Per l'Edipo re di Sofocle

Tre intermezzi sinfonici

Musica: Ildebrando Pizzetti (1880 - 1968)
  1. Largo
  2. Con impeto
  3. Con molta espressione di dolore
Organico: 2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 2 corni, 2 trombe, timpani, piatti, archi
Composizione: 1903
Prima esecuzione: Milano, 1 marzo 1903
Edizione: Ricordi, Milano, 1927
Guida all'ascolto (nota 1)

Pizzetti è stato, insieme a Respighi, Malipiero e Casella, un autorevole rappresentante del gruppo di compositori della cosiddetta generazione dell'80, tesa a rinnovare la musica italiana su basi diverse e anche contrapposte al melodramma post-verdiano e al teatro della «giovane scuola», personificata da Mascagni, Puccini e Giordano. Egli, con una coerenza e una fedeltà estetica durata per oltre un cinquantennio, si è richiamato ai principii propugnati dalla Camerata fiorentina dei Bardi, secondo cui la parola e la musica dovevano essere intimamente legate fra di loro in un declamato e in un recitar cantando, da cui fosse escluso qualsiasi predominio del canto sull'orchestra e viceversa. Va ascritto a suo merito il fatto di essere stato il primo fra i compositori del suo gruppo a riallacciarsi al canto gregoriano, inteso come tipo di linguaggio originario della civiltà musicale italiana, e di aver cercato di rigenerare la sensibilità tonale, adottando stilemi desunti dalla tecnica modale greco-ecclesiastica.

Pizzetti, che è stato anche un finissimo umanista e letterato, ha scritto molto per il teatro e spesso ha lasciato il segno della sua forte personalità in opere come Fedra, che al suo primo apparire nel marzo del 1915 fu salutata come un avvenimento importante per la musica lirica, Debora e Jaele, Lo straniero, Fra Gherardo, Ifigenia e Assassinio nella cattedrale, scritto nel 1958 a conclusione di una gloriosa carriera di musicista. Né va dimenticata la sua larga produzione da camera e sinfonica, con alcune liriche di madrigalesca fattura e con il Concerto dell'estate, il Concerto per violoncello e orchestra, il Rondò veneziano, il Concerto per violino e orchestra, e i Canti della stagione alta per pianoforte e orchestra, che rivelano freschezza inventiva e pregi strumentali riconosciuti dagli stessi avversari della musica pizzettiana. Educato alla scuola di Tebaldini, uno dei più profondi studiosi del canto gregoriano e della musica polifonica italiana, specie di Palestrina, il compositore parmense ha saputo far tesoro di questa lezione, legando il suo nome a pagine corali di indubbia maestria ed efficacia espressiva. Il musicista svolse anche una intensa attività come insegnante di composizione nei Conservatori di Parma, Firenze, Milano: a Roma tenne con alto prestigio la cattedra di perfezionamento di composizione all'Accademia di Santa Cecilia, dove si è formata una lunga schiera di musicisti del nostro tempo.

I Tre preludi sinfonici per l'«Edipo re» di Sofocle sono la prima composizione orchestrale del musicista di Parma, che concentra il suo interesse su alcuni sentimenti-chiave dei protagonisti piuttosto che sulla narrazione dei fatti della tragedia sofoclea. Gianandrea Gavazzeni, acuto studioso e interprete del linguaggio e dello stile pizzettiano, ha sottolineato che «nella partitura dei Tre preludi il musicista, secondo il suo italianissimo disdegno di orpelli superflui e di lustrini strumentali ed effettistici, sembra voler forgiarsi il modello dell'orchestra a lui necessaria. Anche in seguito, quando la veste orchestrale sarà ancora più connessa ed adeguata all'espressione musicale, anche allora egli non farà altro che attenersi ad una trattazione quasi secca, asciutta; intendendo il timbro nel suo senso intimamente fantastico ed espressivo, tracciando ampi disegni orizzontali invece di addurre un senso verticale, a sovrapposizione della massa sonora».

Il tema del primo preludio, con quelle caratteristiche note ribattute, dove si rivela una precisa preferenza pizzettiana, crea un senso di immobilità e di desolazione; è il presentimento della tragedia e della catastrofe che incombe inesorabile sul popolo tebano. Il secondo preludio ha un andamento più sostenuto e un accento ritmico più incisivo, al quale fa da contrasto un tema vagamente tristaneggiante dell'oboe. Il clima psicologico del brano vuole evocare l'ansioso ritorno a Tebe di Edipo dopo il drammatico responso dell'oracolo. Il terzo preludio si svolge su un ritmo stanco è doloroso di trenodia, in cui riappare il tema del primo preludio dopo un a solo del violino sui pizzicati degli archi (la melodia iniziale riecheggia certe inflessioni della musica di Catalani). Il pezzo si chiude tra sonorità dolci e serene, quasi un ricordo di un paesaggio lontano e dai contorni invisibili. Edipo parricida e incestuoso abbandona ormai cieco la città di Tebe; soltanto Antigone, l'inseparabile figlia del dolore, ha pietà di lui e l'accompagna: è l'unico filo di luce in tanta disperata tragedia.

Pizzetti compose nel 1901 una ouverture per l'«Edipo a Colono» che piacque a Gustavo Salvini al quale il musicista l'aveva dedicata; tre anni dopo lo stesso attore gli chiedeva di scrivere gli intermezzi per l'«Edipo re» che egli voleva rappresentare. La realizzazione scenica della tragedia sofoclea si svolse nel 1904 al teatro «Olimpia» di Milano e gli intermezzi furono diretti da Gustavo Campanini. I Tre preludi furono presentati per la prima volta a Roma nel dicembre del 1919 all'Augusteo in un concerto diretto dallo stesso autore.


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 22 febbraio 1981


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Ultimo aggiornamento 9 settembre 2016