Il matrimonio

Opera in quattro atti (completato solo il I°)

Musica: Modest Musorgskij (1839 - 1881)
Libretto: da Nikolaj Vasil'evic Gogol

Ruoli: Organico: pianoforte
Composizione: San Pietroburgo, 11 giugno - 20 luglio 1868 (solo I° quadro)
Prima rappresentazione privata: San Pietroburgo, nell'abitazione di César Cuj, 6/18 ottobre 1868 (con accompagnamento di pianoforte)
Prima rappresentazione pubblica: San Pietroburgo, Teatro della Scuola teatrale Suvorin, 1 aprile 1909
Edizione: Bessel, San Pietroburgo, 1908 (riduzione per pianoforte atto I°)

Incompiuta
Guida all'ascolto (nota 1)

Modest Musorgskij non aveva ancora compiuto trentanni quando, nell'estate del 1868, in quattro settimane di febbrile lavoro, mette in musica il primo atto della commedia Il matrimonio ài Nikolaj Gogol'. Nel blocco della sua produzione - dai primi abbozzi di Salammbó nel 1863 al disordinato completamento della Chovanscina nej 1881, alla vigilia della morte - il frammento gogoliano occupa il breve spazio di una mezz'ora di musica, ma ha un'importanza eccezionale. È come un sasso lanciato da lontano nelle acque sconvolte del nostro secolo. In altre parole, è il ponte che conduce, con un sessantennio di anticipo, al Naso di Sostakovic.

La rivoluzione, s'intende, non nasce dal nulla. La storia della musica indica, come precedente necessario, Il Convitato di pietra, musicato da Aleksandr Dargomyzskij sul testo di Puskin, in un recitativo melodico dove il "parlato" diviene "cantato" modellando la melodia sull'accento della parola russa. Il Convitato, primo risultato di questo procedimento di incredibile audacia, è un'opera totalmente svincolata dalla tradizione: senza arie, senza pezzi d'assieme, senza cori e, soprattutto, senza quel volo canoro su cui, per oltre due secoli, è fiorito il nostro teatro lirico. Il linguaggio «che fa di quest'opera un caso sbalorditivo di pionerismo musicale» (Mila) apre un mondo nuovo alla musica; le passioni melodrammatiche incasellate in "belle" categorie melodiche cedono il passo alle conturbanti ambiguità dell'animo umano, aprendo la strada che condurrà ai rimorsi di Boris, alla crepuscolare tristezza di Mélisande, alla follia di Wozzeck.

Dargomyzskij morì prima di aver terminato la sua opera, ma visse abbastanza per vedere quale profonda influenza avrebbe avuto sul futuro. Attorno al Convitato di pietra si realizza, infatti, l'incontro decisivo tra il vecchio musicista e la nuova generazione che si era andata raccogliendo alla scuola di Milij Balakiriev, erede e continuatore del nazionalismo musicale di Glinka. «Verso la primavera del 1868 - nota Rimskij-Korsakov nelle Memorie - la maggior parte dei membri del nostro circolo si riuniva ogni settimana a casa di Dargonmiskij. Egli ci aveva spalancato le porte mentre componeva febbrilmente Il Convitato di pietra. Il primo quadro era già completo; il secondo era giunto alla scena del duello, e il seguito veniva composto, si può dire sotto i nostri occhi ammirati! In precedenza Dargomyzskij si era circondato di ammiratori - dilettanti o musicisti - a lui molto inferiori [...] Ma ora calatosi nel Convitato dì pietra, un lavoro avanzato di cui valutava esattamente l'importanza, egli sentì il bisogno di condividere le nuove idee con musicisti, con artisti d'avanguardia. Ora gli ospiti delle sue serate erano Balakirev, Kjuj, Musorgskij, Borodin e io».

Da questa operosa fraternità nasce, oltre al Convitato, anche Il Matrimonio. Come scriverà poi lo stesso Musorgskij all'amico e mentore Vladimir Stasov, esso gli venne «suggerito (per ischerzo) da Dargomyzskij e da Kjuj (non per ischerzo)». In realtà, più che uno «scherzo», è una scommessa sulla possibilità di andare oltre: dal racconto drammatico di Puskin alla commedia quotidiana dei personaggi di Gogol'. Personaggi comuni che non parlano l'aulico linguaggio della storia ma quello dimesso di tutti i giorni.

