Sonata in do maggiore per due violini, op. 56


Musica: Sergej Prokofiev (1891 - 1953)
  1. Andante cantabile
  2. Allegro
  3. Commodo (quasi allegretto)
  4. Allegro con brio
Organico: 2 violini
Composizione: 1932
Prima esecuzione: Mosca, Sala Piccola del Conservatorio "Ciajkovskij", 3 dicembre 1932
Edizione: Editions Russes de Musique, Berlino, 1932
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

A differenza della maggior parte dei Duetti precedenti, la Sonata in do maggiore per due vioìini op.56 di Sergej Prokof'ev è stata pensata esplicitamente per le sale da concerto. Fu infatti scritta nell estate del 1932, durante un periodo di vacanze a Sainte Maxime, vicino Saint Tropez, su richiesta d'una associazione concertistica parigina: ma prima che a Parigi dove fu eseguita il 16 dicembre ad opera di Samuel Dushkin, primo interprete del Concerto per violino di Igor Stravinskij, e di Robert Söetans (futuro primo interprete del Secondo Concerto di Prokofev stesso) fu presentata a Mosca dai due violinisti dell'illustre Quartetto Beethoven, il 27 novembre.

Prokofev stava allora abbandonando i modi del suo primo periodo - definiti talvolta barbarici, talvolta modernisti, ma sempre irrispettosi delle buone maniere musicali - per abbracciare uno stile più semplice e accessibile. In questa Sonata si scontrano le contrastanti caratteristiche di quel periodo di passaggio, con temi chiari e cantabili alternati ad armonie aspre e passaggi bitonali. Il figlio del compositore, Sviatoslav Prokofev, la definì «di volta in volta lirica, briosa, fantastica e violenta».

Duecento anni prima Vivaldi era passato dai quattro ai tre movimenti, mentre Prokofev recupera (non sappiamo quanto intenzionalmente) l'antica forma della Sonata di Corelli e di Bach, in quattro movimenti, con un tempo lento iniziale. Ad un Andante cantabile - grave e meditativo, a tratti cupo, quasi funereo - segue un Allegro che inizialmente alterna un tema ritmico e energico ad uno melodico e sinuoso, poi li mescola e sovrappone in un originale contrappunto. Il terzo movimento, Comodo (quasi Allegretto), è particolarmente suggestivo per la sua strana atmosfera di "fredda malinconia" e, secondo l'indicazione del compositore stesso, può essere suonato sia con le sordine che senza. Nel finale, Allegro con brio, i frequenti cambiamenti d'atmosfera rivelano l'irrequietezza tipica del primo Prokofev.

Mauro Mariani

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Sorta a Parigi negli anni trenta con il dichiarato scopo di incoraggiare la nuova produzione di musica cameristica, la società «Le Triton» ebbe notevole influenza sulla musica francese anteguerra. Animatore e ideatore della società era stato il giovane compositore e critico Pierre-Octave Ferroud, morto a soli trentasei anni. Ma al gruppo avevano dato la loro adesione Milhaud, Poulenc, Honegger e molti altri. Per il concerto inaugurale delle stagioni del «Triton», avvenuto nel 1933, Prokofiev scrisse la sua Sonata per due violini, e già la scelta del non facile organico rispondeva alla esigenza di esperire nuove sonorità e di battere vie inconsuete. D'altra parte la Sonata, completata già alla fine del 1932, cade in un momento particolarmente importante dell'attività di Prokofiev e anche molto tormentato per la sua vita privata. Pochi giorni dopo l'esecuzione della Sonata, Prokofiev lasciò la Francia per rientrare nell'Urss che aveva abbandonato quindici anni prima. La Sonata, che è in do maggiore, adotta l'impianto tradizionale in quattro movimenti, ma alterna due movimenti calmi e due allegri. Il primo tempo, andante cantabile, si apre con un tema tormentato ed asciutto che reca la sigla inconfondibile del suo autore. I due strumenti si inseguono in una specie di ricercare o di preludio. Il secondo movimento si configura invece come una specie di scherzo di elegante scrittura. «Teneroso [sic] e semplice» inizia poi il terzo tempo, un comodo quasi allegretto che è ancora, si potrebbe dire, un ricercare sulla modulazione. Anche qui, come nel primo movimento, l'autore adotta una specie di scrittura modale. La Sonata si chiude con un allegro con brio che alterna due temi, uno energico e uno, «poco più sostenuto», intensamente espressivo.

Bruno Cagli


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia;
Roma, Auditorium Parco della Musica, 6 febbraio 2009
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Olimpico, 30 marzo 1977


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Ultimo aggiornamento 13 febbraio 2016