La Toccata op. 11 è rimasta fra i pezzi più celebri del pianismo motorio di Prokofiev. La si può definire un perpetuum mobile, che, da una iniziale figurazione ribattuta sulla tonica di re, due volte si espande, ed una terza si arresta di scatto, su un glissato che lascia senza fiato l'ascoltatore. Nell'aprile del 1912 Miaskovsky aveva scritto: «Prokofiev compone in questi giorni un pezzo che mi ha fatto veramente uscir di senno, una Toccata per pianoforte. Diabolica, mordace, energica ed espressiva. I temi nel loro genere sono allo stesso tempo semplici e caratteristici. Non mi capita spesso di scrivere un inno ad un pezzo di dieci, o tutt'al più, dodici pagine, ma non posso nascondere il mio stupore. Al punto di oggi la Toccata è la sua opera migliore, in ogni caso la più matura». Antefatto della Toccata è senza dubbio un equivoco romantico, la trasformazione del cembalismo brillante dei secentisti italiani nel virtuosismo diabolico, una metamorfosi prefigurata da Schumann nella sua Toccata op. 7.
Gioacchino Lanza Tomasi