affanno mio;
ma mi condanna il fato
a piangere e tacer.

Arder non può il mio core
per chi vorrebbe amore,
e fa che cruda io sembri
un barbaro dover.

Ah conte, partite,
correte, fuggite,
lontano da me.
La vostra diletta
Emilia v'aspetta;
languir non la fate,
è degna d'amor.
Ah stelle spietate!
Nemiche mi siete.
Mi perdo s'ei resta.
Partite, correte,
D'amor non parlate,
è vostro il suo cor.
(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia;
Roma, Auditorio di Via della Conciliazione, 10 febbraio 2002
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorium Parco della Musica, 22 Aprile 2006


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Ultimo aggiornamento 26 marzo 2015