Suite dall'opera "L'amore delle tre melarance", op. 33bis


Musica: Sergej Prokofiev (1891 - 1953)
  1. I ridicoli
  2. Il mago Celio e la fata Morgana giocano a carte (Scena infernale)
  3. Marcia
  4. Scherzo
  5. Il principe e la principessa
  6. La fuga
Organico: ottavino, 2 flauti, 2 oboi, corno inglese, 2 clarinetti, clarinetto basso, 3 fagotti (3 anche controfagotto), 4 corni, 3 trombe, 3 tromboni, basso tuba, timpani, grancassa, piatti, triangolo, tamburo militare, tamburello, tam-tam, xilofono, campane, 2 arpe, archi
Composizione: 1922
Prima esecuzione: Parigi, 29 novembre 1925
Edizione: Gutheil, Parigi, 1922
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Ispirata a una fiaba di Carlo Gozzi, L'amore delle tre melarance è la prima Opera di Prokof'ev. Composta nel 1919, venne\ rappresentata per la prima volta a Chicago il 30 dicembre 1921, sotto la direzione dell'autore. È un'opera di carattere profondamente antirealistico, che presenta una singolare mescolanza di elementi fiabeschi, satirici e comici; la musica, dal canto suo, ne sottolinea efficacemente il tono parodistico e fantastico, quale appare anche nei sei brani costituenti la suite sinfonica op. 33 bis tratta dal lavoro teatrale, che fu diretta la prima volta dall'autore il 29 novembre 1925. Tra i vari pezzi della suite, particolare fortuna conobbero la Marcia e lo Scherzo, entrambi brevissimi ma di grande maestria strumentale, tanto da affermarsi nel repertorio concertistico come un dittico a sé, eseguibile autonomamente. Anche gli altri brani della suite presentano comunque un'orchestrazione timbricamente sfaccettata a illustrazione dei vari episodi: da quello in cui Tragici, Comici, Scervellati, Lirici e infine Originali discutono, fin quasi ad azzuffarsi, su quale sia il genere di spettacolo migliore; a quello in cui il buon Mago Celio, protettore del re (che ha il figlio malato), e la malvagia Fata Morgana, protettrice del perfido ministro Leandro, giocano a carte, fra i diavoletti del seguito, i destini dei loro protetti; a quelli della famosa marcetta introduttiva e poi della festa spassosa che si tiene a corte per cercare di far divertire il malinconico principe; a quelli infine della apparizione al principe della principessa Ninetta, uscita dalla melarancia, e della sua fuga.

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Scomparso Scrjabin a soli quarantatre anni, nel 1915, Prokof'ev sente di non essere più l'enfant terrible della musica russa, bensì di aver preso il rango di capofila dei compositori modernisti.

Durante gli anni della guerra, la sua musica diventa sempre più energica, vigorosa e priva di fronzoli, allontanandosi dalle tendenze impressioniste e simboliste del primo decennio del Novecento.

La guerra, però, aveva chiuso le frontiere, e rendeva praticamente impossibile far conoscere all'estero le sue partiture. Nel maggio del 1918, in mezzo al caos provocato dalla Rivoluzione d'Ottobre e dalla reazione antibolscevica, Prokof'ev decide d'intraprendere un avventuroso viaggio per New York, dove arriva in settembre al termine di un lungo percorso attraverso la Siberia e il Giappone.

In realtà, non pensava di espatriare. L'idea era di fermarsi solo qualche mese, portando con sé lo stretto necessario per far conoscere i suoi più recenti lavori. Quando sbarca a San Francisco, Prokof'ev non ha in tasca nemmeno il minimo di 50 dollari richiesto per uscire dal centro di immigrazione di Angel Island, e deve chiedere l'aiuto della comunità russa di Chicago. In valigia, invece, ha diverse partiture e la traduzione di Vsevolod Mejerchol'd della fiaba teatrale di Carlo Gozzi L'amore delle tre melarance (1761).

