Sinfonietta in la maggiore per piccola orchestra, op. 48

Seconda versione dell'op. 5 del 1914

Musica: Sergej Prokofiev (1891 - 1953)
  1. Allegro giocoso
  2. Andante
  3. Intermezzo: Vivace
  4. Scherzo: Allegro risoluto
  5. Allegro giocoso
Organico: 2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 4 corni, 2 trombe, archi
Composizione: 1929
Prima esecuzione: Mosca, Sala della Società Filarmonica, 18 novembre 1930
Edizione: Édition russe de Musique, Parigi, 1930
Guida all'ascolto (nota 1)

Prokofief compose la Sinfonietta op. 5/48 all'età di soli 18 anni, quando ancora provvedeva alla sua formazione musicale presso il Conservatorio di Mosca. Il suo primo insegnante fu Reinhbld Moritzovic Glier, un belga emigrato in Russia e insegnarne al Conservatorio moscovita, dove ebbe allievi del calibro di Prokofief, Miaskovski, Mossolov e Khaciaturian. Attivo direttore d'orchestra, etnomusicologo fra i primi che si siano visti in Europa, Glier impostò quasi certamente le lezioni che teneva al gruppo di cui faceva parte il giovane Prokofief sulla base di una problematica mistilingue: problematica al tempo stesso erede delle esperienze realizzate dal «Gruppo dei Cinque» e contemporaneamente propensa al più riverente rispetto per le ragguardevoli realizzazioni portate a compimento dai dominatori delle grandiosi affermazioni del tardo Romanticismo europeo-occidentale (lo stesso Glier manifestò questa particolare prospettiva nei propri lavori, a cominciare dal suo più impegnativo testo drammatico-musicale, quel Rascel che fu rappresentato a Mosca nel 1947 a beneficio di un pubblicò tutt'altro che entusiasta).

Tornando all'apprendistato musicale di Prokofief, va ricordato che il nostro compositore, dopo l'esperienza con Glier, provvide a completare la propria istruzione musicale con Rimski-Korsakov, Liadov e Cerepriin, nonchè con altri insegnanti di minore rilievo artistico. Tenuto conto di quello che noi oggi sappiamo di Prokofief, c'è da rimaner alquanto sorpresi nel constatare, attraverso la conoscenza delle vicende artistico-biografiche del giovane allievo del Conservatorio moscovita, che il futuro autore dell'Angelo di fuoco riuscì ad imporre il proprio talento non tanto come compositore quanto come pianista (su questa «accessoria» qualificazione del musicista russo sono rimaste testimonianze che, nella propensione decisamente apologetica che le contraddistingue, ricordano Prokofief come «esecutore dalla personalità originale e prepotente, incline ad una tecnica strumentale tanto indifferente al piacere delle sonorità, ben tornite quanto piuttosto interessata al dinamismo vorticoso del suo pianismo»).

Collocata al momento iniziale di un'attività compositiva che si sarebbe di lì a pochi anni amplificata secondo un impegno produttivo destinato a pesare considerevolmente nelle vicende della musica novecentesca, la Sinfonietta op. 5 non avrebbe dovuto superare, secondo l'opinione dei più, i limiti di quella che era una fin troppo evidente ambizione sbagliata. Tra questi censori della giovanile opera prokofiefiana figuravano quasi certamente, tanto per limitarsi ai nomi più autorevoli, Liadov e Cerepnin; i quali, dal momento che Prokofief era stato per qualche tempo loro allievo, si trovarono inevitabilmente nella condizione di dover esaminare sulla carta o di dover ascoltare in una qualche realizzazione pratica l'op. 5 del loro discepolo. Se la Sinfonietta - per quanto se ne può supporre - non procurò emozioni particolarmente intense ai due illustri insegnanti-musicisti, di tutt'àltro genere rimase il giudizio nient'affatto negativo che l'autore credette lecito di autoconferirsi. Accantonata, per il momento, la Sinfonietta, il nostro musicista si impegnò a tutta forza nel ruolo al quale lo si pretendeva destinato: il ruolo, cioè, d'interprete dell'altrui musica. Nel frattempo, il pianista Prokofief non trascurò d'imporre la sua personalità di compositore Con lavori come Ala e Lolli del 1914, il Concerto n. 1 per violino e orchestra del 1917, L'amore delle tre melarance del 1919, Chout del 1921, la Sinfonia n. 2 del 1924, Passo d'acciaio e la Sinfonia classica del 1927, L'angelo di fuoco e la Sinfonia n. 3 del 1928, tre dei cinque Concerti per pianoforte e orchestra, nonché diversi lavori destinati al settore cameristico. Nel 1929, infine, consapevole del prestigio che le precedenti produzioni musicali gli avevano assicurato con risultati anche superiori a quelli dell'attività pianistico-concertistica, Prokofief offrì alla «Edition russe de musique», fondata da Kussevitzky, la Sinfonietta composta venti anni prima: provvedendo ad un rifacimento del secondo e del quarto movimento (rifacimento che era già stato prospettato in una seconda versione datata al 1914 e che comunque non mutava sostanzialmente la prospettiva stilistica e strutturale della stesura primitiva).