Qui la caricatura nasce dalla fotografia della realtà. C'è il burocrate che vorrebbe sposarsi (con dote) ma esita; ci sono l'amico che lo spinge al gran passo, la mezzana, il servitore ottuso e silenzioso. Per quattro scene non si fa che discutere di questo matrimonio temuto e desiderato. Poi, nel secondo atto, Gogol ci mostra come gli sponsali vengano combinati ma non realizzati, perché al momento decisivo il fidanzato salta dalla finestra e fugge. L'avventura di Musorgskij si ferma invece a metà. La "scommessa" lo infiamma. Comincia il lavoro a Pietroburgo l'11 giugno 1868. Alla fine del mese ha già terminato la prima scena e, per stare più tranquillo, si trasferisce in campagna - a Silovo, un villaggio a due centinaia di chilometri a sud di Mosca - dove non ha neppure un pianoforte. L'unica distrazione è di scrivere lettere agli amici: una mezza dozzina di missive appassionate dove il nuovo lavoro viene presentato, discusso, analizzato con la precisione di un chirurgo e la sofferenza di un paziente.

La serie si apre il 3 luglio, nel solito stile metà russo e metà francese con una lettera di César Kjuj, il committente serio: «Mio caro Cesare, salve. Eccomi alla pastura, en forme et matière. Mi sono insediato in un'izba, bevo latte e me ne sto tutto il giorno all'aria, solo di notte mi mettono a cuccia».

Una settimana dopo, il 10, aggiunge un poscritto al foglio non ancora spedito: «Ho finito il Primo Atto. È venuta la pioggia, per tre giorni di seguito è sempre piovuto e io ho lavorato senza tregua, poiché ormai tutto qui dipende dal tempo. Il matrimonio non mi ha dato pace, così ho continuato a scrivere. Invece di tre quadri ne sono venuti quattro, ma ci volevano. Ora c'è di nuovo un tempo meraviglioso e riposo. Vi bacio forte, mio caro. Salutate da parte mia Dargomyzskij».

Nelle settimane successive sistemerà il manoscritto e comincerà a «rimuginare il secondo atto», ma non andrà oltre.

L'esperimento è riuscito, anche se egli continuerà per il resto della vita a interrogarsi sul problema della parola cantata e della raffigurazione della vita. «Osservo - scrive - contadine caratteristiche e contadini tipici. Potranno servirmi sia gli uni che gli altri. Quanti e quanti aspetti freschi, non ancora toccati dall'arte si trovano nella natura russa! E come sono succosi, grandiosi! Io ho raffigurato una parte di quanto mi ha dato la vita in immagini musicali per le persone che mi sono care, a loro ho cercato di trasmettere le mie impressioni. - Se Dio mi darà forza e vita, dirò qualcosa di importante. Col Matrimonio passerò il Rubicone, ma Il matrimonio è per ora la gabbia in cui sono rinchiuso sino a quando non mi sarò addomesticato, poi me ne andrò in libertà.

[...] Io vorrei, ecco, che i miei personaggi parlassero sulla scena come parla, la gente viva e per di più vorrei che il carattere delle intonazioni dei personaggi, appoggiati dall'orchestra che costituisce la trama musicale della loro conversazione, raggiungesse lo scopo in modo diretto, immediato; ossia vorrei che la musica riproducesse il discorso umano in tutte le sue minime sfumature, e i suoni del discorso umano, in quanto espressioni esteriori del pensiero e del sentimento dovrebbero, senza esagerazione o caricatura, farsi musica vera, precisa, cioè artistica, altamente artistica».

Qualche giorno dopo l'ideale è sempre lontano, ma non invisibile: «Attraverso le tenebre dell'incertezza io vedo un puntino luminoso e questo puntino è il pieno distacco dalle passate (eppure tuttora esistenti) tradizioni musicali. Impossibile! perché questo puntino è luminoso? Per il semplice fatto che, quando si apre una via nuova, si sentono raddoppiare le proprie forze, e quando le forze vengono raddoppiate (quattro è esattamente il doppio di due), allora sì che si può lavorare, e lavorare allegramente. Questa situazione ti riporta però alla formula dei ladri: la bourse ou la vie, - la vie ou le drame musicale. E poi ci vogliono, invece, tanto l'una quanto l'altro, poiché una cosa non è pensabile senza l'altro».

Sempre confuso quando tenta di esporre le proprie teorie, Musorgskij trova qui un'immagine luminosa nel rovesciamento della «formula dei ladri»: non la vita o il dramma, ma la vita e il dramma, poiché è nella vita, nella realtà storica o quotidiana che si deve scavare per raggiungere la pienezza di espressione: unico scopo d'arte, per Musorgskij.

Si può chiedere perché, giunto a questo traguardo, il musicista non abbia musicato la seconda metà della commedia.

Lo strumento era forgiato nelle sue mani, come egli confida, in un attimo di orgoglio, al fedele Rimskij-Korsakov: «In me opera una sorta di meccanismo d'interpretazione del linguaggio parlato». Più che un «meccanismo» dovremmo dirlo un istinto che, d'ora in poi, lo guiderà alla ricerca del canto parlato del Boris, della melodia razionalmente giustificata della Chovanscina e di tutte quelle forme geniali che danno vita alla stupefacente collezione di una settantina di liriche.