Il grande attore e regista, infatti, aveva pubblicato sulla sua rivista, nel 1914, un'accurata analisi della fiaba di Gozzi, che a sua volta aveva trasformato un canovaccio della commedia dell'arte in una riflessione sul teatro del suo tempo in polemica con i suoi rivali. Prokof'ev pensava di trarre dal testo di Gozzi, tradotto e rivisto da Mejerchol'd, il libretto per un'opera, che sperava di rappresentare negli Stati Uniti, dove trovò qualche porta aperta.

Il direttore dell'Opera di Chicago, Cleofonte Campanini, era entusiasta del progetto, e mise in cartellone l'opera già nel 1919. La sua improvvisa scomparsa, in quello stesso anno, gettò però la programmazione nel caos, con conseguente cancellazione dell'allestimento. L'amour des trois oranges fu ripresa nel 1921 dalla nuova direttrice del teatro di Chicago, il soprano Mary Garden, che era stata la prima interprete del Pelleas et Mélisande di Debussy. Prokof'ev tornò in America per preparare lo spettacolo, rappresentato in lingua francese a Chicago il 30 dicembre 1921 con la direzione dell'autore.

Il libretto rilegge in chiave moderna l'antico mondo della commedia dell'arte, che Mejerchol'd aveva trasformato in una sorta di manifesto del teatro d'avanguardia del primo Novecento. I due artisti non ebbero mai l'occasione di collaborare direttamente, ma le idee di Mejerchol'd hanno profondamente segnato la stesura del libretto.

La musica segue e rafforza la tendenza del testo a separare l'espressione dalla rappresentazione, traducendo il distacco critico tra realtà e finzione in un gioco di maschere estranianti. Prokof'ev preparò qualche anno dopo una suite da concerto, che fu eseguita la prima volta a Parigi nel 1925.

La Suite è articolata in sei movimenti, che mescolano liberamente alcuni episodi significativi del Prologo e dei quattro Atti dell'opera. Il primo, Les Ridicules, è tratto dal Prologo, nel quale si scatena una zuffa tra i Tragici, i Comici, i Lirici e le Teste vuote. Ciascuno di loro è convinto di essere il depositario della forma migliore di teatro, e cerca di sbarazzarsi dei rivali. Tutti quanti, però, sono spazzati via dal palcoscenico a colpi di ramazza dalla compagnia dei Ridicoli, che stanno per rappresentare L'amore delle tre melarance, nel quale si può trovare, come recita il testo, «du bon théâtre» e «le vrai chemin».

Il secondo episodio è la partita a carte tra il mago Celio, protettore del Re di Coppe, e la fata Morgana, protettrice del primo ministro Leandro, che sogna di spodestare il sovrano. La scena, che corrisponde al secondo quadro dell'Atto I, si svolge in un'oscurità 'cabalistica', infestata da diavoletti che circondano i giocatori danzando con sfrenata vitalità. Potenti strappate degli archi mimano le mani giocate dai due implacabili avversari. Per tre volte Celio perde la partita, maledicendo la malvagia ed esultante fata Morgana, che stringe tra le braccia l'immagine del suo protetto in costume di re di Picche.

La Marcia, che insieme allo Scherzo è la pagina più famosa della suite, accompagna il primo tentativo fallito di Truffaldino, nell'Atto II, di strappare il principe Tartaglia dall'ipocondria. I due personaggi, sospinti dal soffio del diavolo Farfarello, sono anche i protagonisti del volo prodigioso verso il palazzo delle melarance fatate nell'Atto III, da cui proviene la musica dello Scherzo.

Sempre nel terzo Atto il principe Tartaglia s'innamora a prima vista della principessa Ninetta, apparsa magicamente tagliando la terza melarancia. È l'unico numero lirico della suite, conclusa dal travolgente Allegro che rappresenta la fuga a gambe levate di Leandro, Smeraldina e Clarice, che il Re fa catturare dalle guardie per suggellare, come in tutte le fiabe che si rispettano, il trionfo dei buoni sui malvagi.

Oreste Bossini


(1) Testo tratto dal Repertorio di Musica Classica a cura di Pietro Santi, Giunti Gruppo Editoriale, Firenze, 2001
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia;
Roma, Auditorium Parco della Musica, 15 novembre 2019


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Ultimo aggiornamento 19 dicembre 2019