Le streghe, op. 8

Variazioni in re maggiore su tema tratto dal balletto Il noce di Benevento di Franz Xaver Süssmayr

Musica: Niccolò Paganini (1782 - 1840)
  1. Introduzione: maestoso
  2. Larghetto
  3. Tema: Andantino
  4. Variazione I
  5. Variazione II
  6. Variazione III
  7. Finale: Allegretto
Organico: violino solista, 2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, fagotto, 2 corni, 2 trombe, 3 tromboni, timpani, percussioni, archi
Composizione: 1813
Prima esecuzione: Milano, Teatro alla Scala, 29 ottobre 1813
Edizione: Schonenberger, Parigi, e Schott, Magonza, 1851
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Ancor più di quella di Viotti risulta indissolubilmente legata al violino l'esperienza artistica di Niccolò Paganini, che - a differenza di quella di Boccherini e dello stesso Viotti - si svolge interamente nel XIX secolo, essendo egli nato a Genova nel 1782 e iniziando ad affermarsi come esecutore grazie ai concerti tenuti in Toscana e in altre città dell'Italia centro-settentrionale tra il 1810 e il 1813. La vita di Paganini è caratterizzata dall'irrequietezza dell'artista romantico, ricca di avventure amorose e di disavventure economiche (dovute anche ai debiti di gioco) e giudiziarie, che si vanno a intrecciare con una folgorante carriera concertistica, prima in Italia e poi oltralpe, che lo porterà a non aver rivali non solo come virtuoso al violino ma anche alla chitarra. La conquista delle platee europee inizia per Paganini nel 1828: sono passati circa dieci anni dalla composizione del celebre Primo Concerto per violino e orchestra e otto dalla pubblicazione - presso l'editore Giovanni Ricordi - della raccolta che rappresenterà probabilmente il suo maggiore contributo allo sviluppo della tecnica violinistica, ovvero i 24 Capricci op. 1. Per circa sei anni, fino a quel 1834 che lo vede affrettarsi a rientrare in Italia dopo gli attacchi di cui viene fatto segno a Parigi, Paganini si impone a Vienna, Praga, Berlino, Parigi, Londra, Dublino e diverse altre città europee, sempre grazie all'assoluta padronanza tecnica ed espressiva che ne fanno un dominatore dei teatri. Ha contatti con diversi artisti - a Londra ha occasione di suonare insieme a Mendelssohn - e con gli esponenti di spicco nelle città che frequenta; viene inoltre insignito di riconoscimenti ai più alti livelli, come l'Ordine equestre dello Speron d'Oro da parte di papa Leone XII o l'Ordine Costantiniano da parte di Maria Luigia duchessa di Parma. Ma, segnata anche dalle malattie e dall'affanno con cui segue le sorti del figlio avuto dalla relazione con Antonia Bianchi, la sua esistenza si conclude a Nizza nel 1840 in modo tutt'altro che sereno, malgrado il musicista avesse fino all'ultimo continuato a coltivare, illusoriamente, nuovi progetti concertistici. Anche le vicende concernenti la sua sepoltura ebbero un andamento tristemente irrequieto: inizialmente negata la sepoltura ecclesiastica a Nizza da parte del vescovo, la salma veniva riportata nella città natale e sepolta nelle vicinanze, a Romairone. Nel 1845 veniva poi trasportata nel Ducato di Parma, per trovare finalmente definitiva sepoltura, nel 1876, nel cimitero "della Villetta" di Parma.

La formazione di Paganini come compositore è legata alla sua eccezionale capacità di assimilazione di una ampia scuola violinistica, quale quella sviluppatasi in Italia da oltre un secolo, ma anche alla necessità pratica, manifestatasi ben presto, di provvedere personalmente al proprio repertorio, dal momento che quanto fino ad allora era stato scritto non gli permetteva di far adeguata mostra delle proprie eccezionali qualità di esecutore. Se la tradizione di Pietro Locatelli, autore di quell'opera 3 - L'Arte del violino - contenente i 24 Capricci ad libitum, è tra quelle di cui il musicista genovese è naturalmente erede, tuttavia il rinnovamento che egli porta nello sviluppo delle possibilità dello strumento è radicale. Nei propri Capricci, Paganini ha la capacità di affrontare e sviscerare i problemi tecnici e gli aspetti espressivi del violino in maniera tuttora insuperata, complice un'ispirazione che si destreggia con disinvoltura tra arditezze armoniche, trovate ritmiche e una accattivante cantabilità. Vero interprete dello spirito di questo capolavoro, Franz Liszt ne riproporrà i contenuti sul proprio strumento, in quella summa di tecnica pianistica che è costituita dagli Études d'exécution transcendante d'après Paganini. Oltre ai Capricci, sul fronte dell'esplorazione della tecnica virtuosistica, fu soprattutto la forma della variazione a consentire al musicista genovese di sviluppare al massimo le proprie potenzialità di esecutore ma anche di improvvisatore, attingendo a temi propri e altrui, di provenienza operistica come pure di estrazione popolare. Mentre infatti nei Concerti Paganini sembra più attento allo stile e alla struttura che questa forma richiedeva, anche secondo canoni che la tradizione precedente aveva fissato, nelle variazioni questo tipo di preoccupazione viene meno e l'ispirazione può tenere liberamente il passo con una tecnica che diventa letteralmente trascendentale, aprendo le porte di territori musicali fino ad allora inesplorati.

