Trio con pianoforte in la maggiore


Musica: Ildebrando Pizzetti (1880 - 1968)
  1. Mosso e arioso
  2. Largo
  3. Rapsodia di settembre
Organico: violino, violoncello, pianoforte
Composizione: 1925
Edizione: Ricordi, Milano, 1925
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Nell'insieme dell'opera pizzettiana non si hanno delle evoluzioni sensibili. Quel che l'autore intende come «proprio» ideale, artistico si dimostra già definito fin dai primi lavori e non diversamente avviene del suo linguaggio sonoro. E', sufficente come riprova, ricordare le date di taluni suoi lavori; le Musiche della Pisanella sono del 1913, la Messa di requiem del 1923, la Fedra del 1915. Tuttavia è chiaro che l'espressione di Debora non è quella di Fra Gherardo, nè la Sonata per violino s'iscrive nel clima del Quartetto in re. Ed è la stessa concezione estetica di Pizzetti, quel valore di soggettivo eloquio, di superparola che egli dà alla musica, che si rifiuterebbe a una tale impensabile staticità. La situazione ispiratrice dell'artista, il climax da cui si muove determina volta per volta e integralmente l'esistenza di ogni lavoro sciogliendolo da qualsiasi disciplina precostituita. Ciò che è naturalmente evidente con maggior rilievo nella sua musica strumentale.

Del lavoro oggi in programma si può parlare di una sua particolare importanza nel quadro della produzione del compositore parmense, il tempo finale s'intitola Rapsodia di settembre. Il che è uno scrupolo di precisione non senza un tributo d'affetto per la stagione così vicina alla sensibilità di Pizzetti. Poi più altro: nè epigrafi, nè didascalie indicative. Ma potremo dire che non ve n'è alcun bisogno per intendere quel che la musica ci narra. Accennata nei Tre Canti per violoncello e pianoforte, s'inaugura in queste pagine fin dalle prime battute quella distensione lirica che l'artista incontra intorno al 1924 (il Trio è del '25) e nel contempo lo schiudersi a quel senso di paesaggio vivo di pianure e di acque; di voci vive e di sfogati orizzonti campestri, che sarà ormai intrinseco al mondo pizzettiano. In esso nasceranno il Concerto dell'Estate così come i Canti della stagione alta ma è il Trio a impregnarsene per primo, piegando la modalità a una sorta di naturalismo, a un popolaresco, echeggiato e contemplato soggettivamente.

Per nuovi che suonino la confidenza dell'evocazione del primo tempo, così largamente rapsodico, quasi da «cantastorie», e la giocondità agreste del terzo nella precedente produzione dell'autore, non è come si diceva un trasformarsi della musica pizzettiana ma un suo farsi ospitale per accogliere e rifondere la nuova emozione.

Emilia Zanetti

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Al Trio in la, una delle più note pagine di musica da camera di Ildebrando Pizzetti, composta nel 1924-25, dedica tra l'altro un ampio studio, nella sua recente opera sul maestro parmense, Gianandrea Gavazzeni. Stralciamo da esso qualche periodo: «Anche stavolta nel contesto sonatistico il momento psicologico del musicista, il suo modo di osservare sentimenti e cose, hanno un peso e una influenza assai rilevanti. Il clima dell'opera è tutto infatti in quel senso fervido e vivace per il quale l'andamento dei tre tempi assume aspetti quasi rapsodici... Si spiana nel musicista un amore tutto italiano di invenzione lucida, evidente; un senso che sembra panico per le figurazioni di egloga e di idillio che vi si immaginano... Il compositore coglie nell'aria di quel suo particolare momento umano e inventivo una nostranità materiata di tratti delicati e forti che si manifesta nei sensi d'una lirica sfogata caratteristica degli artisti italiani del settentrione...».


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Eliseo, 2 gennaio 1950
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia,
Roma, Sala Accademica di via dei Greci, 25 novembre 1938


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Ultimo aggiornamento 12 gennaio 2017