* * *

La Sinfonietta op. 5/48 (è chiaro che il primo numero indica la collocazione d'opera del testo stilato nel 1909 e il secondo numero corrisponde alla versione parzialmente modificata nel 1929) è costituita da cinque movimenti.

Il primo movimento è un Allegro giocoso, siglato, alla seconda misura, da una maliziosa proposizione melodica del clarinetto «solo»; proposizione, questa, di notevole importanza: in particolare dal punto di vista della struttura generale della Sinfonietta, nello svolgimento della quale è attuato un multiversale sfruttamento della citata proposizione melodica. Tanto per fare un esempio: poche battute dopo l'entrata del clarinetto, la medesima melodia viene riproposta dall'oboe, con la sola variante del primo intervallo invertito; il che suggerisce con la massima concisione la formula contrappuntistica del «moto contrario» per abbandonarne sveltamente la realizzazione completa (soluzione che fa supporre che Prokofief tenesse nel debito conto le raccomandazioni di Liadov; il quale, fedele alle opinioni espresse più volte dai «Cinque», faceva instancabilmente ripetere agli allievi che il «contrappunto tedesco aveva corrotto e deformato l'anima popolare della musica»!). L'insofferenza per le elaborazioni orizzontali-polifoniche praticate, per dovere costituzionale, dalla tecnica contrappuntistica può darsi che figuri nella Sinfonietta di Prokofief come programmatico omaggio a Liadov e agli altri esponenti della scuola russa otto-novecentesca; tutti impegnati - eccezion fatta per casi «anormali» come quello rappresentato dalla musica di Scriabin - a manifestare la loro drastica allergia contro le «complicazioni teutoniche».

E' dunquqe probabile che lo stile programmaticamente privo di «trucchi» tecnicistici adottato da Prokofief per la sua Sinfonietta intendesse, a parte ogni personale iniziativa dell'autore, rendere omaggio alle tradizioni, ormai più che consolidate, dalla Scuola Russa. Del resto, questa prospettiva verso la «semplificazione», cui toccherà la definizione abbastanza impropria di «musica della realtà» (intendendo con questo termine, per analogia, uno stile musicale estraneo alle complicazioni ermetiche), ritornerà alla ribalta nella maniera di comporre dell'ultimo Prokofief: al punto che le seguenti parole di Ivan Danielovic, destinate alla Sinfonietta op. 5/48, si adattano, grosso modo, sia al Prokofief dei 1909 che a quello degli ultimi lavori: «programmatica semplificazione della linea melodica, sobria e lineare, sorretta da una limpida ed essenziale chiarificazione della base armonica associata ad una razionale e lucidissima esplicazione dell'idea tematica».

Il secondo movimento dell'op. 5/48, Andante, è siglato, come il primo, dal timbro del clarinetto «solo» cui è affidata la plastica linea melodica che si dispone sopra la sonorità opaca dell'accompagnamento (due fagotti, viole, violoncelli e contrabbassi).

L'amplificazione della dialettica sonora, che coinvolge l'intera orchestra, conduce ad un «Più mosso», caratterizzato, in apertura, dalla morbida dimensione timbrica dei soli archi. Il discorso musicale che segue utilizza, con la debita varietà di contrasti, i due citati episodi che qualificano la parte iniziale dell'Andante.

Il terzo movimento, Intermezzo (Vivace), associa l'impostazione strutturale derivata dal movimento iniziale con un dinamismo mobile e scorrevole; dinamismo destinato a placarsi gradualmente fino alla distensione ritmica e alla contenuta sonorità delle battute conclusive.

Il quarto movimento, Scherzo, è fondato sopra un Allegro risoluto la cui qualificazione ritmica e dinamica appare nettamente imposta fin dall'esordio.

Il quinto movimento, Allegro giocoso, inizia ripetendo puntualmente l'apertura della Sinfonietta; eccezion fatta per la dimensione timbrica, dominata nelle prime battute dagli archi (e infatti il tema conduttore, che nel primo movimento era esposto dal clarinetto, qui viene affidato ai violini primi). A parte la citata differenziazione timbrica, l'Allegro giocoso finale imposta quasi subito uno sviluppo del discorso musicale che non consente di attribuire a questo «ritorno» del movimento iniziale della Sinfonietta op. 5/48 la qualifica di «ripresa». Tale sviluppo si manifesta con particolare evidenza in una successione di diverse situazioni: un «Moderato» che segue al sensibile «rallentare» del tempo iniziale; un episodio che oppone la linea melodica affidata ai «legni» al mobile accompagnamento degli archi; una «ripresa» ritmicamente scandita dai corni; un «Più mosso» impegnato a concitare il discorso musicale; un «Pochissimo meno», con il quale il quinto movimento della Sinfonietta va sempre più arricchendosi di diversificazioni agogiche e strutturali impegnate, comunque, a mantenere i debiti legami con la tematica fondamentale anche nella «stretta» finale.

Giovanni Ugolini


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia;
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 3 aprile 1968


I testi riportati in questa pagina sono tratti, prevalentemente, da programmi di sala di concerti e sono di proprietà delle Istituzioni o degli Editori riportati in calce alle note.
Ogni successiva diffusione può essere fatta solo previa autorizzazione da richiedere direttamente agli aventi diritto.


Ultimo aggiornamento 14 dicembre 2012