Durante il suo primo soggiorno a Milano, quando i numerosi concerti al Teatro alla Scala gli assicurarono una considerevole fama di virtuoso anche a livello internazionale, Paganini scrisse Le streghe. L'ispirazione gli venne dopo aver assistito, sempre alla Scala, alla rappresentazione de Il noce di Benevento, un balletto di Salvatore Viganò su musiche di Franz Xavier Sussmayr, il compositore austriaco divenuto famoso per aver completato il Requiem di Mozart. Il brano, risalente al 1813 ma pubblicato postumo nel 1851 come op. 8, prende le mosse da un tema che nel balletto preannunciava proprio l'arrivo delle streghe. Paganini realizza uno spettacolare tema con variazioni, suo primo serio contributo all'esplorazione delle possibilità virtuosistiche del proprio strumento. Dopo una iniziale introduzione seguita da un Larghetto nel quale il violino è accompagnato prevalentemente dal pizzicato degli archi, viene presentato il tema, ritmicamente accattivante e dal carattere ironico. Le variazioni che si susseguono, mettono in evidenza via via la tecnica delle corde doppie, il pizzicato eseguito con la mano sinistra l'effetto dei cosiddetti suoni armonici, in un crescendo complessivo che, pur nella ridotta durata del brano, si impone per il suo carattere travolgente.

Giorgio Cerasoli

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Il ciclo di variazioni Le streghe, per molti anni cavallo di battaglia di Paganini, è forse la composizione più di ogni altra responsabile della leggenda che, abilmente alimentata, accompagnò le esibizioni del violinista in tutta Europa: quella del patto col diavolo. Alla Scala di Milano, nel 1812, Paganini aveva assistito a un balletto messo in scena dal coreografo Salvatore Vigano, dal titolo Il noce di Benevento. L'argomento del balletto riprendeva una vecchia leggenda, che parlava di un convegno di streghe presso un albero di noce; la musica, composta da Süssmayr (l'allievo di Mozart che ne aveva portato a termine l'incompiuto Requiem), era ricca di motivi orecchiabili, che divennero subito popolari. Paganini si appropriò del tema che accompagna l'ingresso in scena delle streghe e lo sfruttò per una serie di variazioni, che presentò alla Scala e che cominciò a eseguire con gran successo ovunque. Subito si stamparono litografie che lo raffiguravano mentre suonava circondato da diavoli e streghe, e da quel momento il mito del patto col diavolo - unica spiegazione di un virtuosismo così mirabolante da apparire soprannaturale - accompagnò tenace le sue esibizioni pubbliche. Fu lo stesso Paganini, indubbiamente per scopi promozionali, ad alimentare la diceria del commercio col Maligno: in parte accentuando la bizzarria del suo aspetto fisico e l'eccentricità del comportamento, in parte dando dimostrazioni di un'abilità diabolica con esibizioni istrioniche, ai limiti dell'incredibile.

Il tema e le variazioni sul tema di Süssmayr sono preceduti da un'Introduzione nella quale il violino solista presenta una bella melodia di stampo vocale, un canto spiegato arricchito da delicate quanto discrete fioriture. Il semplice tema delle streghe reca, al suo interno, una frase in tempo più lento e in modo minore, una sorta di digressione umorale che viene mantenuta, invariata, in tutte le successive variazioni. In queste, Paganini sfoggia tutto il suo consueto, spettacolare virtuosismo; nella seconda e nella terza variazione vengono alternate, in rapida successione, ben tre diverse tecniche di produzione dei suoni: con l'arco, pizzicando le corde e realizzando gli armonici. L'effetto contribuisce a creare quell'atmosfera bizzarra, a tratti spettrale, che ben corrisponde al soggetto cui il tema del balletto è ispirato. E non può che alimentare un mito - quello del virtuoso capace di innalzarsi sopra la norma, dell'artista capace di suggestionare le masse con il potere ultraterreno della musica - nel quale la generazione romantica riconoscerà la propria vocazione a trascendere le apparenze normali e quotidiane delle cose, per coglierne il senso più nascosto. Per Schumann, Liszt e tanti altri la musica di Paganini e le sue esibizioni saranno la porta che dischiude regioni musicali ancora sconosciute, e il violinista stesso il simbolo di un mistero profondo.

Claudio Toscani


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia.
Roma, Auditorium Parco della Musica, 16 maggio 2014
(2) Testo tratto dal libretto inserito nel CD allegato al n. 211 della rivista Amadeus


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Ultimo aggiornamento 10 novembre 2017