Sonata n. 7 in si bemolle maggiore per pianoforte, op. 83


Musica: Sergej Prokofiev (1891 - 1953)
  1. Allegro inquieto
  2. Andante caloroso
  3. Precipitato
Organico: pianoforte
Composizione: 1939 - 1942
Prima esecuzione: Mosca, 18 gennaio 1943
Edizione: Muzgiz, Mosca, 1943
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Esattamente cinquant'anni fa, il 5 marzo del 1953, moriva Sergej Prokof'ev; nello stesso giorno anche Stalin passava a miglior vita e certamente la scomparsa del compositore non fu notata. Eppure, con la morte di Prokof'ev, la grande scuola Russa perdeva una personalità di rilievo, un musicista che dopo aver lasciato la patria (trasferendosi prima in America e poi in Europa) aveva deciso di ritornarvi pur sapendo che la sua vita di artista sarebbe stata sempre in pericolo. Pianista e compositore, Prokof'ev fu uno dei più vivaci eredi della tradizione del pianismo russo che si rifaceva più a stilemi classici, desunti da Scarlatti o dal primo Beethoven, che non alla scrittura impalpabile della coeva letteratura per pianoforte (ad esempio Debussy o lo stesso Skrjabin). Passaggi in forma di Toccata o incalzanti successioni di accordi alternati tra le due mani sono le caratteristiche principali delle sue composizioni, in qualche modo sempre legate al pianoforte anche se non espressamente scritte per quello strumento. Del resto i suoi esordi erano stati come pianista, erede della figura lisztiana del musicista incantatore o più precisamente del giovane tecnicamente superdotato che scrive pagine originali per sorprendere pubblico e critica. All'inizio della sua attività risalgono i primi capolavori, come il Concerto op. 10 n. 1 per pianoforte e orchestra e la Toccata op. 11, opere nelle quali il compositore riversò tutto il suo talento di strumentista. Aveva certamente assimilato la tradizione esecutiva di matrice lisztiana trovando poi un suo stile originale volto verso un pianismo percussivo ed esuberante con sonorità asciutte e taglienti.

Successivamente, consapevole che la figura del virtuoso fine a se stessa non reggeva più in pieno Novecento, Prokof'ev aveva sottoposto le proprie partiture ad un'operazione di "alleggerimento", prosciugando le cascate di note e mitigando la ripetizione martellata di accordi dissonanti. In molti casi, comunque, l'impegno virtuoslstico costringe l'esecutore a delle vere e proprie performance gestuali che impegnano non solo le mani ma anche le braccia, così come ricorda Poulenc che definiva il pianismo di Prokof'ev fatto ad «immagine della sua mano lunga e muscolosa, del polso d'acciaio, fatto per lo staccato e per i grandi accordi volanti».

Il catalogo delle sue musiche per pianoforte è ricchissimo: 5 Concerti, 9 Sonate, numerose raccolte di brani originali e trascritti dai Balletti, opere didattiche. La forma della Sonata per pianoforte, in particolare, lo accompagnò per tutta la vita; dal primo lavoro pubblicato (la Sonata op. 1,1909) alle ultime opere a cui stava lavorando prima di morire (la Decima e Undicesima Sonata, rispettivamente opp.137 e 138 del 1953, di cui ci rimangono solo abbozzi), Prokof'ev rispettò sempre la forma classica della Sonata con due temi contrastanti. Scriveva infatti: «Non desidero nulla di meglio, di più semplice e più completo della forma sonata: essa contiene tutto ciò che è necessario all'elaborazione delle mie idee». Proprio questa adesione ad una forma ben definita garantisce alla musica di Prokof'ev una grande comprensibilità nonostante l'uso moderno e spregiudicato di accordi dissonanti, di politonalità, di ritmi spiazzanti, tutti elementi che, in altri contesti della musica del Novecento, sono considerati incomprensibili dal grande pubblico.

Composta tra il 1939 e il 1942, la Sonata n. 7 fa parte, insieme alla n. 6 e alla n. 8, del cosiddetto trittico delle Sonate di guerra, pagine che per la loro intensità e per il periodo di composizione sono state lette come un resoconto dei terribili avvenimenti dell'epoca. Intorno a quegli anni Prokof'ev fu molto prolifico: terminò la stesura per pianoforte dell'opera Guerra e pace e iniziò a scrivere le musiche per il film Ivan il terribile di Ejzenstejn, tutte composizioni che portano in primo piano la sofferenza dei deboli e denunciano la sopraffazione dei forti.

La Sonata n. 7, eseguita per la prima volta da Sviatoslav Richter, vinse il premio Stalin nel 1943 e la critica ne diede un'analisi schematica ma efficace. Nel tempestoso primo movimento, Allegro inquieto, assistiamo alla lotta di un'intera nazione contro l'invasore e contro l'ingiustizia, mentre il secondo movimento (Andante caloroso) sembra il ricordo dei giorni di pace, un breve riposo prima di ripiombare nel vortice infernale del terzo movimento.

Non conosciamo gli intenti "descrittivi" del compositore ma certamente si tratta di una partitura aggressiva con un piglio eroico che l'ha imposta come una delle pagine più celebri di Prokof'ev. Si nota l'arte e la tecnica del pianista consumato, anche se la bravura non è mai esteriore e fine a se stessa, anzi è ricca di contenuti e significati. I passaggi più ardui non sono semplicemente decorativi e la coerenza unitaria non è mai turbata dai pur frequenti trapassi episodici o deviazioni frammentarie. Grazie alle contrapposizioni di registri e alla scarna armonia, il pianoforte perde qualsiasi caratteristica di alone romantico e l'ascoltatore è spesso colpito da valanghe di materia sonora, un effetto che colpì il poeta Majakovskij che etichettò la Sonata n. 7 come uno «schiaffo in faccia al gusto del pubblico».

Fabrizio Scipioni

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Nel 1939, con lo scoppio della seconda guerra mondiale, molti intellettuali e artisti sovietici, tra cui Prokofiev, furono allontanati da Mosca e trasferiti nel Caucaso. Agli anni di guerra, trascorsi in una regione periferica, ma non per questo avulsi dal clima angosciato e opprimente che si respirava ovunque in Europa, appartengono alcuni dei massimi capolavori del compositore. Contemporaneamente alla gigantesca opera Guerra e pace da Tolstoi nascono tre grandi Sonate pianistiche: la sesta, completata nel 1940; la settima (1942) e l'ottava (1944). Nella Sonata n. 7 - additata dai più come il capolavoro pianistico di Prokofiev - appaiono concentrati in una struttura di eccezionale compattezza i caratteri salienti della sua musica. Mai come in quest'opera risultano così accentuati i contrasti fra aggressività percussiva e violenza ritmica da un lato e sensualità melodica, nostalgicamente post-romantica dall'altro.

Il primo movimento - Allegro inquieto - fa assumere al ritmo di tarantella che lo pervade una valenza spettrale. I passaggi all'unisono, come già in Schubert (Sonata in la minore op. 143) e Chopin (finale della Sonata op. 35), nella loro asciutta incisività, esprimono sobriamente il senso di vuoto e di disperazione. L'incedere frenetico dell'Allegro è interrotto due volte dalla cullante vena nostalgica di un Andantino tematicamente affine al motivo principale del movimento.

L'Andante caloroso che segue dipana una suadente melodia nel registro medio dello strumento, accompagnandola da una ricca tessitura contrappuntistica. Un'ampia sezione centrale - poco più animato; un poco agitato - raggiunge momenti di grande pathos per poi tornare al tempo I con un mirabile episodio di raccordo in cui risuonano ossessivamente le note la bemolle e sol.

Il movimento finale, Precipitato, è un moto perpetuo tumultuoso e aggressivo nel singolare ritmo di 7/8. La tensione fra irregolarità della battuta e ripetizione ossessiva del modulo ritmico è una delle principali attrattive di questa pagina, fra le più impegnative in assoluto per un pianista.

Giulio D'Amore


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorium Parco della Musica, 7 marzo 2003
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Olimpico, 12 aprile 1989


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Ultimo aggiornamento 24 gennaio 2014