Ma forse in questa padronanza del meccanismo o dell'istinto sta già la risposta alla domanda. Trovato il linguaggio, l'esperimento è concluso: un esperimento di sconvolgente novità in cui la musica si frantuma in minuscole cellule che appaiono e scompaiono, lasciando alla parola il compito di coordinare il discorso.

Nasce così, spezzando i canoni tradizionali, il primo esempio di "conversazione musicale" dove le cellule sonore sono mosse da ragioni in delicato equilibrio tra quelle della musica e quelle del discorso. È un gioco ininterrotto di trovate, di invenzioni, di frammentazioni ritmiche e armoniche che costringono l'autore al perpetuo rinnovamento della fantasia e l'ascoltatore a un'incessante ginnastica mentale per afferrare le particelle di materia musicale in fuga.

La "scoperta", non occorre ripeterlo, segue quella di Dargomizskij ma la realizzazione è di un radicalismo ancor più deciso, corrispondente al radicalismo letterario di Gogol'. Non stupisce che abbia sollevato qualche sconcerto. La Banda dei Cinque, come la chiamavano i rivali, era tutta al lavoro: ognuno, alla fine dell'estate, portava in città i fogli freschi d'inchiostro da sottoporre al giudizio collettivo.

Le Memorie di Rimskij-Korsakov offrono un quadro impressionante, anche saltando qualche riga, del fervore del gruppo: «L'inizio della stagione 1868-69 mi trovò in possesso della partitura completa di Antar. Musorgskij tornò a San Pietroburgo col primo atto del Matrimonio di Gogol', steso in uno spartito per canto e piano. Borodin portò nuovi pezzi del Principe Igor, l'inizio della Seconda sinfonia in si minore e la lirica La principessa del mare. Kjuj aveva completato il Guglielmo Ratcliff ed era pure finito Il Convitato di pietra, salvo le ultime battute rimaste in bianco per non so qual motivo. All'inizio della stagione ripresero ìe serate in casa di Dargomyzskij. Il Convitato venne cantato dall'inizio alla fine. Il matrimonio sollevò pure considerevole interesse. Tutti erano colpiti dall'impegno di Musorgskij, entusiasti della caratterizzazione e da molte frasi del recitativo, ma perplessi di fronte alla durezza degli accordi e dell'armonia. Lo stesso Musorgskij cantava la parte di Podkolessin col suo inimitabile talento, Nadezda (Purgold) accompagnava, mentre Dargomyzskij, mosso dal più vivo interesse, aveva copiato di propria mano la parte di Kotchkarev e la cantava con entusiasmo. Vladimir Stasov era alle stelle, Dargomyzskij osservò talora che l'autore era andato un tantino troppo lontano, Balakirev e Kjuj consideravano Il matrimonio una semplice curiosità con qualche procedimento interessante di declamazione».

Manca il parere di Borodin, ma lo ritroviamo in una lettera alla moglie: «Il lavoro è straordinariamente bizzarro e paradossale, pieno di innovazioni e a tratti di umorismo, ma nell'assieme è une chose manquée, quasi impossibile da eseguire. Inoltre mostra i segni di una redazione affrettata».

L'impressione generale, come si vede, è solo parzialmente positiva. Musorgskij ne rimase deluso, ma è vano chiedersi se, incoraggiato, avrebbe terminato il compito. Quasi certamente no. L'abbiamo visto arenarsi dopo il primo atto, impegnato alla ricerca di una atmosfera sfuggente. L'entusiasmo era smorzato e già andava in altre direzioni. La prova è certa: terminato l'atto gogoliano e sistemato il manoscritto nel luglio del 1868, nell'agosto è già immerso nel Boris. Il nuovo, colossale compito annulla il primo.

A differenza di Salammbó, l'atto del Matrimonio è un esperimento conclusivo: scoperto il "meccanismo" della parola cantata, ora il musicista può applicarlo a fondo, senza dubbi o esitazioni, al successivo capolavoro. Nel dicembre del 1869 la prima stesura del Boris Godunov è completa anche di orchestrazione. Poi, come sappiamo, ricominciano i guai.

Rubens Tedeschi


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di Via della Conciliazione, 4 ottobre 1996


I testi riportati in questa pagina sono tratti, prevalentemente, da programmi di sala di concerti e sono di proprietà delle Istituzioni o degli Editori riportati in calce alle note.
Ogni successiva diffusione può essere fatta solo previa autorizzazione da richiedere direttamente agli aventi diritto.


Ultimo aggiornamento 11 luglio